Sindacati e valore della lotta rivendicativa - Note di Mauro Stefanini

Dopo il ricordo del compagno, ripubblichiamo un articolo scritto dai Mauro Stefanini nel 2000 - in polemica con altre aree politiche - con il titolo “Sindacati, equivoci da sciogliere”. Nell’articolo vengono trattati, in modo semplice e sintetico, aspetti politici fondamentali. Un “vecchio” articolo di Mauro che ancora oggi, come molti altri, mantiene intatta la propria valenza politica.

I sindacati sono inutili alla strategia rivoluzionaria, ma la lotta rivendicativa è l'ossigeno della classe e condizione d'esistenza della strategia.

Da sempre sosteniamo che la rivoluzione marcerà sul cadavere dei sindacati e che questi possono tutt'al più' costituire un ambito di intervento (in linea generale, ma oggi manco questo) dei rivoluzionari, come altri, ma mai e poi mai possono costituire uno strumento della strategia rivoluzionaria. Sempre più la quotidiana esperienza dei proletari ci dà ragione. Ma la quotidiana esperienza politica ci dice anche quanto sia facile equivocare quelle posizioni con la apparente semplificazione che noi riterremo inutili le lotte rivendicative.

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Essenzialità della lotta rivendicativa

Per il marxismo, sin dalle sue origini, il movimento rivendicativo dei lavoratori per il miglioramento del salario e delle condizioni di lavoro, scontrandosi direttamente con l'interesse capitalistico alla compressione di entrambi, costituisce la forma elementare, per lo più insopprimibile della lotta di classe. Costituisce dunque la condizione ineludibile di qualunque "trascrescenza politica", ovvero di qualunque sviluppo della lotta di classe sino alla sua espressione più alta, dell'attacco rivoluzionario. Potremmo notare, di passaggio, che la lotta di classe si presenta di questi tempi particolarmente acuta in termini rovesciati, con un capitale all'attacco sfrenato di salario e condizioni di lavoro e una classe operaia incapace di resistervi.

È sufficiente questo a escludere qualunque ipotesi di inutilità delle lotte rivendicative (paradossalmente sostenuta invece da qualcuno dei micro-gruppi usciti dalle varie eruzioni del pentolone bordighista).

Dire che le lotte rivendicative sono inutili sarebbe come dichiarare inutili a un qualunque evento le condizioni di maturazione dell'evento stesso.

Una classe incapace di azione rivendicativa e di opposizione di lotta alle forme più acute della sua oppressione è una classe incapace (indegna) di rivoluzione, condannata a perpetuare la sua situazione di classe oppressa.

Ma una cosa sono le lotte rivendicative del proletariato, altra cosa sono le organizzazioni che quelle lotte pretendono di condurre (e oggi invece professionalmente boicottano).

Cos'è e com'è il sindacato

Il sindacato è nato come organizzazione degli operai per la contrattazione del prezzo e delle condizioni di vendita della forza lavoro e a questa sua natura ha sempre obbedito e tuttora - sembra strano ma è così - obbedisce.

Se ne conclude necessariamente che, come agente di contrattazione non può servire lui, il sindacato, all'organizzazione rivoluzionaria del proletariato.

Il movimento comunista ha dovuto attraversare dure esperienze per maturare quel che a noi oggi appare ovvio. Ha dovuto passare attraverso l'esperienza del 1905 e dell'Ottobre 17, e attraverso la verifica in negativo delle ipotesi terzinternazionaliste di conquista dei sindacati (nel quadro della famosa conquista della maggioranza) per giungere (con i comunisti internazionalisti) alla conclusione che sul piano puramente teorico poteva già essere tratta a fine Ottocento, cioè dopo gli scritti di Engels sul sindacato.

È capitato per altre questioni che le ipotesi di lavoro della Internazionale comunista, magari ereditate dalla II Internazionale, siano state smentite solo dopo dure esperienze - e certamente non dagli stalinisti che le hanno difese fino all'ultimo attimo della loro stessa esistenza - sebbene già contraddicessero i principi e il metodo al quale dicevano ispirarsi. Un esempio potremmo dire classico è la questione nazionale.

