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Da “L'Ordine Nuovo” dell'11 gennaio 1922
Le ultime notizie degli avvenimenti di Russia sono largamente sfruttati dai controrivoluzionari di ogni specie. Secondo costoro il famoso "esperimento comunista" dei bolscevichi è miseramente fallito poichè essi sono costretti in certo modo a smobilitare una parte notevole delle misure economiche ispirate ad un contenuto comunista che il potere dei Soviet aveva poste in alto. Da questo si trarrebbe la conclusione che il meccanismo collettivo della produzione e della distribuzione non è suscettibile di funzionamento, dal momento che i suoi risoluti ed estremi fautori, i comunisti russi, sono costretti dalla necessità di ravvivare la economia del loro paese a consentire il ripristino di forme puramente capitalistiche, come il commercio privato e l'esercizio privato di aziende produttive che già erano passate all'esercizio collettivo.
Quale è la verità? Ricordiamolo in breve, avendo presente gli ultimi discorsi ed articoli dei compagni russi e di Lenin in prima linea.
I comunisti hanno sempre affermato che il compito del proletariato rivoluzionario ha un doppio aspetto: politico ed economico. Il primo consiste nel rovesciare il potere borghese, nell'organizzare saldamente quello proletario, per difenderlo contro gli attacchi controrivoluzionari interni ed esterni. Questo compito politico diviene compito militare; lungi dal chiudersi con la prima vittoria della rivoluzione esso si prolunga fin quando possono esistere focolari di resistenza borghese all'interno e all'esterno del territorio dello Stato proletario. Per il primo Stato proletario, che si trova ancora dopo quattro anni circondato ed attaccato, con quei mezzi di insidia e di offesa che ci fermiamo qui a rammentare, dai colossi del capitalismo ancor non investiti in modo risolutivo dal diffondersi dell'incendio rivoluzionario, questo compito immenso: da un lato ed esso è di gran lunga più grave di quello che sarà per essere per tutti gli altri paesi che la rivoluzione potrà guadagnare in appresso, dall'altro assume importanza di prim'ordine dinanzi alle esigenze del secondo aspetto del compito della rivoluzione: quello economico. Il novanta per cento delle energie della rivoluzione russa è stato dedicato alla difesa dello Stato proletario, mentre forse per un paese che compisse la rivoluzione politica in un continente e in un modo prevalentemente liberato dagli stati borghesi nel precedente sviluppo della rivoluzione, si può pensare che il novanta per cento delle energie disponibili verrebbe portato sul terreno della costruzione economica della edificazione del comunismo.
Ammettiamo che la Russia abbia fatto in tal senso, ammettiamo che di quel poco che ha fatto nel dominio della economia sia ora costretta a lasciar cadere una buona parte; il bilancio della rivoluzione non diverrebbe per questo negativo. Giustamente il compagno Losovsky chiude un recente suo articolo col dire: se si domandasse alla Russia rivoluzionaria che cosa essa ha fatto in questi quattro anni, essa potrebbe a buon diritto rispondere "di essere esistita". Questa risposta, in apparenza banale, significa una serie epica di sacrifizi e di vittorie sulle orde molteplici della reazione mondiale, sulla perfidia dei governanti delle più grandi Potenze del mondo, sugli stessi avversi capricci di forze naturali: se si volesse dare un valore ad una sciocca espressione borghese, magari contro la stessa collera di Dio.
In questo senso i comunisti dissero e ripetono che il processo rivoluzionario integra i suoi aspetti politici ed economici, le sue attività di combattimento e di costruzione pacifica su una scala che non è nazionale, e che lo slancio decisivo verso la edificazione del comunismo economico sarà possibile solo quando sarà in piedi la grande Repubblica internazionale dei Soviet, quando sarà un fatto la dittatura almeno dei più progrediti proletariati dell'Europa e dell'America.
Sul terreno del suo compito economico la rivoluzione russa avrebbe avuto il diritto di non presentare un bilancio di risultati positivi, e di richiamarsi all'attivo formidabile della sua opera politica, che non sta solo nelle vittorie interne ed esterne della guerra rivoluzionaria, ma anche nell'opera grandiosa di aver risvegliato contro mille velenose influenze lo spirito di battaglia del proletariato mondiale. Ma in effetti anche su questa via di dittatura dei proletari, la Russia aveva accomunati e può presentare ad amici ed avversari successi decisivi.
