Nubi oscure sull'orizzonte della borghese società

Le allarmanti dichiarazioni rilasciate al Parlamento Ue nella prima decade di ottobre 2011 dal presidente della Bce, Jean-Claude Trichet (il quale sta per concludere il suo incarico), sono significative:

La crisi è ora sistemica e va peggiorando… La situazione è molto grave… e noi siamo l'epicentro di una crisi mondiale... [soprattutto per quanto riguarda la] ricapitalizzazione delle banche e la crisi del debito sovrano… Sono aumentati i rischi di liquidità e di finanziamento delle banche che vanno ricapitalizzate.

Si noti, di passaggio, che lo stesso Trichet aveva appena annunciato - fine agosto - che la parte peggiore della crisi era passata, dimostrando così le sue alte competenze. Questo proprio mentre si accumulavano tensioni, alta volatilità, scarsa liquidità in un mercato bancario che il ritornello degli “esperti” considererebbe la causa di quella vera crisi che sta erodendo l'economia reale. Una crisi che ha ben altre fondamenta, come da anni al seguito delle analisi critiche di Marx andiamo ripetendo e dimostrando; una crisi che è ormai una spirale che si avvita su se stessa.

Nel frattempo la “pace sociale” traballa non solo in Europa ma in ogni parte del mondo, dove si diffondono disoccupazione, precarietà, bassi salari con attacchi, pubblici e privati, anche ai cosiddetti salari differiti (pensioni), tagli pesanti ai servizi sociali, alla sanità, alla scuola, eccetera.

Tornando agli allarmi lanciati da Trichet, essi hanno fatto seguito alle decisioni prese da Francia, Belgio e Lussemburgo per il salvataggio della Banca franco-belga, Dexia, trasformatasi in un vero e proprio hedge fund (fondo speculativo). Viene quindi avanti uno dei consueti piani di garanzie pubbliche per 90 milioni di euro, sostenuto da Parigi per il 36,5%. Ma in posizione “critica” si è affacciata anche la prima banca austriaca Erste Group, la quale - dopo aver incassato nel 2008 “consistenti” aiuti pubblici per 1,22 miliardi di euro - si appresta a chiudere il 2011 con una perdita tra 700 e 800 milioni di euro. Le sue azioni si stanno affossando e tutta la colpa viene addossata alle difficoltà che tormentano anche l'Europa dell'Est nonché alla crisi generale dei debiti sovrani. Ovunque la tanto attesa “crescita”, in definitiva da tutti invocata per la continuità dello “sviluppo” capitalistico (imbellettato con appelli alla solidarietà, all'etica e alla giustizia), registra dati ben peggiori delle già pessime previsioni che di mese in mese vengono riviste al ribasso.

In settembre, pure il direttore del Fondo Monetario Internazionale, G. Lagarde, aveva dichiarato: “Siamo entrati in una nuova fase pericolosa”. Davannti a lei i dati della conferma di un ciclo di crescita globale del capitalismo occidentale che si annuncia ben inferiore mediamente al 2%: per l'Eurozona e per gli Usa già un aumento dell'1% (che per il capitalismo è un'agonia!) sarebbe una vincita all'Enalotto! Il pericolo è quello ben peggiore di una semplice stagnazione, con le diverse situazioni che potrebbero sfuggire ad ogni tentativo di controllo, mostrando palesemente una vulnerabilità insanabile dell'intero sistema economico e un evidente rischio sistemico. Si vanno infatti concretizzando ricadute a catena dalla base strutturale dei processi produttivi al mondo della circolazione finanziaria.

In questo, anche la Cina, i cui ritmi di crescita pur ridimensionandosi sono ancora rilevanti, si presenta intrappolata - per necessità… capitalistiche - in una obbligata difesa del dollaro; ciò la costringe a muoversi in campo internazionale con cautela a causa dei complessi vincoli monetari esterni ed anche di una situazione interna che vede crescere qualche tensione sociale allarmante. Le caute offerte di “aiuto”, avanzate recentemente da Pechino all'Europa, erano quindi vincolate sempre a contropartite (riguardanti naturalmente i propri interessi commerciali e finanziari) che non sono state accettate.

