La spontaneità giovanile - 1968: movimento studentesco

Il “Biennio rosso” 1968-69 sancì definitivamente la trasformazione del sindacato in cinghia di trasmissione degli interessi borghesi dentro il mondo del lavoro salariato. Ovunque, dalla Renault occupata all'Autunno caldo italiano, il sindacato, preso parzialmente alla sprovvista dall'effervescenza operaia, seppe contenere, recuperare e infine soffocare la rabbia operaia, comprese le frange più “incazzate” sfuggite, in un primo momento, al guinzaglio sindacale.
Ma il terreno era stato preparato dalla piccola borghesia studentesca, radicalizzatasi contro il mondo grigio e ammuffito dei propri padri, di cui facevano parte anche il razzismo, il colonialismo, l'imperialismo e la guerra. Non per niente, il '68 comincia nel 1966-67, quando, negli Stati Uniti, decine di migliaia di studenti universitari protestano contro la cartolina che li vorrebbe spedire nelle risaie del Viet Nam. Da lì, a valanga, il movimento si espande un po' in tutto il mondo, facendo delle università le proprie roccaforti, alimentato da un “pensiero critico” che non salva niente della morale dominante: sesso, famiglia, religione, scuola (appunto). Dall'immaginazione al potere alla controcultura, dalle comuni hippy fino al “comunismo qui e ora” del sedicente contropotere, c'è l'illusione di poter vivere una vita radicalmente diversa all'interno della società borghese o, il che cambia poco, di pervenire al comunismo sulla pura spinta soggettiva del proprio desiderio, ignorando e/o saltando gli aspri passaggi del cammino rivoluzionario.
Forse, pochi altri slogan come “Preti, borghesi, ancora pochi mesi!” sintetizzano le illusioni di cui erano preda le masse di giovani e, in particolare, di studenti. E' questo infantilismo estremista che, mentre generalizza la radicalizzazione, la “incazzatura”, la critica confusa ma dura al sindacato di certi settori operai, alimenta teoricamente e praticamente un'artificiosa separazione politica nel corpo del proletariato, esasperando le differenze tecniche (le qualifiche e le mansioni) evidentemente presenti nella classe operaia.
Di fronte alla vita bestiale, allo sfruttamento bestiale cui erano (erano?) sottoposti milioni di operai, immigrati ma non solo, per la piccola borghesia intellettuale nostrana era un po' difficile sostenere la teoria dell'integrazione operaia, quale spiegazione del basso livello della lotta di classe: ecco allora che appare l'operaio-massa quale soggetto politico pressoché unico... assieme agli studenti, alle “donne”, agli emarginati e ai marginali di ogni specie. Dall'idealismo all'interclassismo e viceversa.
Il volontarismo spinto, abbondantemente condito con i cascami ideologici dello stalinismo - per lo più in salsa maoista - depotenziò e poi disperse la carica detonante che, oggettivamente, sarebbe potuta essere la “contestazione generale”, se si fosse correttamente collegata con la classe. Ma questa saldatura poteva compierla solo il partito rivoluzionario, allora, come oggi, troppo debole per essere in grado di influire sul corso degli eventi. Allora, come oggi, questo era ed è il vuoto enorme che deve essere, dunque, riempito.

Sugli avvenimenti francesi nelle giornate di maggio

Nessuna confusione tra i compiti dei "consigli" e quelli del partito

Da Battaglia Comunista n.9, settembre 1968

Agli avvenimenti di Maggio hanno fatto seguito le varie prese di posizione teorico-politiche dei vari gruppi di minoranza rivoluzionaria con l'evidente intento di rivedere criticamente la esattezza o meno delle loro posizioni al lume della recente esperienza, ciò che ha dato luogo ad un vasto e interessante loro ridimensionamento tuttora in atto e i cui tratti fondamentali possono essere cosi precisati:

  1. Il riconoscimento della necessità del partito come il solo organo capace di unificare e rendere cosciente I'iniziativa spontanea, molteplice, contraddittoria e dispersiva della base operaia;
  2. La necessità di precisare l'esatto ruolo o, meglio, la natura e i limiti degli organismi di fabbrica, i cosiddetti "Comitati d'agitazione" ai quali si è voluto attribuire da molti una funzione direttiva, di valore determinante, una prefigurazione del “potere dei consigli”;
  3. La natura di classe del "Capitalismo di Stato";
  4. Accettata la necessità storica del partito rivoluzionario, bisogna che siano chiarite una volta per sempre le funzioni che gli sono proprie e che invece si vorrebbe confusamente attribuire ai “consigli”.

Quanto al primo punto, che ripropone un problema caro un tempo agli anarco-sindacalisti e alla nebulosa e torbida intellettualità soreliana a cui le posteriori tendenze, cosiddette operistiche, si dovevano più o meno fedelmente richiamare, bisogna dire che l'esperienza dei Comitati d'Azione sorti nelle fabbriche soprattutto, ha dimostrato senza possibilità di equivoci, ciò che la creatività di questi organismi può dare sul piano concreto alla causa della lotta operaia, e ciò che essi non possono dare e che storicamente hanno dimostrato di non potere dare per i limiti imposti loro dalla stessa costituzione.

Era fino a ieri caratteristica dei gruppi francesi di minoranza rivoluzionaria, la tendenza a combattere la degenerazione del partito stalinista teorizzando forme nuove di organizzazione le quali, essi pensavano, mentre assicurano all'iniziativa rivoluzionaria il suo ambiente originario, quello del posto di lavoro, la sottraggono all'arbitrio e alla contaminazione degli apparati dei partiti parlamentari.

La nostra polemica con il gramscismo dei "consigli", che pure era stata cosi feconda e ricca di insegnamenti, non sembra abbia avuto l'eco che meritava tra l compagni francesi. Bisogna innanzitutto intendersi sulla reale natura dei "consigli"; essi non sono organismi di massa per la soluzione dei problemi strettamente sindacali come possono essere i Comitati d'azione, di sciopero, ecc., ma sono organi di potere che sorgono in situazioni rivoluzionarie nella fase dell'attacco frontale al potere capitalista.

E' un dato di fatto, ormai generalmente acquisito, che i Comitati di agitazione (Consigli, Soviet) coi quali vorrebbero essere confusi, non sono andati nei moti di maggio-giugno oltre la linea rivendicativa, ciò che ha reso facile a De Gaulle la politica delle concessioni traendo dalla sua parte i sindacati che, esautorati nella funzione di organi direttivi dai Comitati d'agitazione, tornavano cosi a galla come i soli organi di contrattazione, ritenuti legali dallo Stato e dagli imprenditori privati. Entro questa sottile rete delle concessioni e della legalità è rimasto, in definitiva, irretito tutto il proletariato francese.

La rivolta, lo sciopero, e la stessa occupazione dei posti di lavoro, hanno cosi dimostrato il vero volto della vasta e violenta agitazione che aveva, sì, immobilizzato la macchina dello Stato e riempito di spavento la classe dirigente, ma non aveva in nessun modo spezzato i gangli vitali di questo organismo, fatto questo indispensabile perché la crisi possa assumere i caratteri di un autentico moto rivoluzionario.

Ecco perché i "Comitati di agitazione", comunque collegati, si sono ad un certo momento ripiegati su se stessi in coincidenza con l'esaurirsi del moto rivendicativo placato dalla politica delle concessioni nella illusione di continuare ad operare come organi del potere, che tale è la funzione del Consiglio-Soviet; sarebbe stato necessario in tal caso il superamento della linea strettamente corporativa per inserirsi in un contesto di azioni aventi per obiettivo la conquista rivoluzionaria del potere che in Francia non era ancora all'ordine del giorno, mancando sia delle condizioni obiettive che di quelle soggettive, se si tiene conto della più completa assenza di una ferrea e unitaria guida rivoluzionaria.

Una situazione incandescente di rivolta non è ancora necessariamente una situazione rivoluzionaria, anche se certi suoi aspetti possono dare l'impressione di esserne i segni premonitori. Nel fermento di una psicosi suscitata dalla violenza, nascono false prospettive che conducono inevitabilmente all'illusione di considerare gli organismi nati per legge spontanea nel crogiolo della lotta come gli strumenti nuovi dell'azione rivoluzionaria e del potere operaio.

Falsa prospettiva, dunque, parodia di "Consigli" e crollo verticale sono il bilancio inevitabile e a volte tragico di ogni sconfitta.

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Il cedimento sindacale e le "promesse" corporative di De Gaulle, che hanno finito per ingabbiare il proletariato di Francia, sarebbero invece apparse come un estremo atto di debolezza del regime e avrebbero rafforzato il fronte della strategia di classe se fossero stati realmente operanti gli organi del potere operaio sotto la guida, lo stimolo e la indistruttibile coscienza del fine, propria del partito rivoluzionario. Un enorme potenziale di lotta rivoluzionaria è stato messo stupidamente alla frusta nella sua capacità aggressiva da una banale mossa tattica di concessioni economiche che hanno ridato ossigeno alla macchina del sindacato, segno evidente della ripresa dell'ordine capitalista.

E siamo cosi al punto centrale di questo esame: il rapporto che deve intercorrere tra organismi di fabbrica, i consigli, e il partito della classe operaia tanto nella fase montante dell'azione rivoluzionaria che nella fase dell'esercizio della dittatura nello stato socialista.

Tutti gli organismi che sorgono anche per germinazione spontanea, dalla fabbrica e in genere dai posti di 1avoro, obbediscono per loro natura alle spinte varie e contraddittorie che provengono dal diverso modo di svolgimento del processo produttivo ed esprimono in ogni caso e soprattutto una ragione rivendicativa differenziata cosi come sono differenziate tra loro le categorie. La coscienza di categoria non è ancora coscienza di classe anche se tende ad esserlo e vi perverrà storicamente solo in una fase avanzata della propria esistenza, a compimento della sua esperienza di potere, quando avrà piena coscienza di aver portato fino in fondo il suo ruolo di classe, nell'atto, cioè, del suo superamento. Nessuna confusione, dunque, tra i compiti dei «consigli» e quelli del partito. Su questa linea di sviluppo il proletariato si avvarrà dell'azione formativa e realizzatrice del partito rivoluzionario come la parte migliore di sé, l'essenza materializzata della sua missione di classe egemone, la coscienza piena e unitaria del suo destino storico. Ma non è concepibile l'esistenza del partito senza la classe che ne è la matrice storica, come non è concepibile che la classe pervenga alla completa coscienza del suo ruolo di classe rivoluzionaria senza la presenza operante del "suo" partito. Non è infine concepibile che l'uno possa sostituire o fare a meno dell'altro nel ruolo che è loro proprio. L'unità di classe più partito è la condizione prima e insostituibile della vittoria rivoluzionaria.

Gli avvenimenti di maggio-giugno passerebbero alla storia del movimento operaio come una tappa d'importanza fondamentale se avessero contribuito a rafforzare la persuasione che senza partito rivoluzionario «ogni crisi borghese, anche la più profonda, può avere una soluzione borghese».

Quando parliamo della necessità della ricostruzione del partito di Lenin, a questo tipo di organizzazione di Partito noi ci riferiamo e non a quello che è uscito da una sconfitta di classe, piegato alle esigenze della controrivoluzione stalinista.

Il partito, leninisticamente inteso, non è una astrazione metafisica, non nasce tutto intero dalla mente di Giove né risulterà mai dalla somma aritmetica di più gruppi tra di loro ideologicamente eterogenei, ma è il frutto di decenni di ininterrotto lavoro di proselitismo, di selezione e di addestramento teorico e pratico, una scuola di assoluta dedizione e di sacrificio da cui usciranno i quadri idonei ai compiti della lotta rivoluzionaria.

Il rapporto partito-classe è lo stesso che intercorre tra dittatura-classe e partito, rapporto, cioè, dialettico e non formale e burocratico; la classe si sostanzia e si invera nel partito come nella parte di sé ideologicamente e politicamente più preparata all'esercizio del suo potere nella dittatura.

Chi parla di dittatura del partito al posto di dittatura di classe, stacca il partito dal contesto della classe e spezza così il nesso dialettico su cui si basa il rapporto classe-partito rovesciando i termini della determinazione propri del marxismo per ricadere nella formulazione idealistica e borghese per se stessa antideterministica e obiettivamente reazionaria. Due momenti, dunque: il partito nella concezione e nella pratica leninista, scomparso di fatto con la morte di Lenin, e il partito del posteriore periodo stalinista.

Si ricordi a questo proposito con quale ansia e attenzione Lenin seguiva, dopo la Tesi di luglio [così nell'originale, ma probabilmente voleva dire di aprile, ndr], il crescere dell'influenza del partito bolscevico nei Soviet dei maggiori centri proletari perché alla conquista bolscevica della maggioranza di questi organismi di massa e non solo alla capacità di determinazione del partito, egli faceva dipendere l'inizio della fase insurrezionale e la certezza della vittoria rivoluzionaria.

Quando il partito degenera, e può comunque degenerare, non esistono garanzie organizzative, tanto in regime di centralismo democratico che in quello di centralismo organico, che possano impedire od arrestare il processo degenerativo; bisogna allora riattingere nella classe, nelle ragioni storiche della sua ripresa, i motivi ideali e i quadri organizzativi del nuovo partito rivoluzionario.

Crediamo che la Francia proletaria si trovi oggi nelle condizioni di dover riannodare questi motivi ideali e questi quadri organizzativi per la costruzione del partito della rivoluzione, primo momento nello schieramento internazionale per avere essa vissuto i motivi essenziali, positivi e negativi insieme, degli avvenimenti di maggio.

Dalla lettura, infine, della piattaforma ideologico-politica del gruppo "Pouvoir Ouvrier" non è facile intuire la reale differenza che intercorre tra le due definizioni di "Capitalismo burocratico di Stato" e il puro e semplice "Capitalismo di Stato" individuando nel primo lo Stato russo e quelli modellati su tale esperienza e nel secondo gli Stati Uniti d'America e tutti gli altri paesi ad economia di avanzato capitalismo.

Una tale distinzione poteva avere una parvenza di giustificazione nel contesto di una visione del mondo sovietico quale era ed è tuttora quella trotskista che parte dal presupposto dello Stato burocratico degenerato visto nel cuore di una economia tendenzialmente socialista da cui si fa discendere la necessità di una rivoluzione "politica" che dovrebbe spezzare le sovrastrutture dello Stato burocratico e non la struttura della sua organizzazione economica.

Ma se i compagni di "P.0." pongono anche per i paesi a regime di capitalismo burocratico di Stato la necessità della sua eliminazione con l'azione rivoluzionaria del proletariato come per un qualsiasi altro capitalismo di Stato, vuol dire che dall'angolo visuale di classe non esistono tra i due regimi alcuna distinzione d'importanza fondamentale. C'è allora da chiedersi perché questa insistenza nell'uso dell'aggettivazione di "burocratico" che se non altro ingenera incomprensione e dubbi; il capitalismo nella fase imperialista del suo sviluppo è allo stesso modo, dovunque e per legge naturale, burocratico: lo si veda nell'esperienza russa come in quella d'ogni altro paese ad avanzato capitalismo monopolistico.

Osservatorio del mondo studentesco

Problema del nostro tempo

Da Battaglia Comunista n.1, ottobre 1968

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Il nostro Partito ha già più volte dichiarato le proprie posizioni nei confronti di questo o quell'aspetto del movimento studentesco (M.S.) quale si è presentato lo scorso anno.

Ora riteniamo necessario spiegare brevemente, in modo semplice ma chiaro, il perché delle nostre critiche nei confronti di esso e l'atteggiamento che intendiamo tenere in futuro di fronte al movimento ed in esso muovendoci.

La prima critica che gli abbiamo mosso era di essere completamente estraneo alla lotta di classe. Più che una critica questa è la constatazione di un fatto inevitabile. Perché? Anzitutto chiariamo che cos'è la lotta di classe. Essa è la lotta che la classe sfruttata conduce contro le classi sfruttatrici. Le classi sfruttate sono la classe operaia e contadina (in subordine). Il processo di produzione dell'attuale sistema borghese poggia soprattutto sullo sfruttamento della classe operaia che è inoltre più omogenea della classe contadina. Questa però è una alleata importante del proletariato industriale nella lotta contro il capitalismo. La classe sfruttatrice è la borghesia che gode il prodotto del lavoro dell'operaio e a lui non pagato. La lotta fra queste classi è quindi una guerra storica che finirà solo con la vittoria del proletariato e la costruzione del Socialismo.

Gli studenti non sono una classe: il loro movimento riguarda i problemi della scuola. Noi dobbiamo osservare perché il M.S. ha assunto la grandiosità che oggi notiamo in coincidenza con l'aggravarsi di alcune contraddizioni all'interno della struttura scolastica. Fra queste, osserviamo la più importante. La scuola fa parte dell'apparato dello Stato borghese ed obbedisce alle esigenze di conservazione di questo. Essa è concepita per servire ai padroni. Finora doveva preparare i quadri dirigenti dello Stato e della economia della classe borghese e da questa attingeva prevalentemente i suoi allievi. La sua struttura e il suo metodo attuali rispondono a questi bisogni della borghesia.

Dalla seconda guerra mondiale in poi, però, assistiamo a un velocissimo processo di industrializzazione, di meccanizzazione e di automazione: la società tecnologica si sviluppa enormemente perché il capitalismo, per sopravvivere, ha bisogno di rinnovare i suoi apparati di produzione, di automatizzarli, di migliorarli continuamente dal punto di vista tecnico, specie in certe zone. Ma per fare questo ha bisogno di un sempre maggior numero di tecnici e quindi sempre più professori di lettere, storia e filosofia per educare quei tecnici come vuole il capitalismo.

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Lo Stato borghese è quindi costretto ad aprire le scuole anche ai figli delle classi più povere: ai figli degli operai, dei contadini, dei piccoli negozianti (anche la legge sulla scuola media unica obbligatoria ubbidisce a questa logica). Crescono così gli istituti tecnici e cresce il numero di studenti come il numero delle classi sociali da cui provengono quegli studenti. Ed ecco i termini della contraddizione: da una parte l'ideologia borghese, coerente con i bisogni di conservazione, concepisce e attua una scuola per pochi figli delle classi agiate; dall'altra parte i nuovi bisogni della borghesia stessa determinano l'afflusso nelle scuole superiori e, quindi, immediatamente nelle Università, di un numero sempre crescente di studenti di varia estrazione sociale. Evidentemente ciò crea un grave stato di disagio fra gli studenti come fra i docenti, da qui la protesta.

Ma cosa vogliono gli studenti? Vogliono avere più potere nelle scuole (potere studentesco), vogliono essere in grado di andare a scuola senza gravare troppo sui bilanci familiari (diritto allo studio). Tutto ciò è lodevole, ma se guardiamo bene è ciò che vuole anche il neocapitalismo che ha bisogno di quanto abbiamo già detto. La loro lotta contro questi limiti rimane quindi nei termini della contraddizione suddetta e non interessa la guerra tra proletariato e borghesia, guerra che serve per distruggere il sistema e lo Stato capitalista e a costruire un sistema socialista.

Gli studenti comunisti internazionalisti non hanno lottato e non lottano come studenti, ma come uomini che hanno deciso di dedicare la loro vita e i loro sforzi alla causa della classe operaia e sanno anche che la scuola libera, la scuola per tutti è possibile solo in regime socialista, quando tutti gli uomini saranno effettivamente liberi. Cosa può dare aIlora il M.S. alla causa della Rivoluzione Socialista? Indubbiamente esso è un movimento di massa, ma come tale può dare molto poco perché non può fare a meno di muoversi sulle basi suddette. Esso anzi a volte danneggia la causa della Rivoluzione. li PCI a volte lo attacca e lo stesso fanno i sindacati, ma non spiegano mai a fondo perché. Noi ne facciamo delle critiche e le spieghiamo alla luce del comunismo rivoluzionario.

In base ad esse eventualmente lottiamo; quando una massa quale quella degli studenti agisce ha bisogno anche di una ideologia (o di più ideologie) per giustificare le sue azioni che a volte determinano nuove idee. Nel M.S. si sono costituite delle correnti: di queste a noi interessano quelle che sembra abbiano capito che la scuola è una struttura secondaria del sistema capitalista e che quindi è questo che deve essere combattuto.

Ho detto "sembra che abbiano capito". Gli uomini di quelle correnti parlano di lotta al capitalismo, di necessità di combattere il sistema e lo Stato borghese, ma continuano ad affermare che la lotta degli studenti tutti può essere di prima importanza per distrugge:re il capitalismo. Quei signori non hanno invece capito nulla di che cosa è il sistema capitalista: esso è il sistema di sfruttamento economico della classe operaia che è quindi la sua nemica diretta e che è la sola ad essere in grado di costruire il Socialismo. Essi pretenderebbero che gli operai si muovessero per aiutare gli studenti. Con ciò gli studenti continuerebbero a muoversi per risolvere la contraddizione tra strutture scolastiche ed esigenze del neocapitalismo a favore di quest'ultimo. Gli operai dovrebbero aiutarli a favorire il capitalismo!

A questo punto la posizione di tali correnti si commenta da sé: è controrivoluzionaria. Altri dicono di aiutare gli operai quando questi lottano, con i sindacati e con i partiti parlamentari come PCI e PSIUP: e chi legge la nostra stampa sa che anche quella posizione va contro gli interessi storici del proletariato. Ci sono poi gli operaisti e gli spontaneisti, quelli cioè che vedono, sì, la classe operaia come la sola capace di condurre la Rivoluzione, vedono sì nei partiti parlamentari uno strumento a... sinistra del capitalismo che se ne serve per conservarsi, ma pretenderebbero che la classe operaia si muovesse e magari insorgesse senza la preparazione e gli strumenti adeguati quali il partito rivoluzionario.

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Accanto ci sono quelli che affermano che il partito si forma per "germinazione spontanea" della classe operaia e non sanno o fingono di non sapere che il partito significa anche ideologia e che questa è frutto del lavoro di uomini che per anni si si sono dedicati e che si sono dati una organizzazione, per quanto minima possa essere. Infine ci sono i filocinesi che, da tempo lo ripetiamo, lo spieghiamo, si rifanno a Mao e a Stalin, gli strangolatori della Rivoluzione in Cina e in Russia, ma che, ultimamente, rifiutano "in toto" il M.S.

Cosa dovrebbero fare invece, oltre che rafforzare il partito di classe, gli studenti che volessero agire veramente in senso rivoluzionario? Innanzitutto dovrebbero aiutare la classe operaia nelle sue lotte contro il capitalismo, contro l'opportunismo dei partiti parlamentari e le burocrazie sindacali. Dovrebbero cioè contribuire insieme alle avanguardie operaie a sconfiggere il mito della democrazia parlamentare, che è sempre stata borghese e quindi obbiettivamente dittatoriale nei confronti del proletariato. Dovrebbero favorire la nascita di comitati operai d'agitazione durante gli scioperi per controllare l'operato dei sindacati ed eventualmente sostituirli quando dimostrassero il loro opportunismo tradendo la massa operaia. Dovrebbero aiutare le organizzazioni rivoluzionarie nell'opera di propaganda e di organizzazione. Dovrebbero mettere in guardia i lavoratori dalle lusinghe della parte contro rivoluzionaria del M.S.

Nella scuola gli studenti che veramente vogliono porsi sul piano della lotta rivoluzionaria al capitalismo dovrebbero agire rifiutando le riforme governative utili solo a sanare le contraddizioni del capitalismo e a truffare gli studenti. Dovrebbero cioè contribuire ad acuire le contraddizioni del sistema sul piano della scuola. Non dimentichiamo che il capitalismo è destinato a finire perché irto di contraddizioni che prima o poi scoppieranno nella Rivoluzione dalla quale nascerà la nuova società socialista. Meno lo aiutiamo a risolvere e più vicina sarà la sua fine.

Per quanto riguarda gli studenti internazionalisti ed il loro partito, essi continueranno a muoversi sul piano indicato: sapranno riconoscere i compagni studenti che agiranno così e combatteranno tutte le altre frazioni del M.S. più o meno vigliaccamente riformiste ed oggettivamente controrivoluzionarie.