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Home ›Capitalismo in affanno
Si blatera da ogni parte attorno ad una supposta necessita, più che altro “moralistica”, di correzione degli squilibri commerciali interni alla zona euro. Chiara l’impotenza politica, poiché il surplus degli uni (Germania) si fonda e prospera sul deficit altrui, e quindi i primi si guardano bene dall’accettare un “riequilibrio generale”. Ovvero una riduzione delle proprie esportazioni di merci per importare quelle dei paesi in difficoltà. Altro che “regolarizzazione” macroeconomica; altro che bilanciamento degli scambi commerciali! Magari con l'illusione di convincere la Germania a sacrificarsi per la Grecia o per l’Italia: “la morte tua sarà la vita nostra”…
Quindi, fra domanda interna ed esterna di merci (la prima apertamente crollata, la seconda in “difficoltà” ovunque), tutti vorrebbero aumentare le loro esportazioni, possibilmente al di fuori dell’Europa per non infierire troppo in casa propria (sempre supponendo che l’EU sia “casa comune”). Con una situazione internazionale allarmante anche per una potenza imperialistica come gli Usa, con tutti i suoi nodi ormai al pettine e con la medesima urgenza per un aumento delle proprie esportazioni e della domanda di dollari nel mondo (a scapito soprattutto dell’euro e di eventuali aumenti del suo uso sui mercati globali…). Nel mezzo, a far da cuscinetto assorbente di colpi e contraccolpi, si affollano i paesi dal potenziale capitalistico più debole, quelli cosiddetti “periferici”, che invano cercano di rendersi a loro volta competitivi (politiche deflazionistiche, tagli al lavoro e al “sociale”, eccetera). Questo è - fra gli amici-briganti del bel mondo capitalista - il “simmetrico aggiustamento” imposto dai più forti ai più deboli, anche se poi alla fine tutti rotolano verso il baratro che si allarga ai loro piedi. Un abisso che un giorno li porrà apertamente ad affrontarsi non più come “amici” ma come “nemici”, gli uni contro gli altri armati (tendenzialmente non isolati ma come blocchi imperialistici) in una competizione questa volta bellica!
Prima di arrivare a questa "soluzione" (non priva di possibili e pericolose involuzioni per il dominio borghese...), gira e rigira ci si aggrappa ad una politica monetaria e fiscale che faccia da palliativo per tutti i mali, mentre anche la Bce cerca di imitare la Fed con iniezioni di liquidità, portando i tassi ormai prossimi allo 0%!
Guardando poi al cortile italiano e ai pettegolezzi da ringhiera fra le sue partitocrazie, il can-can attorno alla spesa pubblica non si placa. C'è da osservare che, considerando la spesa primaria al netto degli interessi, essa sarebbe da decenni percentualmente più bassa di 5/6 punti rispetto a Francia e Germania. Solo a fine anni Ottanta si è allineata con la spesa tedesca rimanendo però sempre inferiore a quella francese. Alla fine degli anni Novanta si ritorna ad avere una spesa primaria (41,5% del Pil) di quasi tre punti e mezzo inferiore alla Germania e di ben sette punti sotto la Francia. Ma anche le entrate sono molto inferiori in Italia rispetto a Francia e Germania; si stabilizzano in parte negli anni Novanta avvicinandosi alle entrate tedesche ma rimanendo inferiori di 7 punti rispetto ai dati francesi. Come mai il debito pubblico italiano abbia poi raggiunto cifre vertiginose, nessuno si azzardi ad indicare cause e responsabilità, al di fuori – s’intende - delle eccessive pretese del proletariato e delle “concessioni” di Governi troppo deboli...
E così di nuovo tutti alzano preghiere davanti alla celestiale visione, dai contorni sempre più sfocati, di una crescita della domanda interna, magari ricorrendo ad una pressione fiscale maggiore non si sa bene su chi e cosa, visto che a dirigere l'orchestra il capitale, sia produttivo che finanziario, non rinuncia di certo "democraticamente". I più “antagonisti” si limitano a deplorare gli “errori ideologici” dei rissosi partiti che, da destra a sinistra, rimarrebbero (mormora qualcuno) pur sempre prigionieri di un “modello mercantilista”. Già, ma cosa poi gli si contrapponga, da qualche altra bottega parlamentare o extra-parlamentare, non lo sa nessuno: lo stesso per quell'"anticapitalismo" di cui qualcuno si riempie la bocca. Nel paese dell'utopia - quella per noi "rivoluzionaria oltre che sana" e sulla cui rossa bandiera sta scritto Proletari di tutto il mondo unitevi! - gli abitanti sono ancora pochi. Non c'è quindi da meravigliarsi se su di un punto convergono tutti gli antagonisti di stampo radical-riformista: occorre una politica di rilancio e ammodernamento del sistema (oltretutto già sovraproduttivo di merci inutili!).
Concludiamo con un accenno - ritornando a guardare oltre Oceano, cioè al faro della civiltà del capitale - al solito Krugman che si diletta a sciorinare saccentemente le sue idee sulla inflazione e sul debito USA: l’una e l’altro non sarebbero altro che “spaventapasseri” messi in campo da un capitalismo finanziario in difficoltà, sorretto dalle politiche reazionarie dei tea-party che impongono una errata politica di stagnazione. Intanto il debito federale americano ha raggiunto i 17.000 mld di dollari, a pari col PIL). In aggiunta vi è quello degli Stati, molti prossimi al fallimento, nonché quello dell'industria (27.000 mld di dollari) e dei privati indebitati per 16.000 mld. Totale: 60.000 mld di dollari, la medesima cifra del PIL mondiale. Una situazione che comincia a spaventare non solo i… passeri ma tutta la specie animale, quella umana compresa.
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