Il piano economico del Potere dei Soviet non poteva non fondarsi su di un piano poltico, dipendente dalla possibilità che sorgessero altri Stati proletari. E che almeno quelli borghesi fossero dalle forze della Repubblica rossa e da quelle del movimento rivoluzionario internazionale, ridotti ad osservare verso di essa una specie di neutralità almeno commerciale. Non solo il comunismo, ma nemmeno un'altro qualunque sistema di economia può vivere in Russia senza rapporti con gli altri Paesi, per ragioni notissime a chiunque abbia una vaga idea delle risorse della produzione russa.
Questa condizione di cose forma il terreno di un evidente ricatto dei poteri capitalistici contro lo Stato proletario; mentre essi boicottano spietatamente le iniziative dello Stato-imprenditore collettivista, ria-priranno le correnti del loro commercio se si riattiverà il meccanismo dello scambio e della produzione privata. È un ricatto sulla vita di milioni di esseri umani; per sua legge fondamentale, il capitalismo, anche quando sia sovraccarico di beni, li distribuisce solo per dare alimento a quelle masse che sono alla portata del suo sfruttamento, nulla gli preme che degli esseri umani muoiano, quando la loro attività sia sottratta al suo dominio e quindi alle sue estorsioni.
Può darsi che quel piano politico dei comunisti russi fosse errato: ed in conseguenza, ammette Lenin, mai uso a sottacere la verità anche più tremende - ed è in questo un'altra delle forze della repubblica rivoluzionaria - fu troppo audace il piano economico, tracciato nel 1918, e che ancora l'anno scorso, allorchè chi scrive era in Russia, appariva in pieno svolgimento ed attuazione. Oggi nel campo della trasformazione economica non siamo al punto in cui si prevedeva l'anno scorso che si dovesse giungere entro l'anno. Lenin medesimo ha dichiarato: siamo in ritirata sul fronte economico. Ma appunto perchè i comunisti sono in piena efficenza politica essi non subiscono un disordinato rinculo ma arretrano coscienziosamente ed in ordine, per ricostituire le condizioni di un più sicuro inizio della nuova avanzata.
I comunisti hanno sempre detto che economicamente il compito della rivoluzione proletaria ha un aspetto di gradualismo progressivo. Può concepirsi un processo graduale in senso opposto? Certo esso apparirebbe come esiziale per le sorti della rivoluzione, se dovesse assumere carattere definitivo. Ma così non è , a dispetto di ogni speranza reazionaria, nè in rapporto alla Russia considerata a sè come territorio economico, nè tanto meno in rapporto a quell'andamento storico della rivoluzione mondiale che è il punto di vista essenziale, per intendere la quistione.
Nel suo recente articolo, Lenin ha chiaramente ribadito che il rallentamento nel realizzare il comunismo e il socialismo economico, e l'accettazione ufficiale da parte del potere proletario di riforme di produzione e distribuzione in parte capitaliste e in parte collettiviste, non ha per nulla il valore di un ritorno dei comunisti verso concezioni riformiste della emancipazione proletaria. I bolscevichi possono riconoscere la necessità di rivedere il programma di costruzione economica del 1918 ma essi non traggono da ciò nessuna conclusione che nel momento intacchi quel programma di azione proletaria che essi posero fermamente nel 1917 contro gli inganni della democrazia sociale menscevica, e che da allora ad oggi ad oggi la Terza Internazionale sostiene in tutto il mondo contro gli inganni degli opportunisti delle varie tendenze. I caposaldi del metodo comunista restano ribaditi dall'esame della situazione in Russia, anche dove esso ci conduce a risultati dolorosi: più che mai i comunisti riaffermano che non vi può essere salute per il proletariato senza la lotta rivoluzionaria e la guerra di classe guidata dal partito politico, senza la costituzione del potere dei Consigli operai e l'uso implacabile dell'arma della dittatura di classe contro le bieche risorse della reazione capitalistica e le fisime ingannatrici delle scuole piccolo-borghesi, che svuotano nel suo contenuto rivoluzionario l'opera del proletariato, tentando di illuderlo che nella democrazia borghese o in un vago umanitarismo libertario potrebbe inserirsi meno aspramente la via della sua emancipazione.
Il contenuto storico della rivoluzione russa è più che mai in piedi; la stessa ipotetica caduta del potere sovietista, che nemmeno più i borghesi osano attendere, non lo intaccherebbe, poichè esso è la legge stessa dell'ineluttabile procedere della storia universale nell'epoca rivoluzionaria che viviamo.
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