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Home ›La crisi morde e non fugge
Con l'acqua alla gola (se non peggio…) la borghesia greca sollecita aiuti per 230 miliardi di euro e lo stop (o almeno il rinvio…) dei 150 mila licenziamenti nel settore pubblico, richiesti dalla BCE come contropartita. Intanto il Pil greco è sceso del 6,5% nel primo trimestre dell'anno e la disoccupazione è salita al 54%. Fino a metà luglio si potranno pagare stipendi e pensioni, poi potrebbe calare il sipario. Con in più 11,5 miliardi di euro in nuovi tagli da “individuare” da parte del nuovo governo greco che risulterebbe scelto dal solito “popolo sovrano” di cui fanno parte non solo i responsabili della crisi ma un'intera classe che sulla crisi ha vissuto riempiendosi il portafoglio e senza minimamente pagarne le conseguenze, scaricandole tutte sull'altra classe, il solito proletariato. Per il quale, come se nulla fosse accaduto, si annunciano ulteriori sacrifici.
La situazione europea si va nel frattempo deteriorando anche per il capitale stesso, nonostante le riunioni di tecnici, economisti, politici di destra e di “sinistra”. E in attesa di un salvagente da almeno 100 miliardi di euro, fanno anticamera le Banche spagnole. Che le cose non vadano per il meglio, lo conferma l'interessamento particolare degli Usa: accanto alla propria vedono crescere anche una recessione europea che “non risponde alle attese dei mercati”.
I baroni della Finanza cercano di dirigere le danze e di imporre i loro passi ma che ci si stia movendo sull'orlo di un baratro comincia ad essere percepito dall'intera compagine borghese, sia nella sfera produttiva che in quella finanziaria. Questo anche se va di moda la contrapposizione - del tutto idealistica - tra borghesia produttiva e borghesia finanziaria. Ma chi una certa esperienza storica se l'è fatta nella propria sopravvivenza sulle spalle dei modi di produzione fin qui susseguitisi nel tempo (la religione cristiana-cattolica-apostolica-romana), pur non attraversando uno dei suoi momenti più eclatanti. benedice l'integrale trinità del dio capitale, del figlio profitto e dello spirito interesse…
Traballando, si riaffaccia la proposta della Tobin Tax sulle transazioni bancarie, da applicarsi però solo “a chi ci sta”… e con Londra che per il momento fa l'intransigente. Da parte sua, Berlino potrebbe negoziare una concessione sugli Eurobond come possibilità condizionata ad un aumento dei poteri di Bruxelles. In alternativa spuntano i Redemption fund (garantiti dalla UE) o gli Eurobills (piccoli Eurobond da emettersi in quantità limitata). Altro non esce dagli alambicchi degli attuali stregoni, anche se si tratta di personaggi che non si ritengono apprendisti ma “professionisti” in materia. Ad ogni modo, sono richiesti tempi lunghi per lasciare ancora un po' di spazio alle devastanti speculazioni degli spread e delle varie mine disseminate nel sistema bancario, e non soltanto quello europeo. Gli affari sono affari e il capitale non guarda in faccia a nessuno.
Quanto al Fondo Salva Stati ESM che dovrebbe nascere a luglio soppiantando l'attuale EFSF, si spera che permetta di raccogliere soldi dai Governi per effettuare salvataggi senza che quelle somme vengano conteggiate nel debito pubblico aiutato. L'ESM sarebbe però un creditore privilegiato al quale andrebbero subito i rimborsi in caso di insolvenze di Banche debitrici. La qual cosa non garba affatto né agli investitori privati o statali né soprattutto a Berlino.
E restando fra le mura dello Stato tedesco, europeista quanto basta per farsi i propri interessi al pari - sia chiaro - di tutti gli altri, va segnalato che non è certo esaltante il suo apporto alle somme totali destinate a quelli che dovrebbero essere i salvataggi delle allegre finanze di alcuni Paesi europei. In particolare rispetto alle sue possibilità economiche, tanto sbandierate, Berlino versa in totale una somma di contributi pari a circa 114 miliardi di euro dei quali la metà corrisponde solo a “garanzie”. Il tutto pari al 4,46% del proprio Pil. (Dati forniti dal Credit Suisse.)
Al suo confronto, l'Italia versa invece il 4,8% (sempre in percentuale sul Pil) pari a 76,91 miliardi; la Spagna il 4,7%; la Slovacchia il 4,94%; l'Estonia il 5,19%; Malta il 6,59%; la Slovenia il 5,29 e persino Cipro versa il 4,63%.
