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Home ›La crisi avanza, i manganelli si agitano
Hanno colpito senza pietà i senza casa, prima, e i senza lavoro, poi. Eppure, uniti, saremmo noi sfruttati a far tremare padroni, politicanti e scagnozzi del potere!
È ormai evidente a tutti che gli eventi stanno prendendo la piega della deriva autoritaria. Riconoscerlo non vuol dire prendere posizione a favore di uno dei due fronti parlamentari, semplicemente guardare in faccia la realtà.
Svegliarsi e reagire contro il regime berlusconiano, deve voler dire reagire contro il capitale e a maggior ragione proprio perché quest'opposizione è tanto più screditata quanto più anonima, la via da seguire deve essere di classe e anticapitalista. Si deve una volta per tutte capire che l'alternativa al berlusconismo è rivoluzionaria, non le quattro chiacchiere legalitarie di chi non ha da tempo più niente da dire se non aggrapparsi (inevitabilmente, questo sì) a questioni morali. Avvenimenti recenti: quando si trovano 18 milioni di euro per rimpinguare le casse di associazioni neofasciste per assorbirle interamente nella vasta realtà dell'associazionismo e delle onlus, mentre chi da terremotato protesta perché “vive in baracca”, detta alla Rino Gaetano, e si becca le manganellate, vuol dire che si è superato il limite della decenza (ammesso che di decenza si possa parlare per la borghesia). Anzi, questo era già stato abbondantemente oltrepassato con la richiesta del governo ai terremotati (ma solo ai dipendenti, ai cassaintegrati, ai pensionati, non ai professionisti e ai padroni di piccola-medio taglia) di pagare d'ora in poi le tasse e di rimborsare quelle non pagate dal sisma a oggi.
Intanto sono ancora migliaia coloro che vivono nelle “new towns” intorno alla città, veri e propri agglomerati di cemento che lacerano il preesistente tessuto sociale. Nei villaggi limitrofi invece è stato adottato il criterio dei MAP. Queste piccole casette smontabili hanno fatto e fanno tuttora infuriare gli aquilani a causa della speculazione da cui traggono origine, in quanto, per tirale su, bastava spendere la metà, utilizzando l'altra metà per ricostruire il centro storico, che ancora conferisce all'Aquila l'aspetto di città fantasma del dopo sisma.
Non basta. Per non perdere del tutto la faccia, visto l'alto rischio di autosputtanamento (non puoi prendere a manganellate dei terremotati ed uscirne pulito!) si tira ovviamente fuori il jolly dell'infiltrazione: gli aquilani erano infatti manovrati da frangi eversive! A parte il fatto che tra gli organizzatori della manifestazione c'era pure la Confindustria aquilana, a parte che c'erano diversi esponenti del PD - pronti come sempre a fare i pompieri - e dell'IDV, è probabile che qualche compagno dell'area “antagonista” fosse presente; del resto, se migliaia di persone sono costrette dopo un anno dal terremoto a vivere nelle baracche nonostante le promesse sbandierate all'epoca da un governo che a simbolo del suo efficientismo ergeva un certo Bertolaso, il compito dei comunisti o di chi, in ogni caso, si oppone a questo sistema sociale, è essere presenti per denunciare. Ma non ci sembra che da parte dei manifestanti siano piovute provocazioni, o siano state innalzate barricate. Così come non ci sembra che ci fossero terribili black blok tra gli operai milanesi della Mangiarotti Nuclear, che rischiano il posto causa delocalizzazione, cinque dei quali si sono ritrovati con le ossa rotte, anche stavolta a causa dello "zelo" dei tutori dell'ordine (borghese). Semplicemente, terremotati aquilani e operai milanesi hanno voluto fare sentire la loro voce: una voce che purtroppo è ancora troppo timida, che non grida alla rivolta, all'affossamento di questa pattumiera di società.
Ma per beccarle come si deve dalla borghesia e dai suoi servi in divisa, non è necessario essere dei sovversivi: basta reclamare semplicemente dignità, addirittura dentro la stessa cornice ipocrita della legalità borghese. Figuriamoci, la stragrande maggioranza delle manifestazioni operaie sono ancora sotto il cappello sindacale, di un sindacato che per restare interlocutore dei padroni si guarda bene dal fare scivolare le rivendicazioni sul terreno dello scontro sociale, dell'aperta lotta di classe. Eppure non è la prima volta che si colpisce l'iniziativa proletaria: si badi bene, non ceto politico, non frange organizzate, ma sfruttati, il più delle volte padri di famiglia. Le botte agli operai fanno parte della più classica tradizione borghese e se finora se ne sono viste poche è perché il livello generale della lotta di classe è basso. Con le botte ai terremotati aquilani però, si è arrivati oltre, si è arrivati a un livello più che di ferocia, di meschinità, che fa adirare, ma tuttavia non stupisce.
È il ghigno vigliacco di chi non guarda in faccia a nessuno, di chi ti dice "Non mi fai pena, puoi essere anche un terremotato o essere alla fame, ma se rompi troppo i coglioni ce n'è anche per te!". È lo steso ghigno di chi, con le scosse ancora in corso, sghignazzava pensando agli affari d'oro della ricostruzione.
Di indignazione in giro ce n'è tanta, anzi, se chiedi in giro non trovi uno che abbia votato PdL nemmeno a pagarlo oro: ma affinché questo sdegno si trasformi in rabbia proletaria bisogna guardare non solo oltre questo governo, ma oltre questa società, con i suoi regimi politici e le sue false opposizioni. Che tratta come sudditi da bastonare tutti coloro che alzano la voce un tono in più del limite che le loro orecchie possono sopportare, cioè oltre lo zero.
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