Non abbiamo governi amici - Lotta di classe internazionalista

Volantino per la manifestazione del 20 ottobre 2007 a Roma

Un proprio ministero del Lavoro! Ma i ministeri delle Finanze, del Commercio, dei Lavori pubblici, non sono forse i ministeri borghesi del Lavoro? Accanto ad essi un ministero proletario del Lavoro non poteva non essere che un ministero dell'impotenza, un ministero dei pii desideri...

Karl Marx, Le lotte di classe in Francia

Esistono governi amici? Indubbiamente, ma la questione è: amici di chi?

Da che mondo è mondo (borghese), i governi non sono e non possono essere altro che “il comitato d'affari della borghesia” ossia l'organismo che difende, amministra, sviluppa gli interessi della classe dominante. Questa, in sintesi, è la sostanza della questione, al di là delle differenze tra l'una e l'altra compagine governativa.

Il governo Prodi non fa eccezione alla regola, anzi, ne conferma un'altra: come cinicamente diceva Gianni Agnelli, ci vogliono governi di sinistra per far digerire al proletariato i rospi più indigesti senza agitare troppo le piazze; per una volta, il vecchio padrone FIAT concordava - senza volerlo, crediamo - con Marx.

Non c'è promessa elettorale che non sia stata elusa, delusa, tradita. Milioni di proletari hanno votato questa coalizione per porre almeno un freno alla precarietà, per fermare l'allungamento dell'età pensionabile, la devastazione ambientale, le missioni imperialistiche (dette di pace!), lo spudorato travaso di ricchezza dalle tasche proletarie - e dei ceti bassi in genere - a quelle dei ricchi e super-ricchi. E invece... invece le cose sono continuate come prima, anzi, per certi aspetti, peggio di prima. Ai padroni, ai ricchi - Chiesa compresa, naturalmente - regali di ogni sorta, ai proletari qualche manciata di euro accompagnata da tremende mazzate, che possono essere riassunte nell'accordo sul cosiddetto welfare del 23 luglio.

Tra parentesi, nemmeno una borghesissima legge sui diritti civili (per es., i Pacs) è andata in porto, per non disturbare i famelici interessi di una Chiesa sempre più invadente.

D'altra parte, non c'è nessun motivo di stupore: tutti i partiti del centro-sinistra possono vantare da sempre (seppure in varia misura e con ruoli diversi) uno stato di servizio perfettamente coerente coi bisogni del capitale. Gli stessi partiti della sinistra “radicale” non avevano forse già appoggiato la riforma Treu del 1997 - che introdusse sistematicamente la precarietà - le spedizioni imperialistiche, le porcherie ai danni del proletariato migrante, ecc., ecc.?

Naturalmente, tutto questo non sarebbe potuto passare così liscio senza il fondamentale appoggio di CGIL-CISL-UIL, il cui ultimo “capolavoro” anti-operaio (in senso generale) è il referendum-farsa sull'accordo del 23 luglio.

Dunque, partiti di destra, centro, sinistra (?!), sindacati tutti insieme appassionatamente per soccorrere un capitalismo che, colpito da saggi di profitto da decenni sempre meno soddisfacenti, deve aumentare lo sfruttamento della forza-lavoro. Intensificazione dello sfruttamento, aumento abnorme della speculazione finanziaria per rastrellare i risparmi dei piccoli risparmiatori e il salario differito-indiretto (le pensioni, lo “stato sociale”) dei lavoratori, saccheggio e devastazione delle risorse naturali, guerra: questo è il copione imposto dal capitalismo in crisi, ieri come oggi!

Allora, se milioni di proletari vogliono davvero imprimere una svolta alla loro condizione di classe, devono prima di tutto abbandonare le illusioni in un governo amico, sì, ma solo della borghesia. Il secondo passo - ma non in ordine d'importanza - è il rilancio della lotta di classe, aperta, di massa, fuori e contro il sindacato, se necessario.

Ma tutto questo non basta, se manca il partito coerentemente anticapitalistico che sappia coordinare e dirigere politicamente le molteplici spinte provenienti dalla classe, in vista di una società diversa e migliore. Società che, è bene specificarlo, non ha niente a che vedere con le aberranti esperienze del cosiddetto socialismo reale, variante in salsa statale del capitalismo.

Per questo noi, comunisti internazionalisti, lavoriamo.