Per l'autorganizzazione delle lotte - Contro le compatibilità capitalistiche

Volantino per lo sciopero generale del 25 novembre contro la finanziaria

Di finanziaria in finanziaria il rituale si ripete sempre uguale. Prima il governo mette in atto i tagli alla spesa sociale, che si aggiungono al generale peggioramento delle condizioni di vita del proletariato, poi i sindacati chiamano allo sciopero contro i governanti di turno, preferibilmente se di centrodestra.

Questi scioperetti sempre più blandi, frantumati e innocui, non spaventano proprio nessuno. Né l’esecutivo, che conosce troppo bene la natura strumentale delle manovre di CGIL CISL UIL, le quali si inquadrano totalmente nei giochi di potere delle forze borghesi parlamentari. Né il padronato, che dopo le passeggiate (ma che costano sacrifici) sa che tutto si conclude al tavolo della concertazione, dove i compromessi, guarda caso, portano a compimento come sempre le stangate a danno dei lavoratori.

Se le cose stanno così, che fare? Bisogna rassegnarsi e subire passivamente? Oppure è necessario reagire e darsi degli obiettivi che rompano con l’apatia in cui ci hanno fatto precipitare quelle forze politiche e sindacali che solo a parole dicono di stare dalla nostra parte? Il punto è che lo sciopero resta l’arma principale di resistenza e di attacco dei lavoratori, ma deve essere sciopero vero, strumento di lotta concreto per rispondere agli attacchi del capitale. Quindi è necessario che i lavoratori si organizzino da soli, attraverso i propri organismi di autodifesa dal basso sui posti di lavoro, attraverso assemblee che decidano autonomamente le iniziative da portare avanti e che eleggano i propri delegati revocabili in qualsiasi momento.

Non dobbiamo farci illusioni, il capitalismo in crisi non è più in grado di restituire quanto ci ha tolto, per sopravvivere deve continuamente aggredire i proletari licenziando, diminuendo i salari e aumentando lo sfruttamento, precarizzando il rapporto di lavoro, riducendo i servizi, ecc. Non ci devono più ingannare le false promesse dei partiti di “sinistra” e dei sindacati che da oltre vent’anni predicano sacrifici per i lavoratori dipendenti in nome dell’interesse nazionale che, da una parte ha permesso ai capitalisti di recuperare redditività e profitti, dall’altra ha immiserito chi la ricchezza la produce davvero con il proprio sudore, e che a stento riesce oggi ad arrivare a fine mese.

Altresì bisogna diffidare della abbondanza di sindacati e sindacatini di base, in quanto portatori della stessa logica sindacale dei fratelli maggiori, che apparentemente urlano di più ed esprimono una maggiore radicalizzazione rivendicativa, ma che puntualmente, se e quando finiscono al tavolo delle trattative, abbassano la cresta secondo la logica del solito vecchio e controrivoluzionario riformismo.

È sempre più urgente che i lavoratori si organizzino da soli a difesa dei propri interessi, non soltanto perché tutti i partiti parlamentari e i sindacati di varia natura stanno dall’altra parte della barricata, o quanto meno sono inadeguati allo scopo, ma anche perché nella società è necessario che si affermi un punto di riferimento forte e visibile capace di coagulare sul piano politico e di lotta tutte le spinte potenzialmente anticapitaliste che emergono anche dai settori di classe più emarginati, come i disoccupati o semi occupati, e dal vasto settore di proletariato giovanile che vede frustrata qualsiasi aspettativa futura.

La classe proletaria deve prendere coscienza della assoluta inconciliabilità dei propri interessi con quelli della borghesia, con le compatibilità capitalistiche. A questa organizzazione sociale che ci viene imposta, basata sullo sfruttamento e che produce miseria e guerre, i proletari tutti - occupati, precari e disoccupati - deve contrapporre la propria unità di classe, che sappia esprimere dalle lotte e dall’esperienza il proprio partito rivoluzionario internazionale per ridare corpo e sostanza ad una prospettiva realmente comunista.

PCInt