A proposito degli ultimi, dolorosi, avvenimenti

L'ultima Assemblea Generale del Partito è stata teatro di un brutto episodio: l'espulsione dei compagni della sezione di Catanzaro dalle file del Partito. Compito di questo documento è cercare di individuare e chiarire i nodi politici che sono stati, se ce ne sono stati, alla base di questa rottura (1).

Le critiche sollevate dalla sezione di Catanzaro al resto dell'organizzazione investivano i seguenti argomenti:

  1. fascismo-antifascismo
  2. modalità e strumenti dell'intervento del Partito nella classe
  3. genesi storica e ruolo del Partito di classe
  4. corretta interpretazione della legge della caduta del saggio di profitto
  5. imperialismo e lotte di liberazione nazionale

Il primo problema è che gli stessi compagni che avanzavano tali rilievi - accusando il resto dell'organizzazione di allontanarsi dalla tradizione internazionalista per dare vita ad una “deriva movimentista” - tanto più ne sottolineavano la gravità, tanto più si rifiutavano di produrre documenti nei quali tali critiche fossero organicamente esposte. Le loro considerazioni - fatta eccezione per la caduta tendenziale del SMP - venivano formulate partendo semplicemente da brevissime citazioni (in alcuni casi opportunamente tagliate...) tratte da volantini o articoli. Nonostante le numerose occasioni avute (per esempio l’Agm 2008) mai sono andati oltre le loro inconsistenti e-mail. Hanno poi accusato alcuni compagni di sottrarsi alla discussione (via e-mail) o di averlo fatto in modo superficiale. Una accusa così grave - la presunta deriva movimentista del Partito Comunista Internazionalista - non poteva essere affrontata attraverso un ping-pong di e-mail, pretendere questo era assurdo. L’unico strumento attraverso il quale affrontare seriamente la questione era l’Agm (che ha valore di congresso). Approfittando dell'inasprirsi dei toni del dibattito, questi compagni, invece, si defilavano dalla vita interna del Partito e dalla discussione nei luoghi preposti. Dapprima si dimettevano dal ruolo che ricoprivano nel CE, successivamente si dimettevano anche dal comitato di redazione e, infine, arrivavano - nel mese di maggio - al rifiuto categorico di difendere le loro posizioni, non partecipando al momento di massimo confronto dell'organizzazione: l'Assemblea Generale.

Il corpo del Partito, non potendo che prendere atto della non disponibilità al confronto di questi compagni - oltretutto su questioni da loro stessi sollevate - non ha potuto fare altro che sancire il loro definitivo allontanamento dall'organizzazione, con l'espulsione. D'altronde, gli stessi compagni, con il loro comportamento, di fatto si sono posti fuori dal Partito; non potevamo fare altro che prendere atto di questo e decretare quindi l’espulsione(2).

La stessa AGM ha però affrontato con estrema serenità e chiarezza ogni singola accusa rivoltale e, pur in assenza degli accusanti, il dibattito è stato molto franco e aperto. Ne riportiamo, sinteticamente, i contenuti.

1. Fascismo-antifascismo

L'accusa. L'articolo “incriminato”, il quale avrebbe dovuto dimostrare la deriva in atto nella nostra organizzazione verso posizioni vicine all'antifascismo democratico, era “A proposito di “Cuori rossi” e “Cuori neri” “ apparso su Battaglia Comunista 10-2008.

Dall'articolo in questione si sarebbe dovuta evincere la tendenza dell'autore e di parte del Partito a simpatizzare per uno dei fronti della guerra imperialista, a sostenere le lotte di liberazione nazionale, a tradire il disfattismo rivoluzionario in favore del tifo per la fazione imperialista ritenuta più progressiva.

