Laicismo o lotta di classe?

Manifestazione scuola

Con la legge sulla parità scolastica le bande borghesi che siedono in Parlamento concludono un processo che rivolta come un guanto la scuola pubblica. I motivi? Da una parte, la Chiesa che chiede ancora soldi (molti di più dei tanti che da sempre riceve) per tamponare il forte calo delle iscrizioni nei suoi istituti; dall'altra, l'esigenza del padronato di utilizzare al meglio ogni organo del suo stato per non disperdere, anzi, aumentare la quota di ricchezza rapinata ai lavoratori salariati. Sono le leggi spietate della crisi capitalistica che lo esigono e non la "cattiveria" di questo o quel governo, tant'è vero che, di destra o di "sinistra", tutti i governi perseguono la stessa politica ferocemente antioperaia. In breve, lo smantellamento della scuola pubblica rientra nel più generale attacco al cosiddetto stato sociale ossia al salario differito, essendo pre-pagato dalle trattenute in busta paga e dalle tasse, sistematicamente evase, invece, dalla borghesia.

L'Autonomia scolastica, che trasforma la scuola in una specie di azienda, le crescenti convenzioni con istituti privati stipulati dagli Enti Locali nel settore materno-infantile, i numerosi accordi a livello nazionale e regionale promossi da ministero P.I. sul cosiddetto sistema formativo integrato (tra presidi/associazioni padronali/enti pubblici e religiosi/sindacati) tendono a mettere le scuole a completa disposizione delle imprese (laiche e religiose) da tutti i punti di vista. Cominciando dalla gestione della forza-lavoro. Gli accordi del luglio '93, il Patto per il lavoro del '96, la legge Treu '97 sull'occupazione giovanile e, ultimo, il Patto sociale del dicembre '98 - le tappe principali della catastrofe proletaria - prevedono esplicitamente che le imprese si occupino dell'istruzione tecnico-professionale, per es., attraverso gli stages e l'apprendistato, finanziato dallo stato.

Il tutto, ovviamente, con il concorso determinante del sindacalismo confederale, il quale, mentre si prepara a cogestire il nuovo sistema "formativo" (ma in parte è già una realtà) ha fatto e fa ingoiare aumenti salariali ridicoli, il taglio di migliaia e migliaia di posti di lavoro, l'aumento dello straordinario, la frammentazione e la divisione di una categoria già debolissima, l'ulteriore precarietà dei supplenti e, non ultimo, il divieto, nei fatti, di scioperare "legalmente", avvicinando in tal modo le condizioni di lavoro della scuola pubblica a quelle della scuola privata dove impera il super sfruttamento. Insomma, se è il padrone che bastona, è il sindacato che lega le mani ai lavoratori.

E i cosiddetti sindacatini antagonisti? Smorte ombre di (reali) lotte che furono, alternano scioperi indetti in puro stile confederale (via fax, al di fuori di vere ed estese assemblee di base) a velleitarie proposte di legge da approvarsi in un parlamento schierato per la "parità", e si ergono a estremi difensori della Costituzione borghese invocando democrazia e laicismo, quando la vera posta in gioco è, appunto, un'ulteriore messa a punto dei meccanismi di sfruttamento e oppressione della forza-lavoro, occupata, disoccupata e precaria.

Per questo, mentre riconosciamo la natura comunque di classe della scuola statale, respingiamo ogni forma di intervento che miri a rimodellare con i soldi dei proletari la scuola della borghesia, laica o religiosa, pubblica o privata. Lanciamo dunque un appello alle componenti proletarie della scuola (studenti proletari, personale non docente, docenti e precari che vivono con il solo stipendio della scuola) affinché si liberino da tutte le vecchie incrostazioni corporative e interclassiste dominanti, ritrovando la coscienza di essere parte di un'unica classe comprendente tutti coloro che vivono di salario, una classe che solo se lotta unita può strappare qualche vittoria, seppure parziale e temporanea, e che solo con il rovesciamento rivoluzionario del capitalismo si potrà definitivamente liberare.

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