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Home ›Attività – Dibattito sul processo rivoluzionario
Recentemente abbiamo tenuto a Roma un incontro di formazione e dibattito incentrato sul tema del processo rivoluzionario . Questo incontro ha rappresentata solo una tappa di un percorso che già da tempo ha iniziato a farsi strada nella vita di partito.
Quale particolare necessità ci ha spinti a dedicare un’attenzione specifica su tali tematiche? Come abbiamo sottolineato durante l’incontro, il nostro lavoro deve necessariamente partire dalla critica al capitalismo. Dobbiamo saper innanzitutto evidenziare, partendo dalla realtà quotidiana, le contraddizioni di questo sistema. Ma non basta, i comunisti non devono soltanto essere in grado di criticare puntualmente il capitalismo, essi devono saper parlare di rivoluzione , di comunismo. Sentiamo quindi la necessità di dedicare, oggi e in futuro, parte del nostro lavoro per potenziare le armi politiche – preparazione teorica, capacità di dibattito, pubblicistica – su questo tema. Rafforzare così la capacità di esporre il programma politico rivoluzionario che, come internazionalisti, proponiamo.
Il primo tema trattato durante l’incontro è stato: carattere internazionale della rivoluzione e potere proletario. In apertura abbiamo ribadito le ragioni, economiche e politiche, che rendono assolutamente necessario lo sviluppo della rivoluzione su scala internazionale: il socialismo non potrà essere edificato in un unico paese. Ribadito ciò sono state evidenziate le condizioni affinché si possa aprire una fase storica di trasformazione rivoluzionaria della società. Le condizioni oggettive : crisi economica e politica del capitalismo. Quelle soggettive : ripresa della lotta di classe generalizzata, non episodica, da parte del proletariato, anche se confusa, rivendicativa e perdente su questo piano. A queste va aggiunta l’altra condizione soggettiva assolutamente necessaria: la presenza, e il radicamento nella classe, del Partito internazionale del proletariato, strumento politico della lotta di classe. Tutte condizioni necessarie ma comunque non sufficienti, la lotta di classe, infatti, vede interessi e forze in contrapposizione, l’esito non è mai scontato.
Si è cercato quindi di valutare gli elementi che oggi possono favorire o impedire lo sviluppo di tali condizioni su scala internazionale. In particolare è stato fatto un raffronto con l’intorno storico del ’17. È stato sottolineato che anche nel 17’, analizzando il capitalismo su scala internazionale, avevamo di fronte una situazione di crisi economica e instabilità politica, unite ad un certo livello di fermento proletario; ad iniziare dall’Italia e dalla Germania, ma non solo. Facendo un parallelo con l’oggi abbiamo sottolineato che da un lato lo sviluppo ulteriore del capitalismo su scala internazionale, l’interdipendenza ancora più forte tra le diverse economie “locali”, potrebbe favorire il propagarsi di una eventuale situazione di fermento rivoluzionario su scala internazionale ma – dall’altro lato – questo elemento non va dato per scontato: le insidie e le difficoltà che si potrebbero incontrare sono mille, molte delle quali oggi da noi manco ipotizzabili. Ma soprattutto la sorte dello sviluppo internazionale del processo rivoluzionario è strettamente legata alla presenza e al radicamento del partito comunista su scala internazionale.
Dovrà essere questo partito – gestendo ogni situazione locale in un ottica internazionale ed internazionalista – a definire la strategia rivoluzionaria da adottare su scala mondiale. Il più grande insegnamento che ci viene dalla sconfitta del ’17 è che l’agire del Partito internazionale del proletariato è condizione indispensabile per la buona riuscita della rivoluzione. Tale partito quindi deve necessariamente venire alla luce in tempo per capitalizzare una eventuale fase “calda” della storia.
La seconda parte dell’incontro è stata dedicata agli spetti economici e sociali che riguardano il socialismo (“prima fase della società comunista”) e la “fase superiore della società comunista”. Sì è partiti facendo un breve richiamo delle conclusioni tracciate in Critica del Programma di Gotha e in Stato e rivoluzione .
L’attenzione quindi si è diretta verso quelle che possono essere le difficoltà che dopo la presa del potere si possono incontrare. La presa del potere da parte del proletariato rappresenta infatti solo una prima vittoria politica e militare sulla borghesia, pone sul tavolo la possibilità della trasformazione economica e sociale propria del socialismo ma si tratterà pur sempre di un processo il cui buon esito sarà legato a mille fattori, in particolare: alla capacità di estendere questo processo su scala internazionale, alla resistenza borghese, momentaneamente sconfitta ma non morta, l’eventuale distruzione di parte degli apparati produttivi legati a scontri bellici. Quali e quante potrebbero essere queste difficoltà? Come affondarle? Queste le domande che hanno animato il ricco dibattito.
Abbiamo, da questo punto di vista, più volte sottolineato che oggi – essendo estremamente lontani dalla rivoluzione – possiamo solo avanzare delle ipotesi sulle possibili difficoltà che si incontreranno, non possiamo pretendere di avere certezze su questo punto. I classici, quelli citati sopra ma non solo, così come l’analisi della sconfitta del ’17, ci permettono di avere oggi tanti punti fermi . Questi ci consentono di delineare la linea programmatica generale. Non possiamo fin da oggi definire con certezza come affrontare le eventuali difficoltà, politiche ed economiche; non conoscendo portata e tipologia di tali ostacoli.
Questo approccio non esclude però la possibilità di avanzare ipotesi, con la consapevolezza che di ipotesi si tratta e sulle ipotesi non possono essere costruite certezze. Riteniamo che questo aspetto possa essere trattato oggi solo con molta cautela, dando vita, per esempio, “semplicemente” a degli “appunti” di riflessione, così come abbiamo fatto negli ultimi numeri di Prometeo.
Nell’ultima giornata il dibattito si è concentrato sul rapporto tra gli organismi di potere del proletariato (i Consigli ) e il Partito. Noi riteniamo infatti che il ruolo politico del Partito non si esaurisce con la presa del potere da parte del proletariato, continua anche dopo. Sono stati ribaditi alcuni nostri punti fermi . Innanzitutto non bisogna mai confondere organismi di Partito con gli organismi attraverso i quali il proletariato esercita il proprio potere. La “dittatura del proletariato” non coincide con la dittatura del Partito. È con la battaglia politica nella classe – e quindi nei Consigli – che i rivoluzionari guadagnano la fiducia, la direzione politica, degli organismi proletari, così come è attraverso l’azione di intervento politico che il Partito si alimenta, annoverando tra le proprie fila le individualità migliori che la classe esprimerà; anche dopo la presa del potere. La qualità del rapporto dialettico tra partito e classe è un segno di salute del processo rivoluzionario, al contrario l’indebolimento – o peggio ancora la rottura – di questo legame rappresenta un segnale di difficoltà o arretramento del processo rivoluzionario. Non solo la classe deve essere capace di seguire le indicazioni del Partito ma, anche dopo la rivoluzione, il Partito deve essere capace di vivere la classe, di essere un tutt’uno con essa. La classe non è l’oggetto, uno strumento, nelle mani del Partito, essa è il soggetto della trasformazione rivoluzionaria.
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