Libertà

Ciao a tutti, sto cercando di studiare il pensiero di Marx e approfitto di questo forum, che mi sembra popolato da persone molto competenti, per chiedere delucidazioni sul concetto di libertà per Marx e per i marxisti.

Premetto che mi considero comunista perchè sono libertario e credo che l'uomo possa iniziare la sua storia solo nel momento in cui riesce a liberarsi dal giogo del capitale, approdando quindi a una società di liberi dove ogni individuo può realizzarsi pienamente. Quindi poco tempo di lavoro in favore di molto tempo di vita, uguali possibilità per tutti di crescere, studiare e realizzarsi come meglio si crede. Un mondo dove tutti potenzialmente potranno essere gli Einstein, i Marx, i Freud, i Picasso, i Beethoven...

Non sono un anarchico perchè credo che per arrivare a ciò sia necessario impossessarsi della macchina statale, come ci ha ben insegnato Lenin.

Eppure ho l'impressione che il pensiero di Engels, e quindi quello di Lenin, diverga da quello di Marx proprio per quanto riguarda la libertà.

Che io sappia Marx non ha mai definito la libertà come "riconoscimento della necessità"....una definizione di Engels a mio avviso pericolosa. Che significa "riconoscimento della necessità"? Chi è l'autorità che decide qual è questa necessità? Esiste quindi una verità assoluta di cui qualcuno (il partito?) è depositario?

Quindi vi chiedo: che cos'è per Marx la libertà? che cos'è per voi?

Ancora un altra questione, collegata alla precedente: perchè i bolscevichi dopo il '17 hanno perseguitato gli anarchici? Mi sembra che comunisti e anarchici lottano per lo stesso fine, anche se con mezzi differenti (ribadisco che ritengo efficaci i mezzi dei comunisti e non quelli degli anarchici).

Grazie,

saluti internazionalisti.

Forum: 

La citazione che fai di Engels (che a sua volta cita Hegel e Spinoza) in soldoni sta per: la libertà non è l'irrealizzabile utopia di essere svincolati dalle leggi della natura e della società, ma si basa sulla consapevolezza di tali leggi, e su questa consapevolezza si fonda effettivamente lo spazio d'azione della volontà. Come a dire, la libertà di volare non sta nel sognare di vincere la forze di gravità e lanciarsi fiduciosi da una montagna, ma, a partire dalla consapevolezza della necessità (la legge di gravità, le leggi alla base dell'ingegneria aerospaziale e così via), attrezzarsi a volare con un aereo o altro.

Ps. La dittatura del proletariato ha avuto qualcosina da ridire contro alcuni anarchici quando questi hanno cominciato a combattere il potere dei Soviet armi in pugno...

Alcuni anarchici presero le armi contro la rivoluzione,per fortuna non tutti;altri rimasero fino alla fine dalla parte giusta della barricata,per poi essere spazzati via dallo stalinismo.

Sulla libertà sono d'accordo con Reed...ed Engels.

Ma penso che in una società senza classi l'umanità scoprirà aspetti e qualità della parola libertà che per ora non possiamo nemmeno immaginare.

Per quanto riguarda Lenin,non disse che è "necessario impossessarsi della macchina statale" ma che occorre spezzare la macchina statale borghese per crearne una di tipo nuovo.Mi piace essere puntiglioso,anche se è natale.

Ti ho detto la mia,libertario,che non rispecchia necessariamente il parere dei compagni del PCint,dato che io milito in un altro partito.

BESOS

Benvenuto sul forum, Libertario.

Forse avrai già notato il seguente articolo, che potrebbe essere per te interessante:

[[ibrp.org | 1921: l'inizio della controrivoluzione?]]

Buone vacanze, compagni.

Ciao Libertario,

solo due cose, sia perché concordo con le risposte che ti hanno dato gli altri compagni, sia perché l'argomento, come ben sai, è complesso, in particolare la questione relativa al processo controrivoluzionario che investì prima, e travolse poi, la prima esperienza di rivoluzione proletaria (se si esclude la Comune. Ma, se hai voglia, l'articolo indicato da Mic è, a mio parere, molto puntuale).

