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Home ›Note d'inizio anno: crescita... di disperazione e sfruttamento
Nel nostro Bel Paese, in ogni giorno del 2009 (in attesa di dati più recenti) si è mediamente suicidato un essere umano fra quelli che l'ideologia dominante qualifica con l'identità di “cittadino libero e indipendente nelle proprie scelte”, ovvero… preferenze private da effettuarsi fra le delizie che gli sono offerte nella borghese società.
La vera e propria strage - 357 suicidi rispetto ai 260 del 2008, sul totale di 2.986 suicidi secondo dati dell'Eures - ha riguardato uomini e donne che non avevano un posto di lavoro. Di essi, 272 direttamente espulsi dal “mercato del lavoro”, gli altri disoccupati da tempo e quindi senza quel salario che li manteneva in vita e li teneva relativamente in condizioni di… sospensione sul precipizio di gravi difficoltà, frustrazioni e disperazioni in seguito concretizzatesi. Le cifre fornite sono le più alte nell'ultimo decennio, con l'aggiunta di altri 198 suicidi sempre per ragioni economiche.
Ancora a proposito di suicidi, sono 66 (più 23 casi da accertare) quelli verificatisi, questa volta nel 2011, fra i detenuti ammassati nelle carceri italiane. L'età media è sotto i 40 anni (dati Associazioni Ristretti Orizzonti, A Buon Diritto e Antigone). Il sovraffollamento dei penitenziari italici, che varia dal 150% al 217% (a Castrovillari), è fra le cause maggiori di questa mattanza.
Passiamo ora, fra le tante crisi particolari che hanno caratterizzato il 2011, a quella del settore auto e ai livelli raggiunti ormai da allarme rosso. Il crollo delle vendite è a due cifre: -10,8%, e peggiore per il gruppo Fiat, con una sua flessione del 13,4% e una quota di mercato ai minimi storici. Un salto all'indietro di ben 15 anni e precisamente al 1996 (lo dichiara l'Unrae,preoccupata soprattutto per il forte calo degli acquisti da parte dei privati e delle famiglie).
Nei confronti del 2007 (questi i dati forniti) si è registrato un calo di ben 745.000 vetture in meno, tanto da far tremare i polsi del capitale. Cosa che, se non fosse per le tragiche conseguenze che immediatamente porterebbero alla disperazione e alla miseria migliaia di lavoratori, saluteremmo con una forte speranza sull'avvicinarsi della finale resa dei conti. A condizione, s'intende, che il proletariato - anziché condividere le preoccupazioni della Federauto, associazione dei concessionari d'auto, che se la prende con Iva, superbollo, accise sui carburanti, e pedaggi autostradali oltre che sui circa 2 miliardi in meno che incasserà lo Stato - si renda invece cosciente che non solo il “mercato degli autoveicoli” e in pericolo, ma che è ormai storicamente condannato questo intero modo di produrre e distribuire per il mercato e il profitto.
Che fare? Ecco l'intervento di un L. Guiso su il sole 24 ore lancia la soluzione per il presente e per il futuro: crescere è, per il capitalismo, un imperativo che se non viene rispettato lo conduce alla morte e, con la sua fine, morirebbe anche la borghesia e i suoi competenti pennivendoli.
Dunque, la via d'uscita sarebbe - per gli esperti in materia - molto semplice: “occorre aumentare il fatturato, il Pil, le esportazioni, gli investimenti di capitale”. Per il settore auto si tratterebbe addirittura di favorire - con un'opportuna politica - “nuovi insediamenti produttivi”: le auto tedesche e francesi che si acquistano in Italia vanno prodotte nel nostro paese! Se si devono licenziare operai, ebbene questi siano tedeschi o francesi. Insomma, almeno si abbia un poco di amor patrio e di sano nazionalismo, frastornando le menti dei “cittadini” con esortazioni ad aumentare la capacità di produzione delle imprese, favorendo il “dispiegamento delle energie imprenditoriali e della loro fantasia creativa”. Occorrono più “interazioni economiche e sociali”.
Si cominci quindi con alleggerire il peso occupazionale, per esempio di una Fiat che produce 600mila auto con oltre 20mila dipendenti mentre negli stabilimenti della FIAT in Polonia, con solo seimila lavoratori, si produce lo stesso numero di auto. Addirittura in Brasile, con 7mila dipendenti, si producono 700mila auto: è una vergogna, urlano i nostrani capitalisti i quali (con il loro seguito di “ammiratori” e stipendiati servitori) guardano con malcelata invidia alla casa automobilistica Audi (gruppo Volkswagen) la quale, producendo un milione di auto con circa 50.000 dipendenti, vanta un fatturato ben più alto della Fiat anche quando ne produceva 2 milioni (come nel 2009). Evviva la produttività (leggi: sfruttamento intensivo) della forza-lavoro!
“Investire, innovare, produrre” sempre di più e naturalmente con “maggiore valore aggiunto” e migliore competitività per lo sviluppo del Paese… E, nel caso in questione, mantenendo alto il mitico bisogno del trasporto privato che si basa su un irrazionale e ingombrante, nonché inquinante mezzo, un cumulo di quintali di ferro per spostare un corpo di 80 chili: senza questa assurda produzione (ma non è certo l'unica!) è assodato che il capitale entra in crisi e decine, centinaia di migliaia di proletari sono costretti alla disperazione, alla miseria e, in casi estremi, a qualche suicidio. Questo, signori, è il progresso che il capitalismo ci offre…
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Articolo: comunicarecome.it
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