Cordoglio per Fausto Atti

Lettera di cordoglio che i compagni d'esilio di Fausto Atti scrissero alla sua famiglia alcuni mesi dopo l'assassinio - Trascrizione: febbraio 2010

Bruxelles, 6 Novembre 1945

Carissimi,

La vostra lettera ha gettato nella costernazione tutti i compagni, tutti gli amici che conobbero il nostro rimpianto Fausto.

Ancora ieri, avanti di apprendere questa terribile notizia, la nostra speranza, il nostro desiderio, era di ritrovarsi domani uniti come ieri nella lotta per redimere questo vecchio mondo da tutte le ingiustizie che sono ancora oggi l’appannaggio della società contemporanea.

Noi conoscevamo, ed avevamo apprezzato con quale volontà e con quale coraggio aveva saputo affrontare la dura prova dell’esilio, con quale tenacità aveva sempre indefettibilmente assunto tutte le responsabilità restando sempre fra i primi per sollevare, per propagare le idee di giustizia della classe operaia e quelle di tutti gli oppressi. Noi conoscevamo le sue grandi qualità, e noi sapevamo come queste avrebbero rappresentato oggi un elemento di primo ordine quando le ultime battaglie - quelle che si delineano già per domani - dovranno, ne siamo certi, infrangere le catene della schiavitù. Ma se i suoi compagni di fede conoscevano queste qualità, eppure i nostri nemici, i sicari d’ieri e quelli di domani, le conoscevano, ed hanno creduto, nella baldoria infernale di una repressione sanguinaria, possibile arrestare il corso inevitabile della storia. Ma l’infame sicario, l’arnese il più rivoltante di una società in declino, può assassinare impunemente, può mietere le migliori energie, può gettare nella costernazione famiglie intere, ma non può impedire che il sangue di questi martiri farà germogliare nuove e più intrepide energie che eleveranno sempre più in alto lo stendardo della Giustizia.

Noi siamo afflitti e compartecipi con voi nel terribile dolore che vi colpisce, vorremmo tanto trovarci presso di voi per manifestarvi l’affetto che ci legava al vostro amato Fausto. Vorremmo accompagnarvi passo per passo per permettervi di attraversare questa terribile prova ed esservi di sollievo, ma le circostanze ci impongono oggi di limitarci solo ad esprimervi per lettera la nostra infinita solidarietà.

Quando mi sarà possibile di poter partire non mancherò di passare da voi, e forse quando il nostro amico Ottorino, che era un amico intimo di Fausto, e che si trova attualmente a Milano, apprenderà la terribile notizia, verrà ne sono certo a trovarvi e vi potrà narrare quale fu la vita comune di esilio.

Personalmente io conobbi Fausto in una circostanza assai imprevista pochi giorni dopo il suo arrivo in Francia.

In effetti il 14 luglio 1929, dovendoci recare ad una riunione del Soccorso Rosso, la coincidenza volle che ci fossimo dati appuntamento là dove era stata a nostra insaputa indetta una manifestazione antimilitarista. La sbirraglia credette di riconoscere in noi dei probabili manifestanti, e fummo arrestati. Dopo qualche giorno fummo espulsi e condotti nel Belgio. Arrivati a Bruxelles facemmo camera comune. Mi ricordo, era alla rue de Roumanie a St. Gilles. Solo l’arrivo di mia moglie, qualche mese dopo, doveva separarci di abitazione. Ma dal 1929 fino al mese di Novembre del 1940 - quando venne arrestato per essere ricondotto in Italia - restammo uniti da un legame che potrei dire fraterno. Mia moglie, ed il nostro amico Ottorino, andarono il giorno della sua partenza, il 6 Dicembre 1940, alla prigione per salutarlo e salutare gli altri compagni. Poi ricevemmo sue notizie da Ventotene. Poi Rusconi, reduce anche lui da Ventotene, ci dava sue notizie che al mese di Settembre del 1943. Infine la falsa notizia di Cesare, il quale ci aveva dato pure notizie di Bendanti - un amico di Fausto che si trova attualmente a Imola - e aveva affermato che Bendanti gli aveva detto che Fausto si trovava in famiglia. Ed oggi, la terribile notizia che stronca netta la gioia nella quale ci eravamo cullati, di ritrovarci, di riabbracciarci, di continuare gomito a gomito la dura lotta degli oppressi.