Non esite né esieterà mai un partito detentore della verità assoluta: anche questo organismo, come tutte le cose umane, è soggetto a sbagliare, tanto più che i suoi componenti, come qualsiasi altro individuo, nascono, vivono e, ahimé, muoiono in una società divisa in classi, per cui sarebbe innaturale pensare che, sia in quanto individui che in quanto organismo, non vengano in qualche modo influenzati dal modo di agire e pensare della classe dominante: chi vive in una fogna, è altamente probabile che non odori di violetta. Diciamo che, per istinto e per gli strumenti di cui si sono dotati, possono essere meno o molto meno influenzati della massa, possono sbagliare meno di altri (per quanto riguarda le questioni politiche, va da sé)ma, come dicevo, il partito perfetto non ci sarà mai. Chi, di riffa o di raffa, ha teorizzato queste cose (il partito-chiesa dello stalinismo il partito-scienza di Lotta comunista, la dittatura del partito del bordighismo, ecc.) ha prodotto/produce delle mostruosità piccole e grandi, come ben vediamo nella storia.

Ciao Libertario e ciao a tutti,

Smirnov

PS A proposito delle possibilità che non possiamo immaginarci di cui parlava Pietrotsky, da qualche parte ho letto che gli indiani d'America della pianure non avevano nel loro vocabolario la parola "libertà", perché, vivendo liberi, non concepivano nemmeno la non-libertà. Ve la do così come l'ho letta, ma se e quando gli esseri umani arriveranno al comunismo, forse lo stesso termine scomparirà dal linguaggio, appunto perché non sarà concepibile vivere in un modo diverso dalla completa libertà dello "individuo sociale", come diceva Marx.

Risaluti,

Smirnov

E' probabile che la "filosofia", o quello che sarà, in un futuro comunista supererà la definizione di Engels di libertà, anche se resterà probabilmente preziosa l'intuizione idealista e il suo rovesciamento materialistico della libertà come "riconoscimento, coscienza" della necessità. Cogliendo lo spunto di Pietrotsky e il P.S. di Smirnov, mi veniva da pensare che oggi riempiamo la parola libertà soprattutto di significato politico, sociale, ma che probabilmente un domani questo concetto sarà legato a campi del tutto altri, tecnico-scientifici, artistici e chissà cos'altro. Quella definizione (magari anche superata) resterà importante, e forse assumerà un significato più pregnante ancora.

Un po' come sosteneva giustamente Trotsky relativamente ai conflitti: nel comunismo non cesseranno (come ironizzavano gli avversari del marxismo), ma non saranno più sociali, politici, economici; probabilmente si confliggerà, magari, attorno ad un'ipotesi letteraria...

  • Ciao Reed,

certamente,*

Ciao Reed,

certamente, d'accordo con te, anche riguardo alla questione della "necessità": a meno che non si scopra una bacchetta magica che ci liberi dalle leggi della natura, cioè che hai correttamente definito (almeno secondo me) come "necessità", rimarrà sempre.

Ciao a tutti,

Smirnov

in effeti non credo che con il comunismo scomparirà la legge di gravità o che 2+ 2 farà 5

Hegel fu il primo a

Mi pare utile riportare direttamente le parole di Engels.

> Hegel fu il primo a rappresentare in modo giusto il rapporto di libertà e necessità. Per lui la libertà è il riconoscimento della necessità. "Cieca è la necessità solo nella misura in cui non viene compresa." La libertà non consiste nel sognare l'indipendenza dalle leggi della natura, ma nella conoscenza di queste leggi e nella possibilità, legata a questa conoscenza, di farle agire secondo un piano per un fine determinato. Ciò vale in riferimento tanto alle leggi della natura esterna, quanto a quelle che regolano l'esistenza fisica e spirituale dell'uomo stesso: due classi di leggi che possiamo separare l'una dall'altra tutt'al più nell'idea, ma non nella realtà. Libertà del volere non significa altro perciò che la capacità di poter decidere con cognizione di causa. Quindi quanto più libero è il giudizio dell'uomo per quel che concerne un determinato punto controverso, tanto maggiore sarà la necessità con cui sarà determinato il contenuto di questo giudizio; mentre l'incertezza poggiante sulla mancanza di conoscenza, che tra molte possibilità di decidere, diverse e contraddittorie, sceglie in modo apparentemente arbitrario, proprio perciò mostra la sua mancanza di libertà, il suo essere determinato da quell'oggetto che precisamente essa doveva dominare. La libertà consiste dunque nel dominio di noi stessi e della natura esterna fondato sulla conoscenza delle necessità naturali: essa è perciò necessariamente un prodotto dello sviluppo storico.

> -- Engels, Anti-Dühring, 1878

Volevo proporre alcuni spunti per la discussione.

Innanzitutto la definizione di Engels (ed Hegel) mi pare appropriata, in quanto permette di dare un significato reale ad una parola altrimenti vuota. Le leggi della natura costituiscono il limite della libertà, ma al tempo stesso la sostengono, perchè senza di esse (senza il loro riconoscimento) non sarebbe possibile alcun "piano per un fine determinato".

Ma tra le leggi della natura bisogna annoverare anche i bisogni materiali di sostentamento dell'uomo, che si trasformano in una vera e propria gabbia per i salariati - cui viene concesso solo quanto necessario alla riproduzione della forza-lavoro. Di quale libertà gode chi riesce appena ad arrivare a fine mese con lo stipendio? E' di questi giorni la pubblicazione dei dati dell'Istat secondo cui il 50% delle famiglie italiane deve cavarsela con meno di 1800 euro al mese.

Ma questo lo sappiamo tutti. Quello che voglio mettere in evidenza è che tutti i movimenti terzomondisti deteriori, maoisti e affini, pur infarcendo la loro retorica populista di abbondanti richiami alla "libertà", in fondo, in paesi con apparati produttivi arretrati, chiedono nient'altro che una //condivisione della miseria//. Altro che libertà.

Un'altra considerazione che si può fare, che mi pare derivi dalla definizione data sopra, è che l'ideologia dominante borghese riesce a privare della libertà anche quanti hanno disponibilità economiche maggiori della semplice sussistenza. Infatti è solo con difficoltà che si può squarciare il velo della propaganda borghese per riconoscere la realtà in cui si vive e poter scegliere i propri fini e i propri piani al di là degli interessi della classe dominante. Altrimenti vale l'imperativo "produci, consuma, crepa", e la libertà si riduce alla scelta della suoneria e della cover del cellulare.

Un ultimo spunto è che la libertà - come definita - non è legata solamente all'individuo, ma coinvolge l'intera società umana, al cui interno i fini determinati e i piani si dipanano e possono trovare soluzione.

concordo con gli interventi sopra, specie del Mic;

il massimo di libertà che il capitalismo può offrire è la scelta tra la Pepsi e la Coca, cola entrambe...

a parte gli scherzi, che cavolo di libertà può esserci quando l'alternativa è tra farsi sfruttare o restare disoccupati?!? Un economista borghese diceva che " essere sfruttati è una disgrazia, ma nn esserlo è ancora peggio...".

V.Serge parlava di un mondo "senza evasione possibile" - dove anzi l'unica forma di evasione possibile consisteva nella lotta x rovesciarlo. E questa è una definizione che mi piace molto.

Il bolscevico Ioffe diceva che la libertà consisteva nella lotta x una causa infinita, ossia l'emancipazione umana e quando vide questa possibilità precludersi a lui preferì suicidarsi prima che dover capitolare davanti a stalin.

Come dicono in Francia, tout à fait d'accord (completamente d'accordo) con gli interventi ultimi; molto suggestivi quelli di no nick.

Ciao

Smirnov