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Home ›L'ammucchiata non paga - L'unita dei lavoratori su obbiettivi anticapitalisti può cominciare a farlo
Volantino alle scuole e alla manifestazione di Roma
La legge dell'autonomia, di cui si è completata l'attuazione quest'anno con l'assunzione delle nuove prerogative manageriali del preside, continua a fare danni contro la maggioranza dei lavoratori della scuola e contro gli studenti, portando verso la conclusione il disegno di ristrutturazione della scuola borghese per adeguarla agli interessi del capitalismo in crisi crescente. La cosa non ci meraviglia più di tanto, in quanto non abbiamo mai dato credito alle illusioni di chi, come i radicalriformisti dei Cobas, ritenevano di fermare questo disegno - attuato con il concorso fondamentale di Cgil-Cisl-Uil-Snals, gestori dei lavoratori per conto dei padroni privati e "pubblici" di qualsiasi schieramento politico - con qualche sciopero autoregolamentato e qualche manifestazione nazionale, espressione non di una ripresa di lotta anticapitalista, ma in parte di interessi corporativi di docenti a difesa della loro "professionalità", in parte di un progetto parolaio e confuso di scuola realmente "democratica" e "formativa".
Oggi scendiamo in piazza addirittura con i sindacati tutti, che pur su posizioni diversissime sulle questioni salariali e normative, hanno paura di perdere, specialmente in una fase pre-elettorale come questa, la credibilità tra i lavoratori, per cui fingono di esser uniti a difesa della categoria e di una scuola migliore.
In realtà, al di là delle proposte sindacali diverse su tante questioni, i confederali, lo SNALS e i COBAS sono davvero uniti nel seminare illusioni sulla possibilità in una società capitalistica, peraltro senza più tanti margini di profitto, di un miglioramento sostanziale delle condizioni dei lavoratori e di una scuola riformata nell'interesse di tutti.
Ma la scuola nella società capitalistica non è riformabile perché è sempre stata, è ancora oggi e sarà in futuro, finché sopravvivrà questa società, niente altro che uno strumento di formazione delle generazioni che si succedono sulla base della ideologia delle classi dominanti, di selezione culturale degli studenti proletari e di oneri aggiuntivi sul salario degli operai e salariati in genere, i cui figli sono destinati sempre più a disoccupazione e lavoro precario supersfruttato.
Denunciando la responsabilità diretta di Confederali e Snals nell'attuazione della legge sull'autonomia scolastica e l'illusione dei Cobas di bloccarla, non intendiamo affatto esprimere una rinuncia pessimistica alla lotta, al contrario!, ma criticare i contenuti sui quali si cerca di mobilitare i lavoratori della scuola e gli studenti. La lotta contro la ristrutturazione della scuola - che implica l'erosione continua degli stipendi e divisioni artificiali tra i lavoratori - non è risolvibile con una contrattazione sindacale o peggio ancora con una proposta di rivitalizzazione democratica degli organi collegiali della scuola. Se è vero che una parte dei docenti fa resistenza verso l'autonomia - perché si è vista aumentare gli oneri e colpire la cosiddetta libertà d'insegnamento senza contropartite economiche - tuttavia pochi colgono il carattere antiproletario dell'attacco. Ciò significa che mobilitare il movimento degli insegnanti verso aumenti salariali non ben definiti o peggio definiti in rapporto a una astratta professionalità, come fanno i confederali o illuderlo sulla richiesta di stipendi europei (esito assai poco probabile), come fanno i Cobas, allontana da una risposta più chiaramente segnata da istanze anticapitalistiche, le uniche che alla lunga unendo tutti gli sfruttati possono iniziare a pagare. Anche i Cobas che sbandierano l'unità dei lavoratori e l'anticapitalismo non fanno altro, in realtà, che rinchiudere anche le istanze più radicali in sterili pressioni (e illusioni) sindacalistiche; nello stesso tempo le loro proposte di resistenza democratica al potere dei presidi e del loro staff, attraverso una rilancio delle prerogative dei collegi dei docenti, non solo non tengono conto della disomogeneità sia sociale che politica di un tale organo (per sua natura meramente professionale), che è la causa di una loro sostanziale passività e inconcludenza, ma favoriscono la riduzione dell'eventuale conflittualità a semplice tensione corporativa.
Per quanto riguarda gli studenti, la prima a subire gli effetti deleteri della ristrutturazione scolastica sarà come sempre la loro componente più proletaria, non solo per l'aumento dei costi della nuova scuola aziendalizzata, ma perché, non avendo dietro le spalle mezzi e retroterra culturale per valorizzarsi in una scuola della competitività e dello specialismo, subirà un aumento della selezione. Oltre tutto, tra le tante spese per progetti vari, non sono ovviamente mai previsti soldi per il sostegno economico agli studenti di estrazione proletaria. Il rifiuto di cogliere differenze di classe anche tra gli studenti impedisce alle forze riformiste più o meno radicali di fare loro proposte che vadano al di là di generici appelli ad una scuola che "insegna a pensare", come se il pensare fosse un metodo neutro che prescinde dal tipo di pensiero che viene trasmesso.
Per conto nostro rimaniamo convinti che la lotta contro le nuove forme della scuola, ma più in generale contro la scuola borghese, non sia separabile da una ripresa generale della lotta proletaria anticapitalistica. Ciò non significa che aspettiamo la ripresa di classe per un intervento politico nella scuola e che non continueremo a partecipare alle lotte dei lavoratori e degli studenti. Significa invece che cercheremo sempre di sostenere gli interessi dei settori proletari del personale scolastico e degli studenti contro il peggioramento delle loro condizioni di vita, contro la precarietà, contro i costi crescenti dell'istruzione; che lavoreremo per organizzarli fuori e contro ogni logica sindacale, sia essa apertamente padronale (Confederali, Snals) che sedicentemente alternativa e antagonista, per lotte vere, autenticamente autorganizzate, di classe, contro l'insieme del sistema borghese.
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