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Home ›Lettera di Natalia Sedova Trotsky al Comitato Esecutivo della IV Internazionale
Compagni,
Voi sapete molto bene che io non ero più d’accordo politicamente con voi da 5 o 6 anni, dopo la fine della guerra e anche prima. La posizione che voi avete preso sui più importanti avvenimenti degli ultimi tempi mi fa vedere che, invece di correggere i vostri errori precedenti, persistete in essi e li approfondite. Sulla strada che avete imboccato siete arrivati a un punto in cui non mi è più possibile restare in silenzio e limitarmi a proteste private. Adesso, devo esprimere le mie opinioni pubblicamente.
Mi sento in dovere di fare un passo per me grave e difficile, e non posso che dispiacermene sinceramente. Ma non c’è altra scelta. Dopo molte riflessioni ed esitazioni su di un problema che mi ha profondamente turbata, mi sento in dovere di dirvi che non vedo altra strada che esprimervi apertamente che i nostri disaccordi non mi permettono più di restare ulteriormente tra di voi.
Le ragioni di questa decisione definitiva, per quanto mi riguarda, sono conosciute dalla maggior parte di voi. Non le ripeto brevemente qui che per coloro ai quali non sono familiari, non toccando esse altro che le nostre divergenze fondamentali, essenziali, e non le divergenze sulle questioni di politica quotidiana che a quelle sono collegate e da quelle discendono.
Ossessionati da formule vecchie e sorpassate, voi continuate a considerare lo Stato staliniano come uno Stato operaio. Io non posso e non voglio seguirvi su questo punto. Dall’inizio della lotta contro la burocrazia usurpatrice L.-D. Trotsky ripeté praticamente ogni anno che il regime si spostava verso destra, nelle condizioni di ritardo della rivoluzione mondiale e dell’occupazione di ogni posizione politica da parte della burocrazia. A più riprese, egli sottolineò che il consolidamento dello stalinismo in Russia conduceva a un deterioramento delle posizioni economiche, politiche e sociali della classe operaia e al trionfo di una aristocrazia tirannica e privilegiata. Se questa tendenza continua - diceva - la rivoluzione si esaurirà e il capitalismo sarà restaurato. Sfortunatamente, è ciò che è accaduto, sebbene sotto forme nuove e inattese. Non c’è nessun altro paese al mondo dove le idee e i difensori autentici del socialismo siano perseguitati in modo così barbaro. Dovrebbe essere chiaro a chiunque che la rivoluzione è stata completamente distrutta dallo stalinismo. Ciononostante, voi continuate a dire che, sotto quel regime inaudito, la Russia è ancora uno Stato operaio. Lo stalinismo e lo Stato staliniano non hanno assolutamente niente in comune con uno Stato operaio e con il socialismo. Essi sono i più pericolosi nemici del socialismo e della classe operaia.
Adesso, voi ritenete che gli Stati dell’Europa orientale sui quali lo stalinismo ha steso il suo dominio dopo la guerra, siano anch’essi degli Stati operai. Ciò equivale a dire che lo stalinismo ha avuto un ruolo socialista rivoluzionario. Io non posso e non voglio seguirvi su questo punto. Dopo la guerra e anche prima della sua conclusione, ci fu un movimento rivoluzionario montante delle masse in quei paesi. Ma non furono le masse a impadronirsi del potere e non furono Stati operai quelli che vennero instaurati con le loro lotte. È la controrivoluzione staliniana che si impadronì del potere, riducendo quei paesi allo stato di vassalli del Kremlino, strangolando le masse lavoratrici, le loro lotte rivoluzionarie e le loro aspirazioni rivoluzionarie. Ritenendo che la burocrazia staliniana ha edificato degli Stati operai in quei paesi, voi le assegnate un ruolo progressivo e finanche rivoluzionario. Propagandando questa mostruosa contro-verità voi togliete alla IV Internazionale ogni fondamentale ragione d’esistere in quanto partito mondiale della rivoluzione socialista. Nel passato noi abbiamo sempre considerato lo stalinismo come una forza contro-rivoluzionaria in ogni senso del termine. Voi non lo fate più, ma io continuo a farlo.
