A margine del referendum di Bologna - C'è ancora chi si illude che i referendum servano a qualcosa!

A Bologna domenica 26 maggio si è svolto il referendum sui finanziamenti alle scuole private: le preferenze erano divise tra “A” e “B”, dove “A” rappresentava lo sforzo di un pugno di volontari e “B” tutto l'arco istituzionale, da PD a PDL, escluse quelle minoranze che, come SEL, hanno il mandato istituzionale di rappresentare un'opposizione di facciata alle politiche governative.

La lotta era impari, si legge infatti che “i volantinatori di B sono piu fitti delle cacche di piccione”. In ogni caso il referendum si è concluso con una netta vittoria del comitato “articolo 33”, ovvero “A”, rinnovando l'illusione che sia possibile percorrere le vie legali per tutelare i propri interessi. Ma non bisogna scambiare i fatti con le illusioni e le illusioni, per quanto in buona fede esse siano, non mancheranno di sfracellarsi a breve contro il muro dei fatti.

La crisi detta i tempi e gli escamotage che i funzionari del capitale non tarderanno mettere subdolamente in azione, per tutelare l'unico interesse che conoscono: il profitto. Riproporranno, se è il caso “sotto mentite spoglie”, ciò che la “consultazione democratica” aveva bocciato. Di questa dinamica ne abbiamo avuta una bella anticipazione ai tempi del referundum sul finanziamento pubblico ai partiti.

I vari settori di borghesia (CEI, in questo caso, in testa) rivendicano la loro parte di bottino, o meglio la loro quota del plusvalore estorto agli operai per mezzo dello sfruttamento della loro forza-lavoro, cioè ottenendo lavoro gratuito dagli operai. Per lor signori deve essere stimolato il business, il mercato dei titoli di studio, per questo arrivano a qualificare come “cultura” ogni tipo di discriminazione religiosa o etnica (che tipo di scuole vengono istituite dai privati? chi vi può accedere?).

La concessione di crediti alle scuole private genera infatti discriminazione. La scuola pubblica è senza dubbio superiore, ma ciò non toglie che questa rimanga in ogni caso un apparato borghese di preparazione al mercato del lavoro (sacro per padroni e istituzioni di ogni colore) e di formazione del consenso verso questo Sistema. La conquista dei fantomatici “diritti” ottenuti da parte della classe operaia a costo di lotte durissime, ma pur sempre entro i limiti d'azione borghesi, è destinata a rientrare non appena le condizioni economiche – come oggi – impongano una riduzione del livello di vita della classe operaia a vantaggio del un capitale in crisi.

Cultura, integrazione, cura dell'infanzia, non fanno parte del vocabolario del capitale; profitto, sfruttamento e peggioramento delle condizioni di vita, sono invece tutto cio che ha da offrire... fino a quando la classe operaia glielo permetterà.

GK
Mercoledì, May 29, 2013