Massa del plusvalore e lavoro precario

Scrivemmo sul n. 2 di B.C. nell’articolo "Sul concetto di lavoro necessario e pluslavoro" che quanto più il capitale si è sviluppato, quanto più grande è il plusvalore già estorto, o, in altri termini, quanto più è piccola la frazione di giornata lavorativa che equivale al tempo di lavoro necessario, tanto più relativamente si riduce l’incremento del plusvalore che il capitale ottiene dall’aumento della produttività.

Accennammo inoltre al cambiamento che subisce la composizione organica del capitale nel corso del processo di accumulazione, cambiamento che riguarda la diminuzione relativa della parte costitutiva variabile a paragone di quella costante. Questo cambiamento da un lato riduce la base da cui si estrae plusvalore: il numero dei lavoratori, producendo disoccupazione; dall’altro aumenta, grazie all’aumentata produttività del lavoro, il saggio del plusvalore.

Nel suddetto articolo ci soffermammo sul saggio del plusvalore, ora vogliamo occuparci della massa del plusvalore.

La massa del plusvalore è uguale al plusvalore fornito dalla giornata lavorativa del singolo operaio, moltiplicato per il numero degli operai impiegati. Proprio del numero di operai si preoccupa il capitalismo europeo nelle vesti dell’Unione europea (UE). A partire dal 1990 la disoccupazione aumentò rapidamente spazzando via i 10 milioni di posti di lavoro creati verso la fine degli anni ’80; nel 1995 la disoccupazione nella Comunità europea superò l’11% ed il tasso di occupazione in rapporto alla popolazione in età lavorativa scese sotto il 58%. Nel novembre 1997 si avviò la Strategia europea per l’occupazione (SEO) al fine di attuare quanto disposto dal Trattato di Amsterdam, che inserì l’intervento per l’occupazione tra le priorità dell’azione comunitaria. In sintesi la SEO impegna l’UE a definire e realizzare un insieme di politiche relative a: accrescere la capacità di trovare lavoro; sviluppare lo spirito imprenditoriale; favorire l’adeguamento ai mutamenti del mercato del lavoro ed infine rafforzare le politiche sulle pari opportunità di lavoro. A seguire il Consiglio europeo per favorire l’occupazione, lo sviluppo economico e la coesione sociale, tenutosi a Lisbona nel marzo 2000.

La strategia di Lisbona è incentrata sulla realizzazione, entro il 2010, dei seguenti obiettivi occupazionali: portare il tasso di occupazione al 70%, far crescere il tasso di occupazione femminile al 60% e raggiungere un tasso medio di crescita economica europea del 3%.

Venne poi aggiunto il tasso di occupazione per i lavoratori dai 55 ai 64 anni da portare al 50% nel 2010.

In Italia sulla stessa linea e con gli stessi intenti la legge Treu del 1997, il “Libro bianco sul lavoro” del ministero del Welfare del 2001, preludio alla legge 30, dove si rilevò che nel 2000 il tasso di occupazione nel gruppo d’età 15-64 anni era soltanto del 53,5%. Anche nel Protocollo su previdenza, lavoro e competitività del governo Prodi, approvato col referendum dello scorso ottobre, si auspicò la necessità di aumentare la partecipazione femminile, giovanile e degli over 50 al mercato del lavoro. Ancora il Comitato per l’occupazione del Consiglio dell’UE del 1- 2 febbraio 2007 rilevò che, seppur l’occupazione sia aumenta, occorra creare altri 20 milioni di posti di lavoro entro il 2010.

A questo punto va sottolineato che caratteristica ormai decennale delle politiche europee sia quello di aumentare complessivamente il tasso di occupazione, legandolo all’aumento della produttività.

Ma perché si insiste sull’aumento dell’occupazione? È una questione sociale o del capitale? Tutte e due, ma essenzialmente è una questione del capitale.

La borghesia deve sempre fare i conti con le contraddizioni del capitalismo, col suo più importante indicatore di salute, il saggio del profitto, cercando di contrastarne la tendenziale diminuzione.

È già stato dimostrato - e qui consiste il vero segreto della caduta tendenziale del saggio del profitto - che tutti i procedimenti che hanno come fine la produzione di plusvalore relativo tendono complessivamente a ciò: da un lato a convertire in plusvalore la maggior possibile quantità di una determinata massa di lavoro, dall’altro ad impiegare in proporzione al capitale anticipato il meno possibile di lavoro; cosicché le medesime cause che permettono di aumentare il grado di sfruttamento del lavoro, impediscono che - impiegando lo stesso capitale complessivo - venga sfruttata la stessa quantità di lavoro di prima. Queste sono le tendenze antagonistiche che, mentre spingono verso un aumento del saggio del plusvalore, influiscono al tempo stesso nel senso della diminuzione della massa del plusvalore prodotto da un capitale determinato e quindi nel senso della diminuzione del saggio del profitto.

Il Capitale, libro III, cap. 14, Cause antagonistiche

Ecco il motivo dell’interesse all’aumento dell’occupazione fino alla promozione dell’invecchiamento attivo: contrastare la diminuzione del saggio del profitto aumentando la massa del plusvalore.

Ovviamente le normative su flessibilità e precarietà del lavoro sono dei mezzi per arrivare a quel risultato.

L’estensione delle condizioni di precarietà del lavoro sono le uniche che il capitale può garantire perché queste sono le uniche che gli permettono di aumentare il numero dei lavoratori da sfruttare, di aumentare il capitale variabile, al fine di aumentare la massa del plusvalore. Per il proletario quella diviene la condizione per uscire dalla disoccupazione: ciò che è pluslavoro (plusvalore) da un lato è lavoro necessario (salario) dall’altro, e proprio al lavoro necessario per il proprio sostentamento che il proletario anela. Però nel capitalismo il lavoro necessario esiste solo per il pluslavoro: è solamente la necessità e la possibilità della profittevole estorsione del secondo che rendono possibile la realizzazione del primo. La tendenza attuale è divenuta così quella di scambiare occupazione con lavoro precario, facendo di quest’ultimo una delle principali forme di lavoro. Le politiche dell’UE vanno da un decennio in quella direzione: prima di tutto le necessità del capitale.

mr

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.