C'è anche da notare che in base alle esose condizioni imposte ad Atene, ben 2/3 dei prestiti concessi alla Grecia anziché finire alla borghesia greca, che gestisce in rosso la pubblica contabilità “torturando” letteralmente il suo proletariato, vanno a rimborsare i “generosi” creditori con appunto Berlino in prima fila.
Inoltre, la Germania esalta i meriti competitivi delle proprie aziende (e la penetrazione delle loro merci nel mercato comune…) come se questo risultato non fosse condizionato dalla “arretratezza produttiva” della maggior parte delle altre aziende europee. Altrimenti sarebbero guai per tutti… Dopo di che, con una abbondante dose di ipocrisia, la Merkel invita i concorrenti ad imitare la “sana imprenditorialità” dei capitalisti tedeschi!
Abbiamo fin qui riassunto ciò che viene riportato o traspare quanto meno da una parte della stampa quotidiana. La quale non riesce a nascondere (anche se tenta di farlo) la “rabbia” che sta crescendo fra chi queste malavitose manovre sta subendo sulla propria pelle a suon di “lacrime e sangue”.
Non è una gran scoperta, ma va ribadita in conclusione, che la speculazione conduca le “danze” fregandosi le mani. Visto che con la crisi produttiva e con i mercati saturi non vi sono strade per valorizzare il capitale, altro non rimane che continuare ad abbandonarsi alla illusione della autovalorizzazione del denaro, depredando plusvalore ovunque capiti sotto tiro. Così, quando il famoso spread sale, si vende allo scoperto titoli o altri pezzi di carta in base agli annunci di “prospettive negative” per Banche e Stati. Quando poi, ad un precipitare delle “aspettative”, fondi comuni, fondi pensione, eccetera, vendono in massa, ecco che sul mercato si trovano titoli da acquistare a prezzo stracciato. Più o meno lo stesso avviene nelle Borse.
Avendo il rating un valore contrattuale (la sua abolizione è osteggiata dalla Gran Bretagna ma anche dagli Usa), coi suoi giudizi di parte manovrati secondo particolari… “tendenze”, il sistema dei fondi speculativi va a nozze lucrando sugli interessi e sulla caduta del valore dei vecchi Titoli di Stato.
Un ultimo accenno agli interventi critici di Obama davanti ai “rallentamenti” di una sospirata crescita della economia sia americana che europea. Il presidente ha le sue gatte da pelare; ancora si lecca le ferite della bolla dei subprime, tanto che se predica bene (sempre al servizio della conservazione capitalistica) razzola male. Vedi la “riforma” del sistema finanziario, annunciata in campagna elettorale, e finita in soffitta.
E se in Italia i finanziamenti statali alle imprese pubbliche e private si aggirano attorno ai 40 miliardi di euro all'anno, il Governo degli Usa può a sua volta vantare il “controllo” per due anni di 8mila miliardi di dollari sotto la voce di “spese federali discrezionali”. Contributi “politici” compresi. A dimostrazione che lo spartito musicale è il medesimo per tutte le bande governative degli Stati borghesi
Sussidi, agevolazioni fiscali, regolamentazioni favorevoli ad imprese già dominanti nei loro settori e che incrementano i loro investimenti in lobbying e altro. Interessi privati (ad personam) e “pubblici” (?) quali protagonisti - in veste di “poteri forti” - di un andazzo che inghiotte gran parte della ricchezza che milioni di esseri umani depositano ai piedi del dio capitale. Questa la realtà sociale globale nella quale siamo costretti, almeno fino a quando non saremo in grado di organizzare la nostra completa liberazione, politica ed economica, dalle catene soffocanti del capitale, sia esso americano, europeo, asiatico e africano.
P.S. - Il presidente Napolitano, impegnato più che mai in pubbliche esternazioni di “conforto” al capezzale di una società che comincia a dare preoccupanti segnali di putrefazione, ha recentemente affermato che “il lavoro è libertà” e quindi deve essere un obiettivo prioritario del Governo repubblicano. Sarà l'età, ma come non accorgersi che un medesimo motto lo si poteva leggere all'ingresso del campo di lavoro forzato e di sterminio di Auschwitz: “Il lavoro rende liberi”? Il trattamento salariale è certamente diverso; ma anche oggi, su questo, le prospettive si stanno facendo sempre più preoccupanti. Ad ogni modo, visto i più giovanili amori stalinisti del personaggio, possiamo ben capire lo “spirito” della battuta. Di certo, quanto meno, assai poco felice.
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