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Home ›Su “Occupy Skate-park” a Ostia
Riflessioni dei giovani compagni di Ostia
Venerdì 30 agosto abbiamo assistito ad una assemblea in piazza Gasparri (Ostia) che aveva all’ordine del giorno la difesa di uno skate-park. Lo skate-park di Ostia, “The Spot”, frequentato da moltissimi giovani del quartiere, ha ospitato anche eventi sportivi di calibro internazionale. Tuttavia rischia di chiudere, perché la Chiesa, rivendicando la proprietà del terreno occupato per concessione del Comune, vorrebbe costruirci l’ennesima dimora del Signore. Il quartiere di Ostia Nuova ospita già circa 5 parrocchie e diversi locali di proprietà dell’associazionismo cattolico. Non si comprende ora per quale motivo sia così spinta ad aprire una struttura proprio lì. Forse un possibile motivo del Vicariato può essere quello di avere un’ulteriore struttura in un quartiere che perde sempre più fedeli, a vantaggio delle nuove confessioni evangeliste. Oppure semplicemente si sente in dovere di rispondere ad un impegno commerciale preso con qualche costruttore o architetto. Di certo non è la “comunità cattolica” del quartiere a volerla e a testimoniarlo è la presenza di molti cattolici all’assemblea e il fatto stesso che più di un parroco si è esposto apertamente sulla stampa locale esprimendo la propria contrarietà.
L’assemblea, per altro molto partecipata per lo standard di Ostia, è stata promossa dal movimento antagonista. Il movimento ha voluto chiamare il percorso di lotta “Occupy Skate Park”. Benché nessun intervento ha ribadito il senso, possiamo facilmente intuire quale schema politico ha spinto loro in questa scelta. Molto probabilmente hanno provato a rievocare l’immaginario della lotta di Istanbul in primavera. Nella nostra stampa abbiamo ribadito i motivi profondi che hanno dato corpo al movimento, denunciando il racconto mediatico che ci ha servito superficialmente la stampa borghese. Non crediamo che quella che si è tenuta per diversi giorni fosse una “pura e semplice battaglia della gioventù turca per la difesa del verde contro la costruzione di una moschea”. Sicuramente hanno scelto questo nome per attirare l’attenzione dei media ma anche per rimanere fedeli ad una logica politica movimentista che di certo non ci appartiene.
Comunque, il tono degli interventi dell’assemblea di fatto era molto moderato. Forse anche per la presenza influente del gestore dello skate-park, che ha preferito questa linea. In assemblea erano presenti anche un noto consigliere del PD in compagnia di un collega dell'UDC. La linea emersa era quella del dialogo. Insomma si vuole continuare a discutere con il Vicariato da un lato e si è confidenti nel fatto che la giunta non è interessata a iniziare il suo mandato con una cosa così impopolare. Tuttavia per molti partecipanti all’assemblea l'idea è che si debba passare ad occupare, nel caso non si ottenessero risposte. Frena subito queste proposte il consigliere del PD Zannola, anche cercando di intimorire i presenti: «se occupate lo spazio, sopravvivrete per un anno avrete lo skate-park per un anno ma poi non resterà nulla». Insomma, insiste nel placare le acque e intanto da buon politico dice di impegnarsi perché si trovi un’altra sede per la struttura, senza che si tocchi la Chiesa. Intanto l’assemblea, per attirare l’attenzione dei media, ha voluto convocare un corteo di protesta per il pomeriggio di sabato 7 settembre.
Noi non siamo intervenuti nell’assemblea. Tuttavia abbiamo approfittato per scambiare opinioni con alcuni presenti, che erano andati lì senza secondi fini. Ci hanno colpito alcune parole che abbiamo sentito ed alcuni interventi, spesso molto polemici ed aggressivi. Uno skater che ha fatto la propria fortuna professionale grazie allo skate-park, ha denunciato: «dove sono gli skaters? Tutti bravi a dire bello questo posto quando erano ospiti, e ora? Ora, che è chiuso, andranno in un altro skate-park mica si metteranno a lottare per difendere il posto!» Il tono sembrava solo provocatorio, ma poi parlando con lui abbiamo capito il senso. Il ragazzo denunciava il fatto che «lo skate-park per i professionisti è solo una palestra, se chiude certo non si mettono a protestare, vanno in cerca di un’altra». Insomma chi potrebbe prestare la propria immagine mediaticamente se ne sbatte dello spazio. Oltretutto, lo skater ricordava quando «la Gelmini e Veltroni venivano a farsi belli allo skate-park quando c’erano eventi grossi. Dove sono ora?» Insomma, si denuncia come lo skate-park sia rimasto abbandonato da tutti quelli che avrebbero potuto dare sostegno. Noi abbiamo replicato allo skater che c’era poco da fidarsi di questi qui, e che solo il quartiere può difendere lo spazio. Altra cosa è stata la voce che girava sull’occupazione. Molti estranei al “movimento antagonista” erano fortemente contrari ad occupare. Infatti per loro “occupare” significa fare di quel posto l’ennesimo “centro sociale” –come era stato “Spaziokamino” più di dieci anni fa o come in alcune occupazioni il “Vittorio Occupato”- che ospita solo festoni. Noi abbiamo fatto presente come facessero bene a stare in guardia, benché esistano molte occupazioni che hanno assunto connotazioni comunque diverse, aldilà dei limiti politici, come la stessa “scuola Andala” che ospitava l’assemblea.
Quale è la nostra posizione politica sui fatti? Noi crediamo che lo skate-park sia uno spazio di socialità importante per il quartiere di Ostia Nuova, un quartiere che specie nelle stagioni fredde offre pochissime opportunità di incontro per i giovanissimi, in particolare per i giovani provenienti da famiglie proletarie, cioè quelli che hanno a disposizione pochi mezzi economici. Denunciamo politicamente la Chiesa per l’ennesimo atteggiamento affaristico nel quartiere e la solita indifferenza di istituzioni e politicanti che puntano gli occhi su Ostia solo quando c’è odore di profitti o appalti. Denunciamo anche l’opportunismo di chi vuol mettersi in mostra promettendo di spostare lo skate-park in un’altra sede; che ad ogni modo significherebbe privare di tale struttura un quartiere che già soffre fortemente della mancanza di spazi di socialità.
Allo stesso tempo crediamo fortemente che per riscattare l’orgoglio proletario del quartiere occorra fare un lavoro politico a 360°. Si può lavorare infatti per difendere le condizioni della gioventù proletaria di Ostia, del proletariato tutto, sui posti di lavoro e sul territorio e questo lo si deve fare (anche a partire da uno spazio come questo) benché non basti. Infatti serve costruire un punto di riferimento politico che abbia come proprio referente – ad Ostia come altrove - la classe degli sfruttati, che sappia mettere in discussione tutto il sistema economico e sociale. Uno strumento politico indispensabile affinché la classe proletaria possa passare all’offensiva e imporre un cambiamento radicale della società per soddisfare tutte le legittime esigenze dell’umanità. Chiunque condivida questa prospettiva troverà un piccolo gruppo di compagni al suo fianco.
Giovani internazionalisti di OstiaInizia da qui...
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