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Home ›Il capitalismo USA ha superato il rischio default...
... Ma non i suoi problemi economici e sociali
Il pericolo di fallimento è momentaneamente allontanato. Prima dell’accordo in extremis tra democratici e repubblicani si paventava la possibilità che il Congresso non votasse la legge per il superamento del tetto del deficit pubblico e che il Governo federale non potesse continuare a pagare i salari e gli stipendi ai dipendenti pubblici, rischiando di mettere sul lastrico due milioni di dipendenti (nei soli 17 giorni di stallo della legge i sospesi dal lavoro sono stati 800 mila) e di produrre un disastroso collasso di tutta l’economia americana con pesanti ripercussioni sulla stabilità del dollaro e sulla fiducia degli investitori speculativi a livello internazionale. Non solo ma senza la legge dello sforamento del tetto del debito il Tesoro americano non sarebbe in grado di pagare gli interessi agli operatori finanziari che hanno acquistato i suoi titoli di Stato.
Il Governo federale americano da anni pratica una politica di indebitamento spendendo più soldi di quanto non ne incassi con la riscossione delle tasse. Per finanziare questa operazione in deficit il Governo è costretto a chiedere prestiti attraverso l’emissione di bond che sono oggetto di richiesta da parte di investitori interni come i Fondi pensione, Fondi comuni d’investimento, le Banche di livello nazionale e operatori stranieri come i Governi cinese e giapponese che ne sono i maggiori acquirenti. Tutti ritengono che l’investimento in titoli di stato americani sia sicuro e, al pari del dollaro, viene considerato un bene di rifugio affidabile o tra i meno rischiosi. Ma per la legge americana il debito deve avere un limite il cui superamento può essere deciso solo dal Congresso. Nel maggio del 2013 questo tetto è stato raggiunto e un ulteriore indebitamento attraverso l’emissioni di titoli pubblici non sarebbe stato possibile senza l’avallo del Congresso dove, come da prassi consolidata, si sarebbe giocata una battaglia politica tra il presidente Obama con il partito democratico, e la parte più conservatrice del partito repubblicano, recentemente più conosciuta come il “tea party”.
In realtà il vero contendere tra i due schieramenti non era il superamento del tetto del debito ma di impedire che si stanziassero miliardi di dollari per la riforma sanitaria voluta da Obama o, detto in altri termini, i repubblicani si sarebbero impegnati a firmare la legge di sforamento del tetto del debito solo a condizione che la riforma non passasse o venisse pesantemente ridimensionata. Ma il veto repubblicano era soltanto una sorta di ricatto nei confronti dei democratici che si è protratto sino all’ultimo, ma che non poteva essere imposto a tutti i costi al Governo per il semplice motivo che lo stesso partito repubblicano, a parte la sua ala oltranzista del “tea Party”, sapeva benissimo che un tale comportamento avrebbe avuto delle conseguenze disastrose da un punto di vista politico anche all’interno del proprio elettorato. Sarebbe stato additato all’opinione pubblica interna e internazionale quale unico responsabile del default americano. Se ciò fosse accaduto ci sarebbe stato il rischio di inadempienza nei confronti dei sottoscrittori dei Bond con tutti i rischi del caso per quanto riguarda il mantenimento della fiducia da parte degli operatori finanziari e per la stessa stabilità del dollaro. Inoltre sarebbero stati accusati di mandare a monte una serie di impegni inderogabili come quelli relativi ai programmi di assistenza federale come il Medicare o il Medicaid e buona parte degli stipendi dei dipendenti federali. Per di più una simile manovra avrebbe messo in difficoltà le capacità degli Usa di drenare, attraverso l’emissioni di bond e del ruolo centripeto del dollaro, enormi quantità di capitale in grado di soddisfare questa politica finanziaria in deficit, come il mantenimento dello stesso apparato militare, il finanziamento delle guerre e il ruolo imperialistico degli stessi Usa, nonché azzerare le speranze di una possibile ripresa economica.
