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Home ›Quale alternativa al sindacalismo?
Nello scorso numero, in Contro l’illusione del sindacato di classe, abbiamo ribadito che non ci riconosciamo nella prospettiva di ricostruire un “sindacato alternativo”. Abbiamo inoltre evidenziato alcuni aspetti che spiegano in parte perché il proletariato oggi si trova in forte difficoltà nell’affrontare i capitalisti, difendere i propri interessi immediati ed opporre resistenza agli attacchi che sta subendo.
Nonostante queste difficoltà oggettive, aggravate da una certa dose di servilismo ideologico, noi non escludiamo affatto che possano svilupparsi delle lotte anche dure ed estese; anche perché per lotte non intendiamo ovviamente solo quelle “vittoriose” bensì, in generale, momenti di scontro con la classe borghese. Le lotte possono rendersi dure in molteplici casi: chiusure aziendali, licenziamenti, cattive condizioni, feriti o morti sul lavoro, tasse sui beni di prima necessità, tagli a pensioni, scuola, sanità ecc. La questione è: come dobbiamo comportarci noi internazionalisti in questi possibili momenti di fermento?
Dobbiamo ovviamente partecipare alle lotte schierandoci al fianco dei lavoratori; anche perché noi stessi ne saremmo direttamente coinvolti. L’intervento nella classe rappresenta inoltre un importante momento di esperienza.
Fatta tale premessa, riteniamo nostro dovere partecipare nelle lotte sempre in qualità di avanguardia politica. Ciò significa: 1) non accodarsi alla spontaneità, intervenire per elevare la coscienza dei lavoratori sul piano politico, per radicare il programma rivoluzionario; 2) rifiutare la politica dei doppi tempi – oggi si fa solo agitazione per far partire le lotte e un domani si farà lavoro politico – un atteggiamento questo che svilisce il ruolo dei rivoluzionari; 3) rafforzare, con nuovi militanti e simpatizzanti, il lavoro di costruzione e radicamento del Partito internazionale del proletariato. Per fare tutto questo dobbiamo intervenire mantenendo la nostra indipendenza politica ed organizzativa.
Certamente nostro compito è quello di smascherare il lavoro dei sindacati in queste occasioni ed evidenziare quanto illusoria sia la proposta del sindacalismo alternativo. Potrà cambiare – a seconda della situazione – il come (i punti sui quali fare leva e la forma) ma non ci sottrarremo mai alla critica verso le strutture sindacali. Strappare i lavoratori all’influenza dei sindacati assume infatti per noi un carattere politico. I sindacati rappresentano la cinghia di trasmissione del riformismo, diffondono l’illusione che una lotta permanente condotta sul piano rivendicativo possa garantire condizioni “dignitose” per tutta la classe lavoratrice.
I lavoratori si sono dotati già in passato di strumenti di lotta in alternativa al sindacato: comitati, assemblee ecc. È la lotta operaia che ha partorito tali forme organizzative, non ce le siamo mica inventate noi! Semplici organismi di lotta, frutto dell’istinto di classe, nati sotto una spinta materiale che ha portato i lavoratori a scavalcare le strutture sindacali esistenti, la loro pratica della contrattazione. Non sono organismi che magicamente potranno risolvere i problemi che affliggono il proletariato né tanto meno strutture di per sé rivoluzionarie. Sono frutto di percorsi spesso non lineari, che a volte rifluiscono sotto il controllo delle stesse strutture sindacali che avevano scavalcato, ma non possiamo non costatare che tali forme organizzative si ripetono ogni volta che settori della classe si muovono realmente per tentare di difendersi dagli attacchi borghesi. Sono organismi che trovano la loro ragione di esistere nella lotta, che muoiono quindi con il terminare della lotta stessa.
Dobbiamo invitare i lavoratori a lottare fuori e, se occorre, contro i sindacati, senza dimenticare che questo non basta. Se ci limitassimo a fare ciò finiremmo per scadere noi stessi in una sorta di sindacalismo radicale. Non deve quindi mai mancare l’invito a non farsi illusioni: bisogna evidenziare, con i giusti modi, i limiti della stessa lotta rivendicativa e sottolineare la necessità di superare il capitalismo.