Dunque, pensa l'interlocutore in buona fede, se pensate che il sindacato che fa le lotte rivendicative non "va bene" allora per voi non "vanno bene" le lotte stesse. Il difetto nel ragionamento dell'interlocutore sta nella espressione di eguaglianza che egli fa fra lotta rivendicativa e sindacato.

La lotta operaia - rivendicativa, s'intende - trova diverse espressioni organizzative nei diversi periodi. Il sindacato è certamente quella prevalente: è la forma più strutturata e proprio per la sua natura e funzione la più autoconservativa. Quando, come oggi, non difende gli interessi immediati degli operai - perché il capitale sopravvive solo attaccandoli - continua a difendere la base della sua esistenza cioè la contrattazione, cioè il rapporto capitalistico e si fa dunque mediatore dell'attacco capitalistico al salario. È per ciò stesso più continuativa nella storia, riuscendo bene nella sua funzione nelle fasi ascendenti dei cicli capitalistici, cioè nei periodi di regolare e tranquilla accumulazione con saggi di profitti adeguati all'accumulazione stessa.

Le altre espressioni della lotta rivendicativa

Ma la lotta operaia è sempre stata capace di esprimere forme organizzative alternative al sindacato, quando per una qualunque ragione questo veniva meno: dai comitati di lotta espressi dalle assemblee, ai coordinamenti categoriali o nazionali dei comitati stessi.

Sono le organizzazioni che la classe si dà per la difesa dei suoi interessi immediati, espresse dalla lotta rivendicativa medesima e a questa ancorate: finita la lotta, si esauriscono anche quelle forme organizzative.

I modi possibili di questa loro fine sono tanto vari quanto importanti (ed è su questi modi che si riconosce e si impegna l'avanguardia rivoluzionaria): si va dalla loro scomparsa con un lascito di organizzazione politica classista e rivoluzionaria delle avanguardie nel corpo di classe (i soviet del 1905 russo e, in tono molto minore, i Comitati di lotta del maggio francese o esperienze minori qua e là in Europa), alla loro trasformazione... in sindacati permanenti (ultimo grande esempio la lotta dell'Agosto polacco - 1980 - finita nel pretesco reazionarismo di Solidarnosc, e minore ma non meno significativa, la ingloriosa trasformazione dei Cobas scuola del 1977 in sindacatino Cobas).

Quest'ultima soluzione, di trasformazione di organismi di lotta proletaria funzionali alla lotta in organismi permanenti funzionali alla contrattazione, porta con sé la umiliazione della prospettiva di classe rivoluzionaria. L'organismo permanente, sindacato, tenderà sempre e comunque a ripercorrere a tappe accelerate il cammino antirivoluzionario dei sindacati ufficiali contro i quali, magari, l'esperienza era partita (ancora Polonia 1980).

È comunque dall'esperienza di lotta autorganizzata dai lavoratori attraverso le assemblee e la espressione da parte di queste dei delegati sempre revocabili, che si può avere un lascito positivo nella crescita del potenziale di classe. Se non altro perché avrà accresciuto la consapevolezza dei proletari coinvolti di poter rappresentare una forza collettiva capace "forse" di cose più grandi.

L'organismo permanente sindacale, invece conduce i lavoratori alla ricerca permanente della contrattazione, alla rincorsa delle compatibilità al sindacalismo attuale, insomma, tutto contro i lavoratori.

È chiaro ora? Siamo per la lotta rivendicativa che è l'ossigeno della classe e siamo contro i sindacati perché nei momenti essenziali vanno in senso contrario alla lotta.

E l'obiettivo oggi è proprio la ripresa della lotta rivendicativa (anche solo di difesa dagli attacchi capitalistici) del proletariato.

Per questo ci siamo impegnati anche a studiare, nella nuova composizione di classe indotta dalla crisi e dalla conseguente ristrutturazione, le forme possibili della ripresa di lotta, per svolgere il nostro lavoro e dare il nostro contributo verso quelle più funzionali alla prospettiva rivoluzionaria, di liquidazione di questo sistema ormai marcio di produzione e di distribuzione.

m.jr
Martedì, May 14, 2013