Nel 1932 e nel 1933, per giustificare la vergognosa capitolazione davanti all’hitlerismo, gli staliniani hanno dichiarato che importava poco che i fascisti andassero al potere, perché dopo sarebbe venuto il socialismo e attraverso il regno del fascismo. Solo dei bruti senza umanità e un atomo di pensiero o di spirito rivoluzionario possono esprimersi così. Oggi, indipendentemente dalle intenzioni rivoluzionarie che vi animano, pretendete che la dispotica reazione staliniana che ha trionfato in Europa orientale sia una delle vie attraverso le quali potrà eventualmente venire. Questo punto di vista costituisce una rottura insanabile con le convinzioni profonde che il nostro movimento ha sempre difeso e che io continuo a condividere.
Mi è impossibile seguirvi sulla questione del regime di Tito in Yugoslavia. Tutta la simpatia e tutto il sostegno dei rivoluzionari e anche dei democratici devono andare al popolo yugoslavo nella sua resistenza determinata contro gli sforzi di Mosca per ridurlo e ridurre il suo paese in schiavitù. Bisogna approfittare delle concessioni che il regime yugoslavo in questo momento è obbligato a fare al suo popolo. Ma tutta la vostra stampa è ora consacrata ad una inscusabile idealizzazione della burocrazia titista, un’idealizzazione che non ha una base nelle tradizioni e nei principi del nostro movimento. Questa burocrazia staliniana [evidentemente vuol dire titista - ndr] non è che una replica sotto nuove forme della vecchia burocrazia staliniana. Essa è stata educata nelle idee, nella politica e nella morale della Ghepeu. Il suo regime non differisce in nulla di fondamentale da quello di Stalin. È assurdo credere o insegnare che la direzione rivoluzionaria del popolo yugoslavo si svilupperà da questa burocrazia o da altre vie che non siano la lotta contro di essa.
Ma più di tutto, insopportabile è la posizione sulla guerra nella quale vi siete cacciati. La terza guerra mondiale che minaccia l’umanità, pone il movimento rivoluzionario davanti a problemi quanto mai difficili, a situazioni quanto mai complesse, a decisioni quanto mai gravi. La nostra posizione non può essere presa che dopo discussioni serissime e completamente libere. Ma di fronte agli avvenimenti di questi anni, voi continuate a preconizzare la difesa dello Stato staliniano e a impegnare tutto il movimento in questo senso. Oggi, sostenete pure gli eserciti dello stalinismo nella guerra alla quale si trova sottomessa il martirizzato popolo coreano. Io non posso e non voglio seguirvi su questo punto.
Fu nel 1927 che Trotsky, in una risposta ad una domanda sleale che Stalin gli fece all’Ufficio Politico, espresse le sue posizione come segue: Per la patria socialista sì! Per lo stalinismo no! Era il 1927! Oggi, ventitrè anni dopo, Stalin non ha lasciato niente della patria socialista. Essa è stata sostituita dall’asservimento e dalla degradazione del popolo da parte dell’autocrazia staliniana. È questo stato che voi proponete di difendere nella guerra, che voi difendete già in Corea. So molto bene che voi dite spesso che criticate lo stalinismo e che lo combattete. Ma il fatto è che la vostra critica e la vostra lotta perdono il loro valore e non possono dare risultati perché esse sono determinate dalla vostra posizione di difesa dello Stato staliniano e subordinate a essa. Chiunque difenda questo regime d’oppressione, barbaro, abbandona, indipendentemente dalle sue intenzioni, i principi del socialismo e dell’internazionalismo.
Nel messaggio che mi è stato inviato dall’ultimo congresso del S.W.P [Socialist Workers Party, partito trotskysta degli USA - ndr], c’è scritto che le idee di Trotsky continuano a guidarvi. Devo dire che ho letto quelle parole con molta amarezza. Come avete potuto constatare da ciò che sto scrivendo, io non vedo quelle idee nella vostra politica. Io credo in quelle idee. Resto convinta che la sola via d’uscita alla situazione attuale sia la rivoluzione socialista, sia l’auto-emancipazione del proletariato mondiale.
Natalia Sedova Trotsky - Mexico, 9 maggio 1951Other texts
Testi di autori che, pur non appartenendo alla nostra corrente e mostrando rispetto ad essa divergenze politiche anche marcate, tuttavia riteniamo abbiano dato un contributo significativo alla critica classista di questa società.
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