Contro sfruttamento, miseria, barbarie, occorrono lotta e partito di classe

Volantino per il Primo Maggio 2014

Sono passati sette anni dallo scoppio della bolla dei subprime, ma il sistema capitalistico è ancora in crisi; per questo, da decenni, il capitale ha imboccato due vie: l'aggressione permanente alle condizioni di esistenza della classe lavoratrice e lo sviluppo abnorme della speculazione finanziaria.

Il microprocessore, la caduta delle barriere politiche che ostacolavano l'unificazione del mercato mondiale della forza lavoro, la delocalizzazione hanno rimodellato la precedente composizione di classe. Il lavoro salariato è stato messo in concorrenza verso il basso a livello internazionale, ai metodi di sfruttamento più moderni si sono affiancati massicciamente quelli considerati Ottocenteschi (mai scomparsi, per altro): l'allungamento dell'orario e della vita lavorativa, l'abbassamento del salario, oltre che l'aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro. Si è sviluppata, inoltre, un'area enorme di disoccupazione, che indebolisce oggettivamente le capacità di lotta degli occupati. A rendere ancora più drammatico il quadro, si aggiunge la precarietà, in molti paesi la principale forma di assunzione, in particolare per i giovani. In questo modo, non solo la spinta all'abbassamento del salario al di sotto del valore della forza lavoro (non si arriva a fine mese) riceve un aiuto potente, ma si accentua la frammentazione della classe e si rafforzano gli strumenti di intidimidazione-ricatto del padronato.

Tuttavia, alla borghesia la predazione del salario diretto non basta: si getta sulla rapina del salario indiretto e differito, cioè dello “stato sociale”, là dove esiste. Gli “aiuti” del Fondo Monetario Internazionale, i piani di “aggiustamento” dell'Unione Europea prevedono tagli agli stipendi degli statali, alla sanità, alla scuola, alle pensioni, ai servizi sociali in genere, con ricadute pesanti sulla stragrande maggioranza della popolazione. In Europa, il proletariato greco – e parte della piccola borghesia – è quello che, finora, sta pagando il prezzo più alto, ma la povertà avanza a passi da gigante dappertutto.

Di fronte a un attacco capitalistico di questa portata, le condizioni per rispondere si complicano di molto, ma non possono essere prese come scusanti dai sindacati, ai quali spetta un ruolo di primo piano nella predisposizione dello scenario delineato. Il sindacalismo “ufficiale” si rende complice del padronato e dei governi, firmando, sempre, accordi peggiorativi, soffocando ogni espressione della lotta di classe che minacci di scavalcare le compatibilità economiche, confermando di essere la cinghia di trasmissione degli interessi borghesi dentro la classe lavoratrice. Il sindacalismo “alternativo” si dimostra impotente a condurre un'azione di contrasto efficace nei confronti del capitale, rincorrendo un riformismo radicale incompatibile – dunque illusorio – con la struttura del capitalismo attuale e, in particolare, con la fase di crisi strutturale.

All'azione paralizzante del sindacalismo – e dei partiti della sinistra borghese – si aggiunge un altro elemento, che intossica e devia le coscienze proletarie: il nazionalismo. Privata della speranza in un'alternativa al capitalismo con il crollo del falso “socialismo reale” (in realtà capitalismo di stato), la classe operaia non di rado cade nella trappola di chi vuol far credere che padroni e operai, sfruttatori e sfruttati abbiano gli stessi interessi, in nome della patria. E' un vecchio trucco, ma che funziona se e quando il proletariato perde la propria identità, accetta la divisione in classi della società come una cosa normale e, dunque, non spera in né tanto meno è disposto a lottare per un mondo diverso, diventando così massa di manovra e carne da macello degli scontri scatenati dagli opposti interessi borghesi.

La reazione della nostra classe è finora molto debole, soprattutto nei paesi “avanzati”; in quelli “emergenti” si sono avute lotte di massa che hanno talvolta potuto raggiungere qualche risultato sul piano salariale. E' l'ennesima dimostrazione che gli spazi per le lotte rivendicative si sono ristretti fortemente, con l'avanzare della crisi e del parassitismo finanziario. Questo, però, non vuol dire che non abbia senso lottare, al contrario! Bisogna farlo, per strappare quello che è possibile strappare, per cominciare a rispondere, rallentandola, all'aggressione del capitale, ritessendo l'unità della classe oltre le divisioni di categoria a partire sì dal terreno “economico”, per portarsi sul piano politico di attacco alla borghesia. Non è un passo semplice e in ogni caso impossibile, in mancanza dello strumento politico della lotta di classe: il partito rivoluzionario.

Tanto nella “metropoli” quanto nei paesi “in via di sviluppo” manca l'avanguardia politica internazionale e internazionalista che sappia captare e dirigere l'energia sprigionata dalla classe proletaria all'attacco non di questo o quell'aspetto dell'oppressione capitalistica, ma dell'intero sistema.

L'aumento dello sfruttamento, la devastazione ambientale fino alla compromissione della vita del pianeta, la violenza e la guerra sono quello che può offrirci la borghesia, se il suo modo di produzione non viene buttato tra i rottami della storia. A noi serve una società diversa nella quale i mezzi di produzione e distribuzione siano socializzati, non gestiti dai padroni. Una società dove la produzione risponda al soddisfacimento dei bisogni, nel rispetto dell'ecosistema, non alla logica del profitto. Per arrivare a questo, bisognerà necessariamente passare attraverso il rovesciamento dello stato capitalista e la presa del potere politico da parte del proletariato. La Tendenza Comunista Internazionalista, di cui il PCInternazionalista è parte, ha questo obiettivo: unisciti a noi!

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Giovedì, May 1, 2014