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Home ›Attenzione alla violenza stupida
La strada maestra: no alla violenza individuale, sì alla forza della classe
Aumenta la rabbia degli strati di proletariato maggiormente colpiti dagli effetti della crisi e dai tagli imposti da governo e padronato per salvaguardare gli interessi del capitale e la sua sopravvivenza. Al peggiorare delle condizioni di lavoro e di vita, segue l'accumularsi di frustrazioni e la certezza, ormai, che il futuro sarà peggio del presente. Questo mentre il potere si fa sempre più arrogante e, fra le rovine fumanti del mitico Stato sociale, si prepara ad usare la repressione come unico ed ultimo bastione del sistema.
Ricominciano gli allarmi per un ritorno ad episodi di violenza terroristica di infausta memoria mentre - in realtà - si assiste all'acutizzarsi di una violenza innanzitutto esercitata da quello che si presenta come l'ordine sociale dominante. Il quale diffonde la sua violenza: disoccupazione, precariato, emarginazione, miseria. E prende per i fondelli (più apertamente: prende per il culo!) chi viene schiacciato dalle contraddizioni e convulsioni capitaliste che seminano degenerazione e disgregazione sociale. Lo si fa raccontando ai “cittadini” proletari le favole addormentatrici su nuovi modelli di sviluppo, riforme innovatrici, crescite della produzione mercantile, diffusione di valori etici… perduti!
Lo ripetiamo ancora una volta: la violenza fine a se stessa non ci interessa per dare concretezza all'obiettivo comunista volto a trasformare questa società di legale oppressione e sfruttamento; tale è anche se indossa le vesti della democrazia parlamentare per meglio imporci un “comitato d'affari” questa volta composto da tecnici tuttofare del capitale finanziario e imprenditoriale.
Il rifiuto di un “programma” (se così lo si può chiamare…) che viene offerto dai partiti nelle arene elettorali, ha assunto una innegabile evidenza. La nausea, in alcuni, e la rabbia, in altri, si allargano di fronte agli spettacoli a dir poco osceni che, sia a livello parlamentare sia nelle segreterie “private” e negli apparati dei partiti “costituzionali”, vengono esibiti quotidianamente (assieme a numeri comici di un deviante e inconcludente qualunquismo interclassista). E si costringono gli spettatori (proletari) ad assistervi pagando biglietti fiscali sempre più salati, unitamente a tagli di salari, pensioni e posti lavoro.
Non si può ancora valutare come una vera e propria ripresa della lotta di classe quello che, sia pure episodicamente e localmente circoscritto, sta accadendo in Italia, in Europa e altri continenti di fronte alla situazione di crisi crescente del capitalismo. Sarebbe però cecità sminuire o ignorare ciò che comincia a manifestarsi in un sistema che ci domina e condiziona. Nonostante le masse proletarie siano per lo più ancora sottomesse alle logiche borghesi, tanto nei contenuti che nelle forme delle proteste, noi cerchiamo di essere fra loro per favorire negli elementi più sensibili la consapevolezza di ciò che realmente sta accadendo, tanto economicamente quanto politicamente e socialmente.
Impedire che si formi un valido punto di riferimento e di guida, seriamente anticapitalista, è invece una preoccupazione dei centri, occulti e non, del potere borghese. Sempre pronti a condurre un lavorio di provocazioni col quale tendere trappole dove far cadere chi si getta nello scontro diretto e immediato, addirittura individuale. quale supposto metodo sostitutivo ad una carenza teorica, politica e organizzativa che da decenni ostacola una reale ripresa della lotta di classe. Lo scopo del sistema è quello di annullare fin da ora il pericolo di proteste allargate, operando in modo quanto più subdolo sia possibile E lo si fa colpendo il solito anarchico “sedizioso”, caduto nella rete, da sbattere in prima pagina sbandierando un perbenismo democratico a giustificazione della “necessaria” repressione.
Le “provocazioni” del capitale sono all'ordine del giorno, anche se a volte di natura formale, “legale e pacifica” contro i lavoratori e i disoccupati. Ma già non mancano le violenze effettive per l'imposizione di provvedimenti “lacrime e sangue”, e le violenze materiali a base di manganellate, cariche poliziesche, arresti e pestaggi. (Si ricordi sempre la scuola Diaz di Genova.) Misure - si dice - inevitabili per “reprimere” l'aggressività dei più “scalmanati”.
Possiamo anche capire molte reazioni di chi ormai si trova in condizioni disperate, ma consideriamo le “teorizzazioni” del terrorismo individuale come manifestazioni di una violenza non solo inutile ma purtroppo stupida. Ribadiamo che come comunisti non possiamo che impegnarci maggiormente nella preparazione delle condizioni politiche perché all'attacco della conservazione capitalistica, in tutte le sue mascherature, vada compatta la classe operaia. Essa è l'unica protagonista della emancipazione della società dalla schiavitù di classe, seguendo una precisa linea strategica e tattica col fine di un superamento definitivo del capitalismo verso l'avvento della società socialista. La propaganda e l'agitazione dei principi del comunismo accompagnano il nostro impegno nel rafforzare gli strumenti della insostituibile e più che mai indispensabile organizzazione politica della classe operaia. Non esistono scorciatoie o sentieri sostitutivi alla strada maestra che ci porterà alla conquista di quel futuro che il capitalismo non potrà mai offrirci: il comunismo.
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