La risposta dell'Assemblea Generale. L’equidistanza dei rivoluzionari da entrambi i fronti della guerra imperialista non significa essere equidistanti rispetto a chi, tra la base partigiana, credeva di sostenere - seppur imprigionato in forme ideologiche borghesi e finendo quindi tra le braccia del nemico di classe - la causa degli sfruttati e chi si poneva invece al sostegno del fascismo. Questo per il semplice fatto che tra i primi la propaganda internazionalista per sottrarli dall'influenza del riformismo è possibile, mentre tra i secondi no. Negli anni '40 i compagni andavano, infatti, a fare propaganda tra i partigiani, non tra i repubblichini (ed è per questo che gli stalinisti li perseguitavano).

Sebbene siano due facce del potere e dell'oppressione borghese, non dobbiamo mettere - in assoluto - sullo stesso piano il fascismo e la democrazia perché sono, di fatto, differenti. Nel combatterli entrambi dobbiamo avere la capacità di delineare i tratti peculiari di questo e di quella. Se combattiamo la democrazia come “il migliore involucro del potere borghese”, allo stesso modo combattiamo il fascismo come la faccia più brutale dell'anticomunismo capitalista. In ogni caso non c'è lotta contro l'una o contro l'altro se questa non è lotta contro il capitalismo nel suo complesso. Fascismo e democrazia sono entrambe sovrastrutture, politiche e ideologiche, del capitalismo ed entrambe vanno combattute, da questo punto di vista esse stanno assolutamente sullo stesso piano. Ma hanno caratteristiche diverse e quindi, per alcuni aspetti, si collocano su piani diversi, di questo i rivoluzionari non possono non tenerne conto.

Noi siamo sempre anticapitalisti, indipendentemente dalla forma di gestione che il capitalismo adotta. Il fascismo, nelle fasi in cui monta la lotta di classe, è lo strumento principale della conservazione del potere borghese, noi rivoluzionari caratterizziamo quindi la nostra opposizione al fascismo come “antifascismo di classe”, il che sta a significare un'opposizione al fascismo in quanto faccia che ci presenta il capitalismo in una particolare fase storica, in alternativa a quella democratica.

Nella crisi, siamo noi internazionalisti che possiamo e dobbiamo aggregare i proletari sostenendo le posizioni anticapitaliste, sarebbe quindi un errore rincorrere la borghesia sul suo terreno, quello dell'antifascismo. Ciò che nell'articolo è mancata è stata invece una collocazione del movimento partigiano all'interno della contrapposizione tra gli schieramenti imperialisti. Nell’articolo Giacomo voleva mettere in evidenza le diverse caratteristiche delle ideologie fascista e antifascista, differenze che portarono gli internazionalisti ad intervenire tra i partigiani e ovviamente non tra i fascisti. Il limite dell’articolo è stato di andare poco oltre le ideologie. Questo difetto ha dato l’impressione che si andavano a giudicare movimenti di massa come fascismo e partigianesimo semplicemente fermandosi ai rispettivi contenuti ideologici. Poteva quindi non essere chiara la nostra distanza da entrambe queste ideologie borghesi e quindi, di conseguenza, da entrambi i fronti imperialisti. Distanza che è stata invece nettamente ribadita dall’Agm e dallo stesso Giacomo.

In ogni caso i compagni di Catanzaro, che costituivano il comitato di redazione, avrebbero dovuto segnalare a Giacomo le proprie riserve, sospendere la pubblicazione dell’articolo e pubblicarlo successivamente con le opportune modifiche. I compagni di CZ hanno invece prima pubblicato l’articolo e successivamente lo hanno criticato (3).

2. Modalità e strumenti dell'intervento del Partito nella classe (rete dei gruppi di fabbrica indipendente dal partito?)

L'accusa.

