Primo Maggio 2001

Verso una ripresa proletaria

Compagni, lavoratori!

Mentre avanza il processo della cosiddetta globalizzazione - che altro non è che la apertura a tutto tondo dei mercati dei capitali e del mercato del lavoro con la possibilità di spostare le produzioni dove più conviene - la nostra classe a livello internazionale continua a subire senza alcuna reazione che sia minimamente significativa di una fase nuova nei rapporti fra le classi. La lotta di classe è ai suoi apici, ma è sempre la borghesia all'attacco.

La implosione dell'impero sovietico, già 12 anni fa, ha segnato la fine di una tragica illusione che aveva raggruppato le masse proletarie del mondo dietro i partiti nazional-comunisti: l'illusione che in Unione Sovietica ci fosse il socialismo, ci fosse il paradiso dei lavoratori.

Era un mostruoso falso storico contro il quale gli internazionalisti della Sinistra Comunista si sono sempre battuti benchè isolati e perseguitati dagli sgherri dello stalinismo.

Alla delusione che ha colpito milioni di proletari in buona fede nel mondo, si è sommata la feroce campagna ideologica borghese, appoggiata quando non direttamente condotta dagli ex-partiti stalinisti, secondo la quale quel che è accaduto in Russia non era una particolare forma di capitalismo statalista, ma proprio il socialismo, o addirittura il comunismo. Il concetto che si vuole far passare nelle coscienze proletarie è che se il socialismo è fallito, significa che le sue basi ideologiche sono fallimentari (l'esistenza delle classi, la lotta di classe, la possibilità di farla finita con l'economia - ovvero lo sfruttamento - capitalista, la possibilità di una economia e di una società in cui ciascuno sia libero dal bisogno...); e allora non esiste alternativa al capitalismo, che rimane il migliore dei mondi possibili.

In realtà in Russia non vi era socialismo, bensì capitalismo soprattutto di stato e pertanto il suo crollo più che invalidare la base teorica e ideale del socialismo ha confermato tutta la sua attualità.

D'altra parte, mentre la borghesia continua nella sua campagna ideologica di autodifesa, i fatti che essa stessa genera indicano con sufficiente chiarezza che se non si supera il capitalismo l'umanità va al disastro (esattamente quel che diceva Carlo Marx più di 150 anni fa, esclamando "O socialismo o barbarie!").

Compagni, lavoratori!

  • In nome del profitto è della sua logica la borghesia non in grado neppure di ridurre l'inquinamento atmosferico nonostante Il clima sia già cambiato e gli e si prevedano immani catastrofi.
  • Cresce in tutto il mondo il numero dei poveri e anche nei paesi più ricchi la vita per chi vive di salario e stipendio si fa sempre più difficile.
  • Cresce ovunque il numero dei disoccupati. Dagli Usa alla Gran Bretagna dalla Svezia alla Turchia, le imprese, soprattutto quelle della cosiddetta New economy che nelle promesse della borghesia doveva dare ricchezza e benessere a tutti, non fanno altro che licenziare o annunciare licenziamenti.
  • Il mercato del lavoro è sempre più simile al vecchio mercato degli schiavi. Sono ormai divenute usuali vere e proprie forme di lavoro servile e si avanzano proposte, come in Italia, che mirano a legittimare il lavoro "usa e getta" che considera il lavoratore un semplice oggetto di immediato sfruttamento, esattamente come una macchina e pertanto senza nessuna garanzia per il suo essere comunque un uomo e come tale soggetto ad ammalarsi, a invecchiare, ad avere figli; in una: a vivere dignitosamente.
  • La crisi del ciclo di accumulazione, spinge le borghesia metropolitane a potenziare i propri mercati e le proprie monete col risultato che mentre falliscono a ripetizione i vertici mondiali tanto sul clima quanto sul commercio, fanno notevoli passi avanti le aggregazioni regionali, la creazione di aree di libero scambio antagoniste. La conferenza di Quebec per la creazione di un area continentale americana di libero scambio fa da contraltare alla crescita politica della Comunità Europea. Le bande di briganti si organizzano per la rapina nel resto del mondo e in vista dello scontro fra loro.

Si, perché mentre il capitale sta distruggendo gli equilibri della natura, si sta anche preparando all'unica vera soluzione alla sua crisi del ciclo di accumulazione: la guerra. E le manovre belliche, anche se non configurano ancora lo scontro generale, sono già in atto.

Compagni, lavoratori!

Il capitalismo dunque mostra con sempre più drammatica chiarezza i danni che sta facendo all'umanità e all'ambiente.

Le manifestazioni di massa che si succedono ad ogni riunione internazionale, il loro carico di rabbia, (e la feroce reazione poliziesca che scatenano) sono una dimostrazione che il capitalismo e il suo modo di conformare la società sono sempre meno accetti e suscitano sdegno.

Ma in questo caso siamo in presenza di movimenti civili, di opinione, di per sé interclassisti che, come tali, non saranno mai in grado di mutare le sorti dell'umanità.

Compagni, lavoratori!

È la vostra, la nostra classe l'unica forza in grado di rompere le catene del capitale. Rompendo le catene del lavoro salariato, i lavoratori del mondo intero libereranno l'umanità dagli orrori del capitalismo e le aprono un futuro di benessere e di crescita umana per tutti.

Occorre ripartire da zero. Occorre liberarsi degli infami retaggi dello stalinismo e ritrovare la fiducia nella nostra forza.

Se i capitalisti pensano di risolvere i loro problemi abbassando sempre più il costo della forza lavoro, vuol dire che la forza lavoro (IL PROLETARIATO) è elemento vitale per il capitalismo, vuol dire che esso sopravvive solo se la nostra classe glielo consente.

È quindi giunta l'ora di tornare a difenderci: non possiamo più permettere che il capitalismo tagli i salari, licenzi, mandi in miseria milioni di persone senza che la nostra classe reagisca.

La ripresa della iniziativa di lotta proletaria è possibile e gli internazionalisti si sforzano di contribuirvi.

La ripresa di iniziativa proletaria, la ripresa dello scontro di classe su iniziativa dei lavoratori ha una sola alternativa: o si ferma alla difesa - e finisce con la accettazione della barbarie crescente del capitalismo, con la accettazione dunque della sconfitta, come è già successo in pochi isolati episodi di lotta negli ultimi decenni (Agosto polacco, minatori inglesi) - o prosegue liberandosi dalle forze del compromesso e del tradimento come i sindacati e i partiti che gli stanno dietro, e puntando alla emancipazione, la rivoluzione proletaria e comunista.

Gli internazionalisti sono per questa soluzione e si preparano a far tornare a circolare nella classe il programma rivoluzionario di emancipazione del lavoro dalle catene del salario. Questo è un lavoro tipicamente di partito. Il compito prioritario oggi - quindi - è la costruzione del partito comunista, come tale internazionale.

Chiamiamo le avanguardie di tutti i paesi a unirsi alle organizzazioni aderenti o simpatizzanti del B.I.P.R. per dare concretezza e slancio alle rinnovate prospettive comuniste.

BIPR