Vorrei in questo isolamento esservi di sollievo, ed in nome di tutti i suoi compagni, di tutti i suoi amici di esilio, posso affermarvi che il dolore che strazia i vostri cuori si ripercuote in noi tutti, d alla sua immagine noi sapremo come lui restare fedeli fino alla vittoria ai principi dei nostri Maestri, dei nostri Martiri.

Vi riproduco adesso qualche passaggio di una dedica in suo omaggio che abbiamo intenzione di distribuire fra la colonia degli italiani nel Belgio:

Fausto, la sorte ha voluto che tu fosti strappato all’amore dei tuoi cari e dei tuoi compagni di fede e che tu fossi immolato alla Causa degli oppressi.

I tuoi carnefici, la bieca società che li ha procreati, rappresentano oramai il passato. Il terribile passato con le sue macabre montagne di cadaveri, con le sue immense macerie ancora fumanti di città e città distrutte, con i suoi milioni di mutilati, di affamati che porteranno fino alla tomba il marchio delle sofferenze subite; ma la Causa per la quale tu sei caduto, rappresenta l’Avvenire. L’Era Nuova di una società risorgente che, liberata dalle catene della schiavitù, getta le basi di un Nuovo Mondo. Il Mondo del Lavoro, che liberatosi di tutte le forme di oppressione e di sfruttamento, eleva la coscienza di tutta l’Umanità ai più sublimi scopi.

L’Artefice di questo processo titanico sarà la classe a cui tu appartenevi e che fino dalla più tenera età avevi contribuito con tutte le tue forze a svilupparne la coscienza. Ed oggi tutti i caduti per la causa proletaria, dai più celebri ai più ignoti, dalle loro tombe noi udiamo una voce che si eleva e che ci dice: “Noi fummo assassinati perché restammo sempre fedeli alla nostra classe”. Il più grande insulto sarebbe che i superstiti abbandonassero oggi le posizioni fondamentali di classe per le quali lottarono e caddero i nostri Martiri, che non continuassimo fino alla vittoria la battaglia da loro iniziata.

No, il proletariato, la sua avanguardia non dimenticano, non dimenticheranno mai i loro Martiri e le loro sofferenze, perché se essi dovessero farlo, essi preparerebbero ancora una volta il letto di morte per i propri figli, per tutta l’Umanità.

Ma la nostra sete non è sete di Vendetta, ma sete di giustizia, di amore e di pace, perché la nostra classe, la grande famiglia di tutti gli oppressi, non ha frontiere da difendere, non ha privilegi da far trionfare, non ha dèi da idolatrare, e nessuna scienza distruttiva potrà arrestare il suo cammino, potrà arrestare il suo trionfo.

Mentre il vecchio mondo borghese in decomposizione si affanna nel labirinto delle invenzioni belliche - più micidiali le une delle altre - e minaccia l’Umanità di futuri e più micidiali conflitti, il Proletariato - la sola forza mondiale che può realizzare la pace - riprenderà coscienza della sua forza, realizzerà la sua Rivoluzione, ed allora, solo allora, potrà mettere al servizio di tutta l’Umanità i mezzi scientifici che il capitalismo aveva destinati e sviluppati per distruggerla.

Si aprirà allora l’Era del Socialismo, del vero Socialismo. E’ per questo sublime ideale che tanti Martiri sono caduti, è per questo ideale che anche tu, Fausto, ignoto militante, hai fatto dono della tua vita.

Il proletariato non dimenticherà mai coloro che caddero, che diedero generosamente le loro forze, il loro sangue per la Rivoluzione!

Scusate me, e scusate tutti i miei compagni, se involontariamente con la mia lettera ho fatto sanguinare ancora i vostri cuori nel rievocare ancora il vostro amato Fausto; quando sarò rientrato, ve lo prometto, non mancherò di venire a trovarvi e di viva voce potrò meglio esprimervi la stima e la fraterna amicizia che mi legava a Fausto e che voi meritate.

Tutti i compagni, tutti gli amici esprimono qui le più profonde condoglianze egualmente per la vostra rimpianta Leda.

Sarà da noi sempre gradito un vostro scritto.

Fraternamente afflitti

Pieri
(Seguono le firme di altri quattordici compagni)