“... il riscatto delle nostre condizioni di vita e di lavoro passa per la lotta intransigente contro questo sistema, lotta che richiede inevitabilmente forme e metodi incompatibili con la pratica sindacale (comitati di lotta e assemblee territoriali su tipo dei movimenti No Tav/No Dal Molin).” (volantino per lo sciopero della CGIL del 13 febbraio 2009)

“È pressoché impossibile non rilevare che qui mentre è letteralmente scomparso il partito e la necessità della sua organizzazione di fabbrica e territoriale, si indicano come strumenti indispensabili per condurre una coerente lotta di classe in difesa delle condizioni “di vita e lavoro” generici comitati di lotta e, peggio ancora, movimenti “civili” quali il “No Tav” e il “No Dal Molin” che sono interclassisti per definizione, per contenuti e composizione sociale nonchè per gli obbiettivi che si prefiggono di raggiungere.
Questa indicazione, a nostro avviso, non è molto dissimile da quella contenuta nell'appello lanciato da L. per la costituzione di una rete operaia e territoriale e di una lega di studenti ( almeno queste erano rivolte agli operai e agli studenti internazionalisti!), a latere e indipendente dal partito, la scorsa estate. Lascia pertanto alquanto perplessi il fatto che questo volantino sia stato approvato nonostante a suo tempo il Ce respinse quell'appello [...].
Noi siamo, invece, convinti,- come peraltro previsto dalla nostra piattaforma politica e sindacale- che senza la presenza organizzata del partito sui posti di lavoro e sul territoro ( gruppi comunisti internazionalisti di fabbrica e territoriali) quale polo di riferimento autenticamente anticapitalista anche questi organismi sono destinati a scomparire con l'esaurirsi delle situazioni contingenti che ne determinano la nascita. Pertanto il ritenere - come si sostiene nel volantino - che possano essere gli strumenti indispensabili per l'esercizio di una pratica “incompatibile con quella sindacale” ci sembra almeno velleitario e comunque frutto di un approccio alla questione dell'intervento e del rapporto fra il Partito/Classe di tipo chiaramente movimentista.” (Lettera di Catanzaro, 18 febbraio 2009)

La risposta dell'Assemblea Generale. Riguardo la critica al volantino - e “sorvolando” sul fatto che anche il volantino, così come l'articolo di Gek, è stato criticato dopo la pubblicazione/diffusione - è stato ribadito, come più volte fatto nel dibattito delle settimane precedenti, che la frase - sicuramente infelice, ma che sarebbe stato sufficiente correggere senza drammatizzare - “sul tipo dei movimenti No Tav/No Dal Molin” stava a significare la possibilità e la necessità che un possibile movimento di lotta di classe “lotta che richiede inevitabilmente forme e metodi incompatibili con la pratica sindacale” non rimanga imprigionato nei limiti di azienda o di categoria, ma tenda, da subito, ad estendersi oltre i propri immediati confini, come hanno cercato di fare i No Tav/No Dal Molin. Questa indicazione, che poteva sicuramente essere formulata in maniera più chiara, non stava a significare né che i movimenti No Tav/No Dal Molin sono movimenti di classe proletaria, né che la classe può produrre una coscienza rivoluzionaria in assenza dei Gruppi di Fabbrica e di Territorio, ovvero in assenza del Partito organizzato sui luoghi di lavoro e nel territorio, né che i No Tav/No Dal Molin sono in quanto tali dei modelli di movimento al quale aspirare, nel testo erano infatti presi semplicemente come esempio organizzativo di estensione delle lotte su base territoriale.