Menzionando la Cina, non possiamo fare a meno di notare come anche per essa sia effettivamente in atto una decelerazione che si traduce in un forte aumento dell'inflazione (6,2% in agosto); dei costi di produzione, compresi quelli del lavoro a seguito di alcuni aumenti salariali, e una diminuzione dell'export. La competitività è ora alle prese con un aumento del 20% del costo reale del lavoro e con una rivalutazione dello yuan e il peso dell'inflazione. Ed è emerso il problema di un debito, quello delle amministrazioni locali, che sarebbe di circa 1240 miliardi di euro pari al 27% del Pil. Si sarebbe inoltre scoperta l'esistenza di un credito privato di circa 4mila miliardi di yuan (465 miliardi di euro) a seguito di prestiti concessi da operatori illegali ad aziende medie e piccole, consorzi, famiglie e singoli. Il tutto si riassume poi con una forte difficoltà che si registra nel finanziamento ai governi locali a cui fanno seguito alcuni fallimenti degli appositi strumenti di finanziamento. Le insolvenze nel settore sono in aumento, con imprese private costrette a chiudere la loro attività mentre la bolla immobiliare minaccia di esplodere dopo le numerose e diffuse costruzioni (sia in infrastrutture per gran parte abbandonate e in case senza acquirenti) poggianti su una leva debitoria altissima. La maggior parte dei crediti sono già inesigibili. Poiché anche per le imprese statali vi sono situazioni poco chiare, e nonostante i conti dello Stato figurino in attivo, la situazione complessiva non è del tutto tranquillizzante; va pure ricordato che la Cina è già stata costretta, verso la fine del 2008, a varare un “piano di stimolo” per 4mila miliardi di yuan (circa 586 miliardi di dollari). (Da Mondo economico e il Sole/24Ore)

Ritornando ancora entro i confini dell'Eurozona, che è diventata l'epicentro della crisi dei debiti sovrani, l'attenzione dei media ha trovato terreno favorevole per le loro elucubrazioni soprattutto riguardo alle condizioni di un sistema bancario i cui portafogli sono appesantiti da pacchi dei titoli di debito degli Stati più in difficoltà. E' calcolato in 496 miliardi di euro il deficit di liquidità delle 28 maggiori banche europee, quanto basta per temere contagiosi fallimenti. L'intera governance europea è piuttosto in difficoltà, tanto più che stando alle regole previste da Basilea 3, alle Banche viene imposto il mantenimento di adeguate quantità di capitale e di liquidità: i più importanti istituti dovrebbero effettuare capitalizzazioni per un totale di 695 miliardi di euro. Sono coinvolti in questa “operazione” quasi tutti gli Stati; anche in Germania, fra l'altro, preoccupa la situazione delle sette Banche regionali, complicata dalla loro attuale disaggregazione. Quanto agli Usa, da oltre Oceano arrivano forti proteste dalle maggiori Banche le quali sostengono che Basilea 3 favorirebbe con le sue nuove regole le Banche europee danneggiando quelle americane, più colpite data la loro bassa capitalizzazione.

Economisti e politici (più o meno tutti se la godono con i propri consistenti redditi e… stili di vita!) continuano a masturbarsi la scarsa materia grigia di cui dispongono per salvare il sistema con il suo codazzo di banchieri, faccendieri e imprenditori “onesti”… Tutti a gara lanciando astratte richieste di riforme strutturali che possano favorire “la competitività e la crescita potenziale”. Un obiettivo che in fondo alimenta anche i pochi pensieri dei movimenti che si presentano come antagonisti, quasi tutti in mal celate vesti democratico-istituzionali. Tempi duri, purtroppo, in attesa del risveglio da un lungo sonno… che, grazie alle ideologie borghesi e ai danni dello stalinismo, ha reso il proletariato succube degli indiscriminati e sempre più pesanti attacchi del capitale. Prepariamoci ad affrontare un ancor più drammatico contesto di “lacrime e sangue” per i proletari mentre, per i gestori del capitale e per le bande di… malavitosi che osannano il “dio profitto”, questi sono certamente momenti di rapina e di sciacallaggio. Anche se sotto i loro piedi il terreno non sembra esser più cosi fermo e solido come un tempo.

DC