In sintesi, se la legge non fosse stata votata, sarebbe stata la catastrofe e, solo da un punto di vista contabile, sarebbero saltati nei soli primi due mesi (ottobre e novembre) le seguenti scadenze:
- 23 ottobre, programmi di assistenza sociale : 12 miliardi di dollari
- 28 ottobre, stipendi dei dipendenti federali: 3 miliardi di dollari
- 30 ottobre, programma di assistenza sanitaria e pensionistica Medicaid: 2 miliardi di dollari
- 31 ottobre, pagamento degli interessi sul debito pubblico: 6 miliardi di dollari
- 1 novembre, pagamento Medicare, altri programmi di assistenza sociale, salari della forze armate, dei militari in pensione e dei veterani: 55 miliardi di dollari
- 14 novembre, pagamento programmi di assistenza sociale: 12 miliardi di dollari
- 15 novembre, pagamento degli interessi sul debito pubblico: 29 miliardi di dollari
Questo onere i repubblicani non se lo sono sentiti di caricarselo sulle spalle e all’ultimo hanno accettato il compromesso minacciando però di riprendere la questione a marzo 2014 in evidente periodo pre-elettorale. Superato momentaneamente l’ostacolo rimangono però tutti i problemi economici e finanziari di cui soffrono gli Stati Uniti nonostante si inneggi all’inizio della ripresa economica. Questo e non altro è il vero problema a cui deve attendere l’Amministrazione Obama perché lo spauracchio del default impugnato dai repubblicani era e rimarrà uno strumento di lotta politica legato alla riforma sanitaria e ai rapporti di forza nello scontro politico tra le due formazioni.
L’economia reale, ammesso che si stia riprendendo, lo fa con preoccupante lentezza. Gli Istituti di credito continuano a privilegiare gli investimenti speculativi a quelli nell’economia reale. Il giochino del braccio di ferro tra democratici e repubblicani è costato 24 mld di dollari solo per i 17 giorni di stallo finanziario. Nel frattempo il debito pubblico federale ha superato a settembre i 17 mila miliardi di dollari, mentre il debito pubblico complessivo (comprensivo dei deficit delle singole amministrazioni statali) è arrivato a superare i 20 mila miliardi. Calcolando i due deficit sul Pil abbiamo un 106,9% per il primo e un 125,5% per il secondo. In cinque anni, da quando cioè è scoppiata le crisi, si è avuto un incremento del 71% per quanto riguarda il deficit pubblico federale e del 62% per quello complessivo. La presunta ripresa è finanziata in deficit da parte dello Stato federale che inietta liquidità sul mercato per 85 miliardi di dollari al mese. La creazione di nuovi posti di lavoro è al palo. Ufficialmente il tasso di disoccupazione sarebbe sceso al 7,3%.
Anche tralasciando la debita tara alle statistiche americane che non inseriscono nel dato aggregato della disoccupazione altri parametri come quello relativo al periodo di “lavoro” anche di una settimana ogni sei mesi, o di lavori saltuari di poche ore alla settimana e non di tutte nell’arco del mese, saremmo in presenza di un numero di disoccupati almeno doppio.
Gli analisti concordano nel dire che ancora nel mese di settembre gli incrementi di posti di lavoro si contano a decine di migliaia mentre sono centinaia di migliaia gli abbandoni per la ricerca di una occupazione e altrettanti quelli che non appaiono nemmeno più nelle liste della disoccupazione ufficiale. Il tasso di partecipazione a queste liste, cioè il numero di lavoratori americani che hanno ancora o che cercano un nuovo impiego, è sceso ai minimi dal 1978.I dati statistici di luglio, mostrano una serie battute di arresto rispetto alle aspettative anche nella spesa delle famiglie, nel settore edilizio, nella produzione industriale e nel settore immobiliare, solo in alcuni settori del manifatturiero e del metalmeccanico si registrano piccoli segnali positivi ma, nel complesso, il quadro generale fa pensare ad un quarto trimestre negativo.
Al di la dei numeri relativi alla finanza e all’economia, la vera tragedia è rappresentata dalle decine di milioni di persone che il capitalismo americano sta costringendo da anni, ma con la crisi in quantità maggiori, a vivere al di sotto o attorno alla soglia di povertà, un default, questo si, dalle dimensioni enormi di cui nessuno si occupa.
FDBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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