I raggruppamenti di comunisti, di cui abbiamo parlato nello scorso numero – che si riconoscono nella necessità di costruire un "sindacato alternativo" o "di classe" – promuovono spesso anche “reti operaie”, “assemblee” o “organismi operai di base”, pur lavorando per la conquista dei sindacati esistenti o di fatto per la costruzione di nuovi sindacati. Essi, infatti, in un certo senso, sopravvalutano ed attribuiscono virtù eccessive agli organismi che sorgono dalla lotta immediata oggi. Sostengono la necessità che tali organismi divengano permanenti, facendo proprie quelle rivendicazioni economiche di carattere generale – spesso vere e proprie illusioni – importate in modo artificioso in tali organismi dai comunisti stessi. Vedono insomma in questi organismi nuclei di un futuro sindacato “rosso”, che non vedrà mai la luce. Altri comunisti addirittura ci vedono sin da oggi embrioni dei futuri organismi della lotta per il potere dei lavoratori, i consigli. Insomma, ogni gruppo o raggruppamento di comunisti vede, in questi “naturali” organismi per la lotta immediata della classe lavoratrice, quel che vuole.
Noi non ci prestiamo a questo. Sappiamo che questi organismi in verità nascono e muoiono con la lotta e nei casi in cui hanno cercato di assumere carattere permanente si sono trasformati in strutture sindacal-riformiste. Il nostro compito nelle fasi conclusive di tali esperienze è di spingere le energie dei lavoratori più coscienti e combattivi verso l’impegno politico, ad impegnarsi per un organismo che sia sì permanente ma politico rivoluzionario.
L’unico organismo permanente che riteniamo necessario oggi e per cui lavoriamo fieramente è il Partito internazionale della classe proletaria, con i propri strumenti politici di intervento: i Gruppi Internazionalisti di Fabbrica e Territorio (GIFT).
Innanzitutto compito dei GIFT è quello di diffondere tra la massa operaia sui posti di lavoro il programma rivoluzionario, agire politicamente facendo leva sulla situazioni specifiche vissute nell’ambito di lavoro. Questa azione politica avviene attraverso vari strumenti: interventi verbali, la distribuzione del giornale, dei volantini, perché le prese di posizione politiche del Partito sui fatti di attualità circolino nella classe, che rappresenta il cuore economico-sociale capitalistico. I comunisti internazionalisti così si avvalgono dell’influenza faticosamente conquistata per elevare il piano politico operaio ad un livello rivoluzionario, altrimenti ci si abbassa alla politica borghese nella classe operaia, che porta le lotte a concludersi al tavolo della trattativa, in prefettura o in qualche ministero, senza nessun lascito politico nella classe.
I GIFT partecipano alle lotte, ma non accodandosi alla spontaneità né tanto meno al rimorchio di interessi borghesi: sempre accompagnano alla loro presenza, una presa di posizione politica chiara e netta sui fatti, che cerchi di inquadrare generalmente le contraddizioni della società capitalistica. I GIFT si assumono responsabilità organizzative e quindi cercano la direzione delle lotte in proporzione al loro riconoscimento politico: altrimenti prestano il loro tempo e le loro energie agli opportunisti.
I GIFT sono i principali strumenti politici organizzativi di cui deve disporre il Partito rivoluzionario per radicarsi sui posti di lavoro. Loro compito è di prendere posizione sui fatti e misfatti padronali in fabbrica, mediante volantini e, se è necessario, bollettini di fabbrica, in cui raccogliere lettere e contributi scritti degli operai (per fabbrica si intende ex professo qualsiasi posto di lavoro); infine, offrire periodicamente una sintesi del loro lavoro e riportare esperienze di lotta politica sul giornale di Partito, perché diventino patrimonio di coloro che leggono e diffondono la stampa di Partito.
KarimBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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