Lottare per difendere i nostri interessi di classe, lottare per superare il capitalismo

Il continuo peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, ormai, accomuna tutti noi lavoratori, tutti noi proletari (operai, semplici impiegati, disoccupati, precari). I nostri stessi figli, se perdurerà il sistema capitalista, sono condannati ad un futuro di precarietà ed incertezza, disoccupazione e assenza di prospettive.

Ormai nessuno può più negare che il capitalismo sia in crisi, una crisi che si esprime (con poche differenze) in maniera distruttiva per ogni categoria, ogni territorio, ogni continente. Questa, quindi, è la crisi del loro sistema economico. Una crisi che, però, stanno facendo pagare a noi lavoratori. L'aspetto più tragico è che nonostante i nostri sacrifici nulla cambia, la crisi continua…anzi, peggiora e i padroni chiedono sempre ulteriori sacrifici. È proprio la dimensione della crisi che deve farci comprendere quanto questa sia strutturale, insita cioè in un sistema economico basato su leggi contraddittorie, che sta trascinando l'umanità alla barbarie: la crisi è l'inevitabile modo d'essere del capitalismo e ci mostra chiaramente che per difendere i nostri interessi presenti e futuri dobbiamo superare tale sistema economico e sociale.

I padroni, e i servi politicanti, fanno i loro gioco: difendono il loro interesse di classe sfruttatrice, difendono la loro posizione di dominio, salvaguardano i loro profitti.

Noi proletari, classe di sfruttati, dobbiamo fare il nostro di gioco, difendendo i nostri interessi di lavoratori, i nostri interessi di classe.

Nessuna fiducia ai partiti che siedono - o vogliono sedere - in parlamento e nelle altre istituzioni. Si tratta di andare anche oltre il sindacato che, solitamente, è solo uno strumento della sottomissione dei lavoratori ai padroni, ma che, anche quando lotta veramente (l'eccezione che conferma la regola), diventa un'arma spuntata, incapace di uscire dalle logiche del Sistema.

Vi è la necessità di superare la logica sindacale stessa:

  • rifiutare la delega, perché i nostri interessi non possono essere “rappresentati”, dobbiamo difenderli noi in prima persona;
  • rifiutare le divisioni, perché se siamo divisi siamo perdenti, una singola categoria è destinata a essere isolata e sconfitta se non chiama il resto dei lavoratori alla lotta, alla lotta di classe.

Ma, sopratutto, rifiutare l'idea che la lotta economica possa essere separata dalla lotta politica. Al contrario: ogni vera lotta, superando le barriere ed i limiti della logica sindacale, deve affermare con forza il suo carattere di classe e anticapitalista, esprimere la necessità di estendere il conflitto per superare il sistema, radicare così la coscienza rivoluzionaria e l'organizzazione di classe.

Noi comunisti internazionalisti siamo e saremo sempre al fianco dei lavoratori che con determinazione e generosità lottano per la difesa dei loro interessi immediati. Ma al contempo non nascondiamo e non mancheremo mai di indicare i limiti di queste lotte, affinché queste (da semplici lotte di difesa destinate, prima o dopo, ad essere riassorbite e a seminare demoralizzazione) possano contrastare l'isolamento e la sconfitta trasformandosi in lotte politiche, in primi segnali della generale lotta di classe contro il sistema e per il suo superamento. Per la conquista del potere politico da parte dei lavoratori.

Vi è insomma, per noi, l'esigenza di porre da subito la questione politica e questo non può che essere fatto dal partito e come partito: il Partito Comunista Internazionalista al quale invitiamo i compagni/e più determinati e coscienziosi ad aderire.

Giovedì, March 21, 2013