Val di Susa: un treno chiamato capitale

Volantino per la manifestazione no-TAV

Il 16 novembre scorso l’intera Val di Susa si è fermata: l’adesione allo sciopero generale indetto contro la realizzazione del nuovo tracciato ferroviario TAV è stata massiccia. Un grande corteo di 70-80.000 persone ha così espresso il forte dissenso di tutta la comunità valligiana nei confronti di un’opera giudicata inutile per la società, devastante per l’ambiente e molto pericolosa per la salute, vista la presenza di uranio e amianto nel sottosuolo. Di nuovo, l’8 dicembre, un altro grande corteo ha ripreso i terreni sgomberati dalle violente cariche delle forze dell’ordine borghese.

La situazione in Val di Susa è emblematica sotto vari aspetti. Innanzitutto dimostra che la mobilitazione sociale di massa è possibile anche quando i principali referenti politici e sindacali non si muovono e, anzi, si trovano dall’altra parte della barricata. Se infatti è vero che c’è stata l’adesione di tutti i sindaci valligiani, è anche vero che solo la FIOM e i partiti minori dell’opposizione si sono schierati col fronte anti-TAV (partiti che però, quando erano loro al governo, l’avevano sostenuta...), mentre la Cgil è rimasta - come sempre - fedele ai DS e non ha preso parte né allo sciopero né alla contestazione.

È una protesta che si pone schiettamente sul terreno interclassista, che dimostra però come lo scollamento fra società civile e mondo politico borghese alla prova dei fatti, ossia degli interessi concreti, sia lampante e irreversibile. Ma la situazione è emblematica anche perché dimostra che gli interessi del capitale, in questo caso la rapida circolazione delle merci e gli affari miliardari legati agli appalti della grande opera, passano come un rullo compressore su tutto e tutti, indipendentemente dalle proteste, anche unitarie, della cittadinanza.

Ma la cocciutaggine dei montanari è proverbiale, e così, nonostante la militarizzazione della valle e gli interessati appelli di Ciampi, nonostante le forti pressioni per dividere e spegnere così il fronte di lotta, la resistenza anti-TAV continua. L’importante è riuscire a essere più cocciuti del capitale, questo treno impazzito che, fino a quando la lotta di classe non intreccerà i binari su cui viaggia, continuerà ad accelerare sulla via del disastro...

Ancora una volta, la borghesia e il suo stato hanno gettato la maschera dimostrando che il sistema del profitto è più che disposto a schiacciare con la forza chiunque osi ostacolarlo.

Ancora una volta, la generosa determinazione dei valligiani ci dimostra che qualsiasi movimento della società civile è destinato ad essere riassorbito dal sistema o a naufragare sugli scogli dell’impotenza, se non si innesta sulla lotta di classe proletaria.

Ancora una volta, emerge con drammaticità la debolezza delle sparute forze anticapitaliste, cioè del partito rivoluzionario. I compagni singoli e sparsi, che pure esistono, dovrebbero trovare un motivo in più per rimboccarsi le maniche e dare il proprio attivo contributo allo sviluppo dell’organizzazione di classe.

L’inarrestabilità della crisi capitalista, il conseguente deterioramento delle condizioni di vita dei proletari e il sempre più ricorrente uso del manganello quale risposta al profondo malessere sociale, dovrebbero essere motivi più che sufficienti per superare esitazioni e incertezze. Bisogna allargare le lotte agli altri settori del proletariato e dissolvere le ingenue illusioni sulla “democrazia” borghese, anticamera sicura delle mattanze e della sconfitta.

Da Torino alla Val di Susa, dal Piemonte al mondo intero
La parola d'ordine è lotta di classe e partito rivoluzionario!