Oltre l'estremismo riformista - Di garantito... il capitalismo puo' dare solo sfruttamento

Il sindacalismo è morto. A dargli il colpo di grazia è stata l'attuale fase di crisi strutturale in cui versa il capitalismo nazionale e mondiale, che non può permettersi di lasciare spazio alle rivendicazioni categoriali della classe lavoratrice.

Non solo. Le leggi del mercato spingono oggi i padroni all'attacco del salario (busta paga e spesa sociale) e alla diffusione della flessibilità, che gli permette di usufruire liberamente della forza-lavoro a seconda delle necessità del momento, dettate appunto dai flussi mutevoli di un mercato capitalistico in crisi. Ecco quindi il diffondersi dei contratti d'area, a termine, del lavoro interinale, del "just in time" e di tante altre invenzioni per spremere meglio il sudore proletario senza nessun vincolo...sindacale.

Ciò non significa che sia morta la lotta economica del proletariato. Al contrario, oggi più che mai è necessaria una decisa risposta di classe alle continue aggressioni padronali. Ma è morto il sindacalismo come forma di lotta economica basata sulla contrattazione, sulla lotta rivendicativa di un singolo settore di classe, classe oggi polverizzata e dispersa sul territorio e ancor più segmentata e indebolita dal moltiplicarsi dei livelli contrattuali.

È chiaro che anche l'aumento della disoccupazione è uno degli effetti devastanti provocati dalla crisi del capitalismo; è infatti una piaga che si manifesta non solo in Italia, ma in tutti i paesi industrializzati, a ulteriore dimostrazione che la causa non è da ricercare nella malafede o nell'incompetenza dei politicanti di turno, ovvero i ciarlatani prezzolati della borghesia, ma nei meccanismi inevitabilmente inceppati di questo regime economico. La ricerca forsennata del massimo profitto (che non è un atteggiamento mentale, ma la legge-cardine del capitalismo) esorta oggi il padronato a sostituire con i macchinari i lavoratori e a dirigere molti investimenti nella speculazione finanziaria piuttosto che nell'industria, investimento che, visto il restringimento dei mercati, risulta essere molto più rischioso.

Appare insomma evidente come oggi le rivendicazioni proletarie vadano a cozzare immediatamente con le necessità del capitalismo*. Non bisogna dunque inventarsi un sindacato più rosso degli altri per sostituire quello confederale - divenuto ormai da molto tempo il cane da guardia della pace borghese - ma riuscire a organizzarsi sul terreno dell'unità di classe.* Infatti, qualsiasi vittoria economica del proletariato, pur sempre parziale e temporanea, è ora possibile solo con una mobilitazione unitaria della classe, dagli occupati ai precari, fino ai disoccupati.

Ma le lotte proletarie, oltre che un modo per contrastare la permanente aggressione del padronato, devono considerarsi l'occasione primaria per fare trascrescere e radicare in senso anticapitalistico e comunista la coscienza proletaria. È facile e illusorio chiedere un milione e mezzo al mese per tutti i disoccupati - allora perché non due? - più difficile ma molto più utile è fare capire che la lotta per poter vivere dignitosamente si scontra con le compatibilità capitalistiche e che l'unica strada per rovesciare il capitalismo è la conquista rivoluzionaria del potere politico da parte degli sfruttati, italiani e immigrati, occupati, precari, disoccupati che siano.

Bisogna insomma andare oltre il rivendicazionismo e costruire l'organizzazione rivoluzionaria del proletariato.

PCInt