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Home ›Il capitale si unisce in difesa del profitto
In tutti i modi sarà la classe operaia a farne le spese - Volantino
Lavoratrici e lavoratori,
globalizzazione del mercato e fusioni industriali e finanziarie procedono di pari passo. È lo sviluppo del capitalismo, l'aggravarsi di contraddizioni e crisi generate da un modo di produzione e distribuzione fondato sulla creazione del profitto, che impongono una lotta concorrenziale sempre più feroce fra industriali e finanzieri.
Il settore auto è scosso da una capacità produttiva eccessiva e da bassa "redditività". Avanti, perciò, con ristrutturazioni tecnologiche per aumentarne la...produttività, riduzioni dei costi e dei posti di lavoro.
Le alleanze, le joint ventures, le economie di scala diventano per i maggiori settori industriali una strada obbligata. La Fiat, con la sua produzione di vetture piccole e medie dal basso valore aggiunto, deve abbattere i costi sulla componentistica e sui motori; deve affrettare i processi di sinergia per poter conquistare spazi sui mercati asiatici, dell'India e della Cina.
Non ci interessa che gli alleati della Fiat siano più o meno forti; che Agnelli sia "soddisfatto" o che l'accordo sia un "bene per l'Italia". Lasciamo queste barzellette ai politicanti borghesi, ma il colmo è che la stessa musica sia suonata da quelli di "sinistra" e dai Sindacati del regime. I più..."antagonisti", nei salotti televisivi, piangono sullo "smacco subito dalla democrazia", invocando "scelte" più...nazionalistiche! In realtà, si serve il capitalismo non solo applaudendo all'accordo Fiat. ma anche criticandolo solo perché "si poteva fare meglio"!
Si preoccupano di "difendere l'autonomia del sistema delle imprese italiane" spremendo sacrifici, sudore e sangue da un proletariato ridotto ovunque in condizioni sempre più...precarie. Agitano la bandiera della "creazione di un polo industriale europeo in gradi di competere nel mondo", come se quello che sta accadendo non fosse proprio la competizione del capitale, innanzitutto realizzata in ogni parte del mondo attraverso l'abbattimento del costo del lavoro, cioè del salario diretto o indiretto.
Lavoratrici e lavoratori,
tutti sono impegnati per addomesticarci, per impedirci di ragionare con la nostra testa. Ci illudono o ci ricattano, come avviene con l'introduzione del lavoro "usa e getta", con i contratti a termine e la frantumazione dei processi produttivi.
È la borghesia che comanda, non importa se a sfruttarci sia il dollaro, l'euro o lo yen. Non dobbiamo aspettarci, quindi, che altri massicci attacchi ai salari e ai posti di lavoro. Se in questo accordo vi sono elementi positivi, non possono che essere tutti per il capitale nei suoi movimenti per contenere la crisi che lo attanaglia. A questo mirano Integrazioni strategiche, razionalizzazioni, sinergie produttive, abbattimento dei costi industriali e finanziari.
Non c'è dubbio su chi sarà a pagare, quando la Fiat annuncia "previsioni di taglio dei costi di 2.000 miliardi l'anno", Anche il biglietto da visita della General Motors non ha nulla da invidiare a quello ben conosciuto della Fiat, con migliaia di "esuberi" licenziati negli ultimi anni e riduzioni salariali per gli altri.
Queste operazioni fanno dunque parte dei tentativi per contrastare la crisi del profitto, aumentando la "liberalizzazione" del capitale e la emarginazione del lavoro. Sono inevitabili e inarrestabili fino a quando la classe operaia non porrà sul tappeto la questione fondamentale del superamento di questo assurdo, addirittura distruttivo sistema economico.
Altrimenti le previsioni sono obbligate: accelerazione della flessibilità e mobilità, altre espulsioni di lavoratori, aumento dello sfruttamento e riduzione dei salari. Lo schema economico che ci verrà imposto sarà proprio quello americano, dove l'80% della forza-lavoro è precaria e dove i salari sono mediamente più bassi che da noi. Penalizzati saranno perciò e ancora una volta i lavoratori. Solo i conservatori di questa società sognano impossibili mediazioni e riforme.
Lavoratrici e lavoratori,
rendiamoci consapevoli della drammatica condizione in cui la crisi capitalistica ci sta trascinando: è il primo passo in avanti che possiamo e dobbiamo compiere.
Non accordiamo più fiducia e sostegno a Sindacati completamente allineati a padroni e Governo nel tagliare pensioni, contenere salari, rendere più flessibile il mercato del lavoro per "salvare" l'economia nazionale, cioè il capitalismo.
Organizziamoci dal basso in piena autonomia, unità e solidarietà di classe sfruttata e oppressa: é il passo successivo per iniziare una vera e concreta lotta in difesa dei nostri interessi presenti e futuri.
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