La guerra imperialista non viene fermata se non si abbatte il capitalismo

Per le manifestazioni contro la querra in Iraq

Gli USA sono sul punto di scatenare nuovamente morte e distruzione sulla popolazione irakena. Ancora una volta è lui, Saddam Hussein, il nemico numero uno della democrazia e della pace. In realtà, Saddam Hussein è stato utile quando macellava in proprio e per conto dell'imperialismo occidentale e sovietico migliaia di proletari irakeni e iraniani; torna utile ora (come nel 1991) per coprire ipocritamente le vere ragioni del conflitto. Solo chi è poco informato o in malafede può credere alle ridicole menzogne della propaganda guerrafondaia, secondo cui l'Irak disporrebbe di armi di distruzione di massa: dodici anni di embargo e bombardamenti hanno stremato la popolazione e ricacciato indietro la società di decenni.

No, come nel 1991, in Kossovo e in Afghanistan, la posta in gioco è quella del controllo del petrolio e della rendita finanziaria ad esso collegata; in breve, la continuità della supremazia mondiale dell'imperialismo americano nei confronti degli imperialismi rivali: Unione Europea, Russia, Cina, Giappone. Infatti, queste potenze mostrano insofferenza - se non aperta opposizione - verso questo stato di cose che le costringe ad acquistare petrolio in dollari e a versare così agli USA una vera e propria tangente sotto forma di rendita finanziaria; per questo, stanno operando per far nascere un mercato del petrolio alternativo a quello in dollari, a cominciare dal petrolio di Irak e Iran, non a caso entrambi ghettizzati dagli embarghi statunitensi.

L'inasprimento delle rivalità imperialistiche è figlio di quella crisi capitalistica che, mentre accende e moltiplica i focolai di guerra, intensifica l'attacco, a scala mondiale, alle condizioni di esistenza del proletariato: disoccupazione, precarietà, sottosalario, rapina dello "stato sociale". In una parola, supersfruttamento per rianimare saggi del profitto in calo e alimentare la crescente speculazione finanziaria.

Aumento dello sfruttamento e guerra imperialista: le vie obbligate sempre percorse dal capitalismo per cercare di uscire dalla crisi. E, mai come nei periodi di crisi, il riformismo mostra la sua impotenza a risolvere i grandi problemi dell'umanità sfruttata e oppressa, di un mondo condotto alla distruzione.

Geneticamente incapace di capire i meccanismi del capitale, il riformismo si illude e illude su un'impossibile esistenza di un capitalismo dal volto umano (commercio equo e solidale, reddito di cittadinanza, ecc.); si inganna e inganna sulla reale natura dello Stato e della democrazia borghesi, su una possibile (nei sogni) Europa più democratica e pacifica degli USA; un riformismo, infine, che pensa di recuperare e di integrare (quando invece è il contrario) alla sua strategia quegli stessi sindacati che - a livello europeo e mondiale - hanno accettato e imposto al mondo del lavoro salariato quell'attacco comunemente chiamato neoliberismo e appoggiato la guerra della NATO in Jugoslavia.

Dunque, non l'ONU, non la società civile, non un diverso (?!) uso delle istituzioni borghesi e dei partiti della sinistra parlamentare, non fantomatiche "moltitudini", che semplicemente sfilano per le strade, possono contrastare efficacemente guerra e sfruttamento.

Solo la lotta di classe di parte proletaria nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nelle piazze, una lotta autenticamente autorganizzata, fuori e contro ogni logica sindacale, può farlo.

Solo un partito rivoluzionario a scala internazionale, che abbia fatto criticamente i conti con lo stalinismo e le sue eredità, può indicare il percorso per un mondo diverso e migliore.

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Partito Comunista Internazionalista - Battaglia Comunista