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L'angolo della riflessione - Dalla rivista giovanile internazionalista “Amici di Spartaco” #24
Spesso quando argomentiamo il nostro programma (abolire lo stato di cose presenti!) capita che chi ci ascolta nutra dubbi sulla concretezza delle nostre parole, specialmente considerando la nostra miseria, i nostri numeri. Moltissimi ci dicono: avete ragione, però... come pensate di farcela! Oppure: certo! quando arriverà il tempo della rivoluzione vi raggiungerò...
Questo avviene quando noi proviamo a spiegare chi siamo.
Spesso risultiamo come dei visionari, degli utopisti, dei sognatori.
Eppure la cosa non deve scoraggiarci. Infatti sappiamo che le idee dominanti sono sempre le idee delle classi dominanti.
Capita, talvolta, anche a noi di cadere in un errore tipico di chi vuole cambiare lo stato di cose presenti. L’errore consiste nel credere che avanzeremo con la forza dimostrativa della scienza, con la chiarezza dei nostri discorsi, con una fervente battaglia culturale. Questa del resto è la convinzione di quasi tutti i rivoluzionari nella storia: del resto, sicuramente esporre bene le proprie posizioni e concetti è importante nel lavoro di costruzione dell’organizzazione, serve indubbiamente per avanzare verso il comunismo. E’ un aspetto importante e indispensabile, e non intendiamo in nessun modo trascurarlo. Tuttavia occorre fare attenzione a non cadere nella trappola del culturalismo (1).
Non è quello il terreno della nostra battaglia. Sarebbe da veri illusi credere di portare avanti il nostro programma provando a convincere o sensibilizzare la gente. Non siamo mica testimoni di Lenin! (2) Sappiamo che il processo di maturazione politica non avviene con il semplice scambio di informazioni, nozioni, idee. Avviene soprattutto confrontandosi con la lotta.
Molti, abbagliati da internet e dai nuovi strumenti che offre, cadono nell’idea che per far capire le cose alla gente serve prima di tutto che siano informati.
I giornali, e in generale i media, non fanno il proprio lavoro, oppure lo fanno a servizio dei padroni, su questo non ci piove (3). Non ci piace però la conclusione per cui la (dis)informazione diventa il principio di tutto.
Noi crediamo che, per quanto manca l’informazione, manca innanzitutto il desiderio di essere informati, la curiosità, l’interesse per certe questioni. Dicendo questo non vogliamo fare del qualunquismo: “tanto alla gente non importa niente, vogliono solo essere aggiornati sul calcio e il GF”. In realtà la nostra esperienza personale di militanti, ma soprattutto la storia della lotta di classe, ci ha insegnato che la “gente” si interessa e come delle cose dal momento in cui ne sente e riconosce il bisogno. In particolare, crediamo che questo bisogno oltre ad essere indotto dalla propria condizione famigliare e sociale possa sorgere in particolare dal momento in cui si affronta per la prima volta una lotta. Una lotta, per quanto poco duratura, vittoriosa o meno, politicizzata o meno, stimola l’intelligenza politica delle persone.
La prima cosa che conta è l’esperienza, e i problemi reali.
Infatti solo una minoranza agguerrita riesce a superare la scia di disillusione e scoraggiamento in seguito alle sconfitte: e quindi a criticare le esperienze passate. Troppi di quelli che hanno partecipato a lotte sterili, come quella dell’Onda (2008), ne sono rimasti travolti politicamente.
Infatti hanno ereditato dalla lotta le forme che l’hanno resa sterile, e le ripropongono in tutti gli anni.
Il punto è che la lotta va anche condotta bene, con i giusti organismi per l’indipendenza del proletariato dagli interessi padronali.
Noi siamo tra i pochi che hanno qualcosa di diverso da dire sul tema della lotta e sui annessi e connessi problemi inerenti alla difesa dei propri interessi di classe. Noi proponiamo un programma di ricomposizione di classe e delle chiare linee guida concrete per il proletariato giovanile (4).
Lì dove noi riscontriamo aridità politica, lì dove vediamo disinteresse, ignavia etc. vediamo anche disagio sociale, alienazione, rabbia repressa.
La crisi avanza e con essa le barbarie della società capitalistica.
Le contraddizioni si riversano sui proletari, che però sembrano affatto consapevoli e coscienti della propria condizione. Eppure il tutto non ci sorprende considerando che al momento le lotte vere stanno (quasi) a zero.
Il nostro ruolo in quanto giovani internazionalisti deve essere quindi prima di tutto il lavoro proprio dei proletari coscienti della necessità di lottare. Dobbiamo proporre lotte, agitazione e impostare queste lotte in modo che si sviluppino il più possibile oltre i particolarismi di categoria (vedi lo studentismo per esempio) verso la lotta di classe. Il nostro obbiettivo principale e proporre e incentivare la costruzione di organismi proletari per l’autorganizzazione delle lotte, territoriali ma soprattutto indipendenti dalle forze politiche istituzionali e dalle strutture sindacali (o parasindacali).
Solo con la lotta attraverso questi organismi nascerà il bisogno vero di “saperne di più”. Solo dalle contraddizioni della lotta può nascere l’esigenza del superamento di questo sistema. Solo in un ambiente come quello descritto i proletari hanno interesse per i nostri discorsi rivoluzionari.
Questo non implica che noi dobbiamo opportunisticamente presentarci dinanzi agli altri gruppi politici, o strutture come un gruppo di proletari per la lotta: noi siamo pur sempre una organizzazione giovanile internazionalista, con una piattaforma politica chiara e irriducibile.
Quanto detto non è nemmeno una proposta di intergruppo o fusione arrangiata intorno ad un elenco di grandi parole senza nessuna progettualità e metodo condiviso. Vogliamo solo aggiungere che il nostro campo di battaglia è la lotta reale, non l’evangelizzazione.
Va detto che gli stessi futuri quadri del Partito Rivoluzionario avranno come unica palestra la lotta, e l’esercizio della lotta. L’interesse per le questioni teoriche e per l’approfondimento che concerne il rivoluzionario nasce dai problemi pratici e deve rispondere a problemi pratici: perché non esiste teoria rivoluzionaria che non serva la prassi rivoluzionaria.
La Luxemburg diceva “il principio è l’azione” (5).
MA (Roma)(1) Si legga in merito al concetto di “culturalismo” la rubrica Non Sole Parole, uscita in Amici di Spartaco #17.
(2) Si allude al metodo di approccio dei cosiddetti “Circoli Operai e Comitati Leninisti Studenteschi”: Lotta Comunista.
(3) Si legga l’articolo intitolato “Dominio della menzogna” in Amici di Spartaco #12.
(4) Si legga nel nostro quaderno di rappresentazione il capitolo “come agiscono i giovani internazionalisti?”.
(5) Citiamo il “Discorso sul Programma” (1919) e la polemica con Kautsky rispetto alla cosiddetta “educazione socialista delle masse proletarie”.
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