Fermo restando questo, sono necessarie tre precisazioni almeno. La prima è che appare quanto meno illusorio pensare che, in particolare agli inizi di un moto proletario, questo possa presentarsi in forma “pura”. Le prime forme di lotta di classe, soprattutto dopo il sonno trentennale nel quale la lotta di classe è sprofondata, potranno facilmente presentarsi “contaminati” da movimenti con parole d'ordine interclassiste, rispetto ai quali sarà compito di noi rivoluzionari apportare la dovuta chiarezza e sviluppare nel proletariato la coscienza dei propri autonomi interessi di classe. La seconda precisazione è che sono le assemblee proletarie gli strumenti organizzativi della lotta di classe e il terreno intermedio tra il Partito e la classe, nel quale questo può agire, per mezzo dei suoi quadri organizzati sul luogo di lavoro e sul territorio (i GIFT) per conquistare la direzione della classe stessa. Qui l’accusa cade in un errore grave: i Gruppi di Fabbrica sono gli strumenti di intervento del partito nella lotta di classe, non gli strumenti della lotta di classe stessa. Questi sono e saranno sempre le assemblee proletarie che oggi operano nella lotta di difesa dagli attacchi padronali e domani, se il Partito sarà stato capace di assumerne la direzione, potrebbero costituire la base sia per la costruzione del soggetto della rivoluzione comunista sia per la costituzione degli strumenti del potere proletario. Questa confusione tra forme organizzative nelle quali si esprime la lotta di classe e strumenti che il partito si dà per intervenire in queste, ci sembra ben riassumere la posizione dei compagni di CZ, tutta tesa a sottovalutare sistematicamente le problematiche dell'intervento reale nella classe. La terza ed ultima precisazione è che non è mai esistito un “appello lanciato da L. per la costituzione di una rete operaia e territoriale [...] a latere e indipendente dal partito”; i compagni di CZ hanno, in questo caso, assolutamente travisato un altro volantino, ma nonostante questo gli sia stato fatto più volte notare, non hanno smesso di continuare ad usare questo falso argomento (4). La questione “rete operaia” venne inoltra trattata, in modo esaustivo, in sede di CE, così come la questione della lega giovanile (5). D'altra parte, tutto questo è perfettamente coerente con un atteggiamento, sviluppatosi negli ultimi anni, improntato sulla sull'immancabile esasperazione, fino al travisamento e alla spudorata falsificazione, delle posizioni altrui.

3. Genesi storica e ruolo del Partito di classe (il Partito nasce dalla lotta di classe e dai suoi organismi)

L'accusa.

“Uno dei punti cruciali, l’ostacolo contro il quale e in molti casi s’infrangono tentativi e percorsi, è costituito dall’incomprensione del ruolo fondamentale che il partito.... deve svolgere per introdurre una precisa coscienza di classe nel proletariato stesso...”

“Non vi sfuggirà che nella proposizione “...introdurre una precisa coscienza di classe...” vi è implicita l’assunzione della classe come data oggettivamente cioè come elemento passivo del processo di produzione della coscienza rivoluzionaria, un semplice recipiente che il partito, quale una sorta di fabbrica della coscienza per sé, ha il compito di riempire.” (Catanzaro 4 dicembre 2008)

“L’articolo - documento di D.C. “Rispondere come classe agli attacchi del capitale in crisi” in cui si ripropone la tesi secondo cui i lavoratori, spontaneamente e con qualche spintarella di un partito peraltro ancora in costruzione, possono dar vita a una organizzazione “Fuori e contro la logica della pura contrattazione quale unico fine delle lotte; per una loro organizzazione indipendente e libera dai vincoli sindacali ecc. ecc. che non lasci spazio a concezioni di stampo “anarcosindacalista” e non subisca attrazioni per “richiami a tinte radicali o massimaliste”.
In pratica, si riaffermano la validità delle conclusioni del volantino e in ultima istanza la tesi sostenuta sempre da D.C. nel suo opuscolo “Lotta di classe, Stato politico ecc. ecc.”, secondo cui: “Il contrasto tra proletariato e borghesia, quando si estende in una aperta lotta di classe contro classe, assume un preciso aspetto politico: l’organizzazione di classe del proletariato si trasforma in partito politico. Portato alla sua più alta espressione il conflitto sociale sfocia e si risolve nella rivoluzione totale.” e di F.D. che, nell’estate del 2005 in un documento di discussione con la frazione della CCI, scriveva: “La coscienza (rivoluzionaria - ndr) quindi non è portata dall'esterno, il partito non è un corpo estraneo alla classe, ma l'una e l'altro sono il frutto storico della lotta di classe.”
Che il partito non debba essere un corpo estraneo alla classe è un conto ma che la coscienza comunista possa essere il prodotto storico e perciò spontaneo della lotta di classe, non ci pare che collimi molto con la concezione leninista del partito. Né che trovi conferma nella storia del movimento operaio.” (Catanzaro 15 aprile 2009)

La risposta dell'Assemblea. Come per le altre questioni, i compagni di CZ hanno fatto dei “collage” alquanto discutibili e ne “evincono” che nel partito sarebbe in atto una deriva perché il partito e la coscienza sono un “prodotto storico e perciò spontaneo della lotta di classe”. A parte il fatto che non si capisce perché un prodotto storico debba essere automaticamente spontaneo (ogni evento umano è un prodotto storico, prodotto dalla storia degli uomini i quali la fanno, la storia, un po' tanto inconsapevolmente e un po' consapevolmente), gli stessi compagni “incriminati”, sul partito hanno prodotto fior di documenti sui quali nessuno ha mai avuto da ridire.

Detto ciò, si è ribadito che nessuno, nell'assemblea, condivide né appoggia il consiliarismo, che nega l'indispensabile ruolo del partito; si è dunque ritenuto che la discussione sul punto precedente fosse esauriente anche rispetto ai problemi sollevati in questo punto. Non c'è quindi stata una discussione approfondita su questo argomento.

In ogni caso si rendono necessarie due riflessioni: la prima è che dietro queste critiche vi è evidente malafede, perché da una lettura integrale degli articoli in questione, appare evidente che la tesi sostenuta non è assolutamente e in nessun caso quella che CZ voleva mettere in bocca all'estensore. La seconda è che, sebbene si sia abbondantemente dimostrato che non esiste nessuna deriva nel partito, va ad ogni modo rilevato che, effettivamente, qua e là emerge, a volte, una certa imprecisione di linguaggio. La cosa, di per sé, normale, in un organismo fatto di persone e non di esseri superiori, naturalmente non deve essere presa come scusante per trascurare la preparazione teorico-politica; allo stesso tempo, però, non dà diritto ai catanzaresi di ergersi a giudici di chicchessia, né a sommi sacerdoti custodi della “ortodossia”. Va da sé, non tutte le osservazioni critiche erano sbagliate, ma anche in questi casi si avvitavano e finivano per degenerare nell'immancabile spirito pregiudizialmente censorio.

Volendo usare il loro stesso metodo, cioè quello dell'esasperazione e della distorsione, negli occhi dei compagni di CZ si potrebbero trovare non poche travi; così come ha sottolineato Fabio sulla questione della caduta del SMP; sulla questione del plusvalore assoluto si è andati, come al solito, da un estremo all'altro, prima attribuendolo all'economia tedesca in toto e in seguito addirittura negandolo, per poi farlo riapparire in uno degli ultimi articoli di BC versione CZ (a firma U.P.). Per aprire un inciso, le stesse stesi congressuali del 1997 parlavano del ritorno del plusvalore assoluto.

4. Corretta interpretazione della legge della caduta del saggio di profitto

A causa della consistenza dell'argomento l'assemblea ha deciso di non affrontare questo tema in modo approfondito, al quale sarà comunque dedicato un articolo sul prossimo numero di Prometeo. Qui, si può dire, in breve, che l'impostazione degli ex compagni Catanzaro, rinnega non solo e non tanto la pluridecennale impostazione assunta dal partito sull'argomento, quanto lo stesso metodo esposto da Marx nel Capitale, nei Grundrisse, nelle Teorie sul plusvalore e in ogni altro scritto riferentesi alla questione. Per l'ex sezione di CZ, il plusvalore relativo è la più importante controtendenza alla caduta del saggio medio del profitto, quando, per Marx (e per la realtà) ne è il più importante acceleratore. Ovviamente, il rapporto tra plusvalore relativo, accumulazione e caduta del saggio, è un rapporto dialettico, ma in alcun modo Marx sostiene quello che sostengono gli ex compagni.

5. Imperialismo e lotte di liberazione nazionale

L’accusa.

“...non condividiamo la distinzione tra imperialismo “che viene dall’esterno” ed imperialismo domestico “che viene dall’interno” oppure fra imperialismo “aggredito” e imperialismo “aggressore”. A nostro avviso si tratta di formulazioni erronee che contraddicono quanto formulato nella piattaforma del nostro partito che assimila sia la borghesia dei paesi periferici che quelle dei centri metropolitani in un'unica classe internazionale di capitalisti... Considerando comunque che finirà non è mai stata posta in discussione la pratica del disfattismo rivoluzionario riteniamo sia nostro dovere sollecitare la massima cura nella formulazione di questioni così delicate onde evitare che, all’esterno, si possa desumere, ad esempio, un nostro appoggio all’Iran ...”

La risposta dell'Assemblea Generale. Questo è quanto scrivevano i compagni di CZ nel lontano 2007 (la versione completa si trova nel bollettino interno numero due).

Innanzitutto non possiamo non rilevare due cose. La prima, dopo qualche mese si terrà l’Agm 2008, perché i compagni non hanno posto la questione in quella sede? La seconda, anche in questo caso si parte da citazioni di semplici parole (nemmeno interi periodi), isolandole dal contesto per poi poterci costruire intorno conclusioni mai realmente espresse.

In ogni caso, l’Agm ha opportunamente risposto. Sono state ribadite, anche in questo caso le posizioni classiche del partito. La borghesia di ciascun paese periferico è parte della classe borghese internazionale e come tale partecipa allo sfruttamento internazionale del proletariato e alla lotta interimperialista. L’imperialismo è uno stadio di sviluppo del capitalismo, ogni borghesia è imperialista. La distinzione tra “aggressore” e “aggredito” semplicemente si riferiva ad un dato di fatto: nello svolgersi della lotta interimperialista ci sono episodi in cui alcune borghesie svolgono un ruolo di “aggressore”, come è accaduto per gli USA rispetto all’invasione dell’Iraq, per esempio. Fare questa distinzione non significa porsi in appoggio di una delle fazioni borghesi in lotta (la borghesia irachena in questo caso). In ogni caso gli internazionalisti indicano: l’autonomia politica della classe proletaria, la lotta di classe proletaria contro qualsiasi borghesia, l’internazionalismo proletario, la rivoluzione comunista come unici strumenti di lotta all’imperialismo; escludendo quindi in qualsiasi modo alleanze o appoggio a qualsiasi fazione borghese.

Questo è quanto ha affermato l’Agm sull’argomento e in particolare quanto ha affermato Fabio al quale le accuse dei catanzaresi si rivolgevano. I compagni di CZ avanzavano la preoccupazione che dall’esterno si potesse desumere un nostro appoggio all’Iraq, questo è quanto scriveva Fabio nell’articolo “Le componenti di classe nella crisi irachena”: “Certamente non si stimola la formazione di avanguardie comuniste in Iraq, come in qualsiasi paese medio orientale, dando indicazione alle masse proletarie di combattere contro l’occupazione dell’imperialismo americano solo per ottenere spazi democratici, o per appoggiare le varie frange borghesi dell’integralismo... Né vale la tesi, tanto esibita dai soliti rivoluzionari nostrani, che ogni concreto atto di opposizione contro la protervia dell’invasore si configura come un atto di lotta anti imperialista. La storia della lotta di classe ha ampiamente dimostrato che l’unico antimperialismo possibile è quello anticapitalistico, tutto il resto è, e rimane, all’interno del quadro capitalistico e borghese, conservatore per sua natura, reazionario quanto è il caso”. Più chiaro di così...

Conclusioni

Come si è abbondantemente dimostrato non è in atto nessuna deriva; i motivi che hanno portato i compagni di CZ ad allontanarsi dall'organizzazione possono essere allora riconducibili a tre ipotesi:

  1. l'incompatibilità di chi aspirava a svolgere un ruolo dirigente con i principi del centralismo democratico, ovvero l'emergere di un personalismo esasperato da parte di qualcuno che, pur di divenire leader, non ha esitato a rompere la nostra micro organizzazione e a costruire qualcosa di diverso nel quale il suo bisogno individuale di appagamento e riconoscimento venisse finalmente soddisfatto;
  2. oppure - questa sì - una deriva di tipo purista (di un malinteso purismo, però) che nella ricerca psicotica dell'errore, della sbavatura, dell'imprecisione, ha condotto il partito all'immobilismo che ne hanno caratterizzato gli ultimi anni; questa deriva potrebbe portare gli scissionisti su posizioni puramente filosofiche, volte a “restaurare” la dottrina marxista epurandola da ogni minima e possibile “impurità”, ma - necessariamente - al di fuori di ogni prassi concreta e materiale;
  3. o, più probabilmente, entrambi questi fattori si sono compenetrati; la risultante è stata che la sezione di CZ, assurta ad estremo paladino e difensore del Partito, si è sottratta ad ogni, più elementare, regola del centralismo democratico, ha sabotato l'opera del Partito e, fino all'ultimo, si è rifiutata di argomentare i motivi della rottura con qualcosa di un poco più consistente di poche righe messe assieme estrapolandole dal contesto.

Per concludere, possiamo affermare che le lezioni da trarre sono fondamentalmente due:

  1. la prima è che non dobbiamo mai tralasciare il lavoro di formazione e preparazione dei compagni, lo studio, la ricerca continua dell'aderenza al metodo marxista ed alla coerenza delle posizioni;
  2. la seconda è che non dovrà mai più accadere che nel partito si instauri un clima negatore del centralismo democratico e della più completa libertà di discussione; per alcuni dei rilievi sollevati da CZ sarebbe bastata una semplice e tempestiva discussione, la correzione dell'errore ed eventualmente l'individuazione di un percorso attraverso il quale il compagno potesse crescere sulla scorta dell'errore fatto... se solo le questioni si fossero affrontate per tempo... se solo ci fosse stata l'intenzione di mettere gli interessi del Partito davanti agli interessi personali.

Il partito è fatto di uomini, in quanto tali passibili di errore. Finché esisteremo come gruppo organizzato, il che ci auguriamo che avvenga ancora a lungo, non si può escludere che avremo a che fare con problemi di questo tipo legati alla necessità di migliorare la preparazione dei compagni da un lato e, dall'altro, di “contenere” le istanze di chi, coscientemente o meno, si pone sul terreno della distruzione dell'unico polo di raggruppamento del futuro partito rivoluzionario sul piano nazionale ed internazionale: il Partito Comunista Internazionalista ed il Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario. (6)

Comitato Esecutivo del PCInt, luglio 2009

(1) Abbiamo aggiunto delle note al testo originale per renderlo più chiaro ai lettori.

(2) Il provvedimento ha riguardato i sei compagni della sezione di CZ ed un compagno della provincia di Salerno, ossia i militanti che avevano deciso di non partecipare all’AGM. Il fatto che i compagni di CZ abbiano costituito l’istituto il 30 aprile, prima dell’agm, rende ancora di più l’espulsione un semplice atto formale.

(3) Il Comitato di redazione era costituito infatti da tre compagni di CZ. Inoltre due compagni facevano parte anche del CE, tutto il materiale (articoli e volantini) passava quindi attraverso le loro mani prima della pubblicazione.

(4) Ci riferiamo ad un volantino adoperato a Napoli per la convocazione di un’assemblea pubblica. Durante l’assemblea vennero ribadite le posizioni proprie della nostra piattaforma politica: necessità del Partito di classe, Gruppi internazionalisti di fabbrica e territorio.

(5) Ci riferiamo ad una proposta di un nostro giovanissimo simpatizzante avanzata ben più di un anno fa (!): la possibilità di costituire una Lega giovanile della sinistra comunista. La questione venne chiarita definitivamente in sede di CE e lo stesso giovane compagno (adesso nostro militante) che proponeva la lega giovanile ha ben chiaro quanto illusorio - e potenzialmente opportunista - fosse quel progetto.

(6) Speriamo di essere stati abbastanza chiari. Anche perché non intendiamo più impegnare altro spazio (e tempo...) sui nostri organi pubblici in merito a questa vicenda. Non ci interessa dare vita ad un infinito e inutile battibecco. Anche perchè abbiamo ben altre cose a cui pensare, speriamo che anche che i nostri ex militanti abbiano altre attività alle quali dedicarsi.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.