Eco business: profitti super star!

Le nefandezze del capitale rendono più stringente la necessità del suo superamento

Sono almeno trent’anni che scienziati ed ecologisti mettono in guardia rispetto ai pericoli legati all’effetto serra ed all’inquinamento - conseguenze di un modello di sviluppo incapace di preventivare, oltre ai costi economici delle sue produzioni, anche quelli socio-ambientali - ed oggi pare che finalmente le problematiche legate allo sviluppo sostenibile ed alla salvaguardia del “fragile equilibrio tra uomo e natura” (slogan pubblicitario Toyota) abbiano fatto breccia.

I consumatori del nostro surriscaldato pianeta sono stati sensibilizzati da alcuni campanelli di allarme che hanno dato corpo al pericolo ambientale, rendendolo non più eludibile anche ai più scettici: il caldo record del 2003, lo Tsunami del 2005, l’uragano Katrina che devastò New Orleans (il disastro naturale più costoso degli ultimi anni dal punto di vista delle assicurazioni: 45 miliardi di dollari).

È innegabile che il modello di sviluppo capitalista abbia un impatto negativo sul pianeta quindi sono le stesse imprese e gli stessi stati (con le stesse logiche fondate sul profitto) che hanno creato tale disastro a correre ai ripari cogliendo la palla al balzo. Come? Sviluppando l’eco-business naturalmente!! Tecnologie pulite, energia pulita (biogas, etanolo, fotovoltaico, energia solare), eco-progettistica, eco-turismo, eco-incentivi, eco-detersivi etc. ovvero un segmento di eco-nomia che promette crescite del 20-30% per i prossimi 10 anni.

Sono fondamentalmente tre i fattori che spingono l’eco-business: alto prezzo del petrolio, incertezza dell’approvvigionamento energetico, riscaldamento climatico.

Nel 2004, 2005, 2006 gli investimenti in energia pulita sembra siano passati da 30 a 49 e poi a 60 mld di $ (The Economist). Un energia che sebbene più economica che in passato, a tutt’oggi costa più che le fonti di energia tradizionale, la sua produzione dipende quindi in larghissima parte dai contributi statali (contributi che verrebbero meno qualora il costo dei combustibili fossili dovesse tornare ad abbassarsi rendendo non più concorrenziali gli investimenti in energia verde o qualora i governi optassero per linee di sviluppo differenti). Se le aziende più becere come la Exxon Mobil fanno di tutto per falsificare i dati, negando il riscaldamento del clima, quelle più intelligenti aprono a campagne pubblicitarie e linee di sviluppo in accordo con la nuova eco-sensibilità dei consumatori.

’altra parte poco importa se agli slogan verdi non corrisponde una reale eco-sostenibilità dell’impresa: nessuno ha mai fissato i criteri in base ai quali un’attività qualsiasi possa definirsi eco!! Lo stesso protocollo di Kyoto che nel 1997 si poneva l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera del 30%, oltre ad essere ad oggi largamente disatteso, si fondava sulla possibilità della compravendita di quote di inquinamento, fissava standard assolutamente inferiori