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Home ›Sottomissione o lotta di classe?
Volantino per la manifestazione del 17-10-2008 a Roma, indetta dai sindacati di base
L’attacco è frontale, a 360 gradi, di vecchia data, certo, ma oggi più feroce, pari alla gravità della crisi che imperversa.
La crisi non è soltanto creditizia e finanziaria, sta già avendo ripercussioni sull'economia reale, dunque sulle condizioni di lavoro e di vita della forza lavoro, negli Usa e nel resto del mondo. Negli USA La General Motors è sull'orlo del fallimento, poco meglio sta l'altro colosso americano la General Eletrics. Milioni di pensionati sono sul lastrico e sono in vista centinaia di migliaia di licenziamenti in tutti i settori produttivi.
In Italia, dove la cassa integrazione è in aumento, la Marcegaglia ha messo i paletti: meno salari, più produttività, nessun ripristino della scala mobile e guai a toccare la precarietà, anzi, è il pilastro su cui si deve edificare l'uscita dalla crisi. In breve, siamo in presenza di una tremenda crisi del capitalismo, che avrà ricadute anche sulla ricomposizione imperialistica con il suo fardello di devastazioni belliche e barbarie sociali. Per non dire del processo di distruzione ambientale, che proseguirà imperterrito alla faccia dei ridicoli impegni ecologisti dei governi.
- Smantellamento del Contratto Nazionale
- Precarizzazione diffusa, senza nemmeno più la prospettiva della stabilizzazione; ogni contratto non rinnovato è un licenziamento mascherato
- Delocalizzazioni
- Tagli puri semplici (decine e decine di migliaia nei prossimi 5 anni nel solo pubblico impiego)
- Licenziamenti, maggiori carichi di lavoro, mutui e affitti più cari, “moderazione” salariale cioè perdita di potere d’acquisto
- Barbarie razzista diffusa scientificamente
- Strage quotidiana di lavoratori ad opera del serial killer chiamato capitale
In poche parole, ancora più sfruttamento, incertezza del futuro, povertà: questo lo scenario che ci riserva e ancor più ci riserverà la borghesia.
Abolire la Legge 30, il Pacchetto Treu, il Protocollo sul Welfare (cose passate col consenso dei sindacati di regime), i Cpt, tutelare gli immigrati, ridistribuire reddito ecc.? D'accordo, ma come è possibile se noi lavoratori non abbiamo il potere politico? Se possiamo solo venderci, in quanto merci, sul mercato mondiale dove la metà della popolazione sopravvive con meno di 2 dollari al giorno? Gli Stati che salvano le banche, gettano sul lastrico i proletari e mandano l’esercito a presidiare le città. Mostrano così la loro vera natura. Anche se ce lo eravamo scordati, perché ci ubriacano di continuo con scemenze propagandistiche, la realtà ci ricorda che...
Noi lavoratori abbiamo interessi opposti ed inconcialibili a quelli del capitale: sacrifici per noi, profitti per loro.
Non siamo sulla stessa barca e, se ci fossimo, dovremmo buttarli a mare!!
La risposta sta quindi nell’organizzarsi come classe in lotta per la propria sopravvivenza contro tutte le compatibilità aziendali, economiche e nazionali, mettendo così allo stesso tempo in discussione l’attuale modo di produrre. Organizzare cioè assemblee nei luoghi di lavoro e nel territorio con potere sovrano di decisione su forme e contenuti di lotta realmente anticapitalistici, con propri delegati revocabili (i lavoratori della scuola stanno muovendo primi timidi, confusi passi in questa direzione) che pongano richieste tanto semplici quanto necessarie: stabilizzazione dei precari, aumenti salariali adeguati al carovita, tutela di vita e salute sul posto di lavoro, anti-razzismo ecc. Ma proprio perché incompatibili col capitalismo odierno, oggi più che mai queste richieste non possono essere sostenute da lotte e scioperi - magari proclamati tre mesi prima... - fatti nel rispetto delle fascistoidi leggi vigenti e dei sindacati che le accettano per essere legittimati dal padrone. A lui la legge consente di fatto di fare tutto ciò che vuole, mentre a noi impedisce ogni tipo di difesa efficace (sarà un caso?...).
La lotta contro gli attacchi piccoli e grandi è un passo doveroso e necessario, ma non sufficiente, se non si dà fiato e gambe al partito di classe, internazionalista e rivoluzionario, quale unica espressione coerente del rifiuto e del superamento di questa disumana società dominata dal capitale: o questo o la barbarie!
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