Riflessioni politiche sull'attacco a Milani e al SiCobas

  1. Recentemente il tribunale di Bologna ha confermato le restrizioni alla libertà di movimento ad Aldo Milani, Segretario del SiCobas, dopo l'operazione messa in atto contro di lui alla Levoni di Modena: il contenuto di quella operazione, la sua esposizione mediatica, il successivo pronunciamento del Tribunale di Bologna, chiariscono ampiamente il senso dell'indirizzo politico dell'intera vicenda, tant'è che lo stesso Aldo Milani ne ha chiarito con estrema consapevolezza l'obiettivo politico immediato: “Limitare l'attività del Sindacato e andranno fino in fondo su questa linea”.
  2. L'evento non può semplicemente essere limitato a una operazione artigianale, anche un po' raffazzonata, condotta dalla Levoni a preservazione degli equilibri del sistema affaristico-imprenditoriale e politico modenese. Limitarsi a questi aspetti, a nostro avviso, non aiuterebbe a cogliere il senso complessivo della cosa.
  3. Come abbiamo spesso detto, il SiCobas in questi anni ha dato rappresentanza ai lavoratori della logistica, il settore che più ha prodotto episodi di lotta, in Italia. Il complesso degli interessi toccati dalle loro mobilitazioni, le forme di conflitto messe in piedi nel confronto con il padronato, l'organizzazione delle stesse ha sicuramente costituito un punto avanzato dinanzi alla sostanziale situazione di ripiegamento complessiva di classe; hanno costituito un punto di riferimento e di solidarietà attiva per varie realtà.
  4. Fin dal suo esordio, il movimento dei facchini si è confrontato con condizioni di sfruttamento e di scontro che potremmo dire anticipatrici di una condizione complessiva della classe lavoratrice. Alle lotte contro una condizione semi-schiavile si è immediatamente contrapposto un intervento padronal-poliziesco che nulla ha risparmiato ai facchini che scioperavano: dai ricatti, alle denunce, alle botte, fino alle aggressioni in stile mafioso agli stessi dirigenti del SiCobas .
  5. L'operazione di Modena contro Aldo Milani a nostro avviso ha, tuttavia, rappresentato un salto di qualità nella contrapposizione tra le parti in campo. Se in tutto il corso delle lotte degli ultimi anni l'iniziativa di padroni e Stato era stata di contrastare, anche in maniera durissima con il solito armamentario repressivo, di volta in volta l'iniziativa sindacale e dei lavoratori, questa volta si è puntato al cuore politico della questione: spingere in un angolo l'iniziativa operaia e porre sotto scacco la sua rappresentanza, obbligando il movimento, nel suo complesso, su di un terreno di difensiva. Potremmo dire che si è passati dalla difesa economica/poliziesca delle compatibilità che il sistema della logistica, in particolare, e capitalistico in generale, impongono ai proletari, all’utilizzo del potere politico, di cui la borghesia può disporre a piacimento, per chiuderne i margini di manovra. Una questione che rimanda al problema generale che oggi i margini di trattativa sono ridotti al lumicino e qualsiasi realtà che si incunea nel sistema degli interessi capitalistici deve essere ricondotta ad un peso e a un ruolo marginale di fronte a questi stessi interessi.
  6. Alcuni compagni, nella lettura degli eventi, hanno ritenuto che “l’errore” compiuto da Aldo Milani fosse da ricercare in un suo comportamento o “poco attento” o ad una sua interpretazione ormai burocratizzata e sganciata da una presenza attiva di lavoratori della sua funzione in quanto sindacalista. Elementi che possono cogliere alcuni aspetti del problema ma che, a nostro modo di vedere, non sono in grado di rappresentarlo nella sua concretezza. Da comunisti dobbiamo cogliere il significato politico degli eventi nel loro complesso. La rappresentanza degli interessi operai su di un piano sindacale, ad un tavolo di trattativa, naturali per una organizzazione che si dice “Sindacato”, ha scontato di fatto la propria inadeguatezza di fronte al terreno e agli obiettivi politici imposti nella situazione concreta dalla controparte: mentre Aldo Milani, da sindacalista, si disponeva al confronto/scontro con la controparte su un piano strettamente vertenziale, chi gli stava di fronte, e chi per lui, faceva valere la propria forza di classe dominante spostando il terreno del confronto/scontro su di un piano politico: criminalizzazione, messa in discussione della legittimità della lotta stessa dei lavoratori in quanto tale, attacco alla sua rappresentanza sindacale e, soprattutto, attraverso questo, il riportare i termini dello scontro con l’iniziativa operaia su di un piano più congeniale al padronato, quello del confinare la lotta in una situazione di arretramento e difensiva. Che tutto possa essere scaturito dalla difesa degli interessi specifici della Levoni non ne modifica le ricadute concrete di ordine politico-generale, come poi gli eventi successivi hanno teso a dimostrare. Ma è in questa incomprensione fra la logica di iniziativa sindacale che avanzava il SiCobas e il piano politico che ha posto il padronato che è emersa la sostanziale incapacità di leggere politicamente gli avvenimenti da parte di SiCobas e “solidali”.
  7. Assumere il piano politico di lettura degli eventi intercorsi significa riconoscere le loro ricadute concrete sui processi di costruzione dell'organizzazione di classe. Il primo aspetto è che la costruzione intorno ad un quadro rivendicativo (che per noi non è mai necessariamente sindacale) si dà come condizione necessaria ma non sufficiente ad affrontare il complesso dello scontro, che è non con il singolo padrone, ma con il sistema dei padroni e delle forme di dominio borghese che ne garantiscono l'esistenza. Il secondo è che possiamo storicamente constatare come la gran parte delle realtà che sono scaturite sul piano della lotta di classe hanno poi dovuto fare i conti con le condizioni durissime imposte sia dalla condizione generale di ripiegamento, sia dall'iniziativa della borghesia, che di volta in volta ha rovesciato tutto il suo peso nello scontro concreto. Nei fatti si è sempre assistito, con plurime modalità, ad un'operazione di accerchiamento e logoramento di queste espressioni, costringendole in una sorta di fatale “guerra di posizione” tesa ad eroderne la capacità di mobilitazione e tenuta. Ovvero, non solo l'azione della borghesia tende a spezzare in ogni momento l'azione del proletariato per sancirne la frammentazione e la subordinazione ai suoi interessi, ma tende anche, costantemente, a ricondurre i suoi possibili sviluppi nella marginalizzazione effettiva rispetto ai rapporti di forza generali. L'unica forma di conflitto accettata è la sua ricomposizione forzosa sul piano delle compatibilità capitalistiche, oppure il relegare anche le forme più radicali di lotta in una sorta di endemizzazione ed effettivo depotenziamento, cioè senza capacità sostanziale di incidere sugli assetti di potere che ne determinano, ai diversi livelli, lo stato di oppressione, tentando così di far arenare il movimento negli avvitamenti regressivi propri ad una condizione di difensiva estrema e, in definitiva, privandolo sul piano di maturazione soggettivo di una prospettiva politica di alternativa al sistema capace di guidarlo “fuori dalle secche”. Questo è il nocciolo dell'operazione che ha preso il via a Modena. Non è detto che riesca, ma d'altra parte ci deve essere la coscienza che hanno addentato l'osso e non lo molleranno facilmente.
  8. Ricondurre il problema alla rivendicazione del “diritto” all'agibilità e all'azione sindacale, anche a difesa e rivendicazione dell'iniziativa e continuità d'azione del SiCobas, significa cogliere un punto vero, il più immediato messo in discussione dall'intera operazione di Modena alla Levoni, ma parziale. Il nodo reale dell'organizzazione di classe e di avanguardia deve invece essere affrontato in termini strategico-politici, che sappiano tenere conto tanto delle contraddizioni proprie ad una fase generale di arretramento proletario quanto della necessità di ricomporre i possibili livelli di unità di classe all’interno degli spazi dati dallo sviluppo delle lotte reali, su un terreno che si orienti all'anticapitalismo come punto fondamentale di programma, sul quale consolidare i livelli organizzativi e di discussione entro cui si sviluppa l'iniziativa dei militanti comunisti e lo sviluppo dell'organizzazione di avanguardia: il Partito.
  9. Ancora una volta, in luogo di un serio bilancio delle risultanti reali di decenni di sconfitte operaie sul piano sindacale, della considerazione dei rapporti reali di scontro tra le classi, della seria riflessione sulle indicazioni e le necessità che sono emersi dal quadro concreto dello scontro con la società borghese, e dell’atteggiamento critico e radicale che dovrebbe caratterizzare chiunque voglia porsi sul terreno della lotta di classe, sono emersi gli schemi che fanno perno sul sindacato come forma unica e necessaria del conflitto proletario. Schemi che non sono in grado di favorire quel necessario salto di maturazione politica di cui le avanguardie comuniste dovrebbero essere promotrici.
EL
Lunedì, February 27, 2017