Coordinamento nazionale degli operatori sociali

Volantino - Contro la precarietà delle politiche sociali rilanciamo la lotta di classe proletaria, auto-organizziamoci!

Dagli anni '90 assistiamo alla disgregazione/privatizzazione del welfare. Le politiche di intervento socio-assistenziale sono state via via demandate a regioni e comuni i quali, a loro volta, appaltano i servizi a cooperative ed associazioni che danno vita al variopinto e precario terzo settore.

Sempre negli anni, '90 molti ambienti del radical-riformismo non capirono cosa stava accadendo ed acclamarono questo nuovo settore, ritenuto estraneo alle logiche di mercato, come una sorta di nuova economia liberata e non soggetta alle ferree leggi del profitto. Il terzo settore avrebbe dovuto espandersi opponendo il no-profit alle leggi del capitale. Illusioni create da chi non è stato (e non è) in grado di leggere le dinamiche socio-economiche con l'occhio della critica materialista.

Nato dal volontariato, il terzo settore è andato progressivamente ad occupare quelle posizioni dalle quali lo stato andava disimpegnandosi. Il terzo settore nasce dalle esigenze di risparmio dello stato centrale. Lo stato, per far fronte alla crisi strutturale, ha finanziato per decenni ammortizzatori sociali straordinari, come la cassa integrazione, finanziando al contempo le ristrutturazioni aziendali. L'obiettivo era rendere "l'azienda Italia" competitiva sui mercati internazionali dove la concorrenza - per effetto della crisi - era ed è sempre più feroce, indebitandosi per questo nobile scopo oltre ogni ragionevole cifra.

Dai conti in rosso dettati da questa situazione nasce l'esigenza di tagliare in tutti quei settori nei quali lo stato è impegnato ma nei quali non si produce profitto (unica linfa vitale del sistema) come pensioni, scuola, sanità, assistenza alla persona... Così si avvia l'opera di risparmio appaltando e sub-appaltando la gestione dei servizi socio-assistenziali al privato sociale, che ha il vantaggio di poter gestire la forza lavoro a costi minimi, al massimo della flessibilità e senza l'impegno diretto dello stato.

Per inciso: essendo lo stato sociale un salario indiretto/differito pagato tramite le trattenute in busta, di cui poi il lavoratore usufruisce sotto forma di servizi (una volta) gratuiti, il suo taglio è un vero e proprio taglio ai salari.

Nella finanziaria 2005 i fondi destinati alla 328, legge quadro sul sistema degli interventi e dei servizi sociali, sono stati ridotti di quasi il 50%. Per gli operatori sociali - gli operai del settore - è una realtà drammatica scandita da precarietà, ritardi dei pagamenti, tagli ai servizi, repressione del dissenso. È chiaro che rivendicare una seria pianificazione e programmazione delle politiche sociali, in queste condizioni, è giusto ma utopico.

Opporsi alle attuali politiche sociali significa rifiutare un sistema che, mentre crea emarginazione sociale da un lato, dall'altro taglia i fondi finalizzati al recupero dell'emarginazione sociale stessa.

LA CRISI LA PAGHINO I PADRONI!

Il potere borghese ha una sola esigenza: aumentare i profitti ed abbassare il costo del lavoro; per fare questo si serve di leggi, polizia, politicanti, sindacalisti, tavoli tecnici e "democrazie partecipative" nel nome osceno di un fantomatico interesse comune, nascondendo una realtà fatta di classi sociali con interessi contrapposti.

L'imperativo per tutti i proletari, nella attuale fase di crisi strutturale e di attacco violento al costo ed alle condizioni del lavoro, è difendersi dalla svalutazione dei nostri salari, contrastare la precarietà montante, opporsi al taglio dello stato sociale.

Auto-organizziamoci a partire dai luoghi di lavoro, difendiamo i nostri comuni interessi di operatori sociali e di sfruttati appartenenti alla classe lavoratrice, al mondo del lavoro dipendente.

Il moderno proletariato - tutti coloro che vendono la propria forza-lavoro in cambio di un salario - sarà in grado di rappresentare un'alternativa alla montante barbarie del capitalismo, solo se saprà ritrovare la coscienza di essere una classe autonoma, la forza di rilanciare la lotta di classe proletaria, la capacità di dotarsi del suo partito rivoluzionario internazionale, formato dai lavoratori più coscienti della necessità di voltare una volta e per tutte la pagina della storia.

Per questi obiettivi lavorano gli internazionalisti.

Partito comunista internazionalista - Sezione italiana del Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario