Se si muove la classe contro la guerra...

Volantino sul blocco di treni e porti

È iniziato come movimento delle indistinte soggettività disobbedienti o antagoniste che tentavano di frenare i trasporti, e culmina con il coinvolgimento dei lavoratori, che danno la propria disponibilità a boicottare l'imbarco delle armi e delle attrezzature di guerra. È un fenomeno nuovo - e lo salutiamo come tale - che segnala un primo manifestarsi della classe, per quanto ancora tutto interno alle logiche democratico-borghesi, ma che minaccia di superarle nel processo stesso della sua eventuale crescita.

È la CGIL che chiama i lavoratori a questa forma di lotta, nel tentativo di rifarsi una verginità politica sul tema della pace, dopo aver appoggiato la guerra della NATO nel '99, dopo aver cooperato con le altre centrali confederali al poderoso attacco al salario e alle condizioni di lavoro, condotto dalla borghesia negli ultimi 15 anni. Oggi strumentalizza questa lotta per fini riguardanti lo scontro politico, sia interno al centrosinistra e sia contro il centrodestra, senza alcun riferimento alla natura imperialistica e sostanzialmente antiproletaria della guerra. E su questo terreno si muovono in accordo sia ampi settori della Chiesa e della sinistra istituzionale (Rifondazione, Verdi, la sinistra DS) e sia il cosiddetto movimento no-global, in gran parte vero e proprio braccio movimentista di questa "sinistra".

Ma resta il fatto che quando i lavoratori, la classe operaia come tale si muove, quello è il momento in cui la borghesia e il suo ceto politico iniziano a nutrire i primi seri timori.

La guerra non è più combattuta dalle masse proletarie in divisa: ci sono i professionisti per l'attività militare e la popolazione civile è solo chiamata a pagare con i massacri sotto le bombe e a lavorare per alimentare chi maneggia le armi. Per certi aspetti, alla guerra non serve più, come ancora serviva nella seconda guerra mondiale lo schieramento sui fronti della classe operaia: basta che essa stia a casa, nelle fabbriche e negli uffici a lavorare per la guerra. Il problema si pone quando quella stessa classe inizia a rifiutare di lavorare per la guerra, e diventa subito un serio ostacolo allo sviluppo della guerra stessa. Questo - non le manifestazioni per quanto ampie dei cittadini pacifisti, né tantomeno le veglie di preghiera predicate dal Papa - è un freno alla guerra; questo può fermare la guerra.

Gli Usa attaccano l'Iraq per ragioni esclusivamente imperialistiche: assicurarsi quella rendita finanziaria parassitaria di cui godono da decenni grazie al monopolio del dollaro, fondato in particolare sul controllo del petrolio; impedire un radicamento europeo e in particolare dell'Euro sulle zone petrolifere mediorientali e caspiche; predisporre una presenza militare e politica in zone di strategica importanza, nella prospettiva del più impegnativo scontro con l'Europa. L'Europa - o meglio quell'asse franco-tedesco che già da ora tenta di costruirla - cerca di contrastare a sua volta i piani militari americani in gran parte dispiegati contro di essa e il suo Euro, giocando per ora la carta del pacifismo e così tendendo una trappola ideologica in cui già sono caduti in tanti.

Quel che si profila - foscamente per le prospettive di emancipazione del proletariato - è un nuovo nazionalismo... sopranazionale, europeo, già sottinteso in molte dichiarazioni di presunti disobbedienti. Lo stesso riferimento a una Europa dei diritti umani e dei valori sociali, contrapposta all'individualismo esasperato americano, misto a una perversa forma di arrogante autoritarismo, è il presupposto di un futuro allineamento con le ragioni della borghesia europea nel suo scontro finale con quella americana.

D'altra parte la partita è già iniziata. Se, alla caduta del fronte russo dell'89, non era chiaro come si sarebbero rimescolate le carte verso i nuovi schieramenti imperialistici, ora è evidente che gli Usa dovranno scontrarsi con una parte consistente d'Europa, o con tutta l'attuale area dell'Euro, probabilmente alleata con la Russia. Restano ancora in gioco altri importantissimi soggetti - Cina e Giappone - ma gli eventi in preparazione daranno una spinta anche al loro preciso schieramento.

E gli eventi precipitano con il precipitare della crisi del ciclo di accumulazione che ormai attanaglia il capitalismo da un quarto di secolo. Si fa sempre più urgente il riemergere della classe proletaria quale unico soggetto davvero antagonistico alla borghesia e al suo marcio sistema, e unica forza capace di evitare la soluzione capitalistica della crisi, che da sempre è la guerra.

Da episodi quali quelli che salutiamo e che la borghesia teme, può avviarsi un processo magari lento e contorto, ma che porta al ripresentarsi sulla scena del proletariato e con esso dello spettro del comunismo.

Partito Comunista Internazionalista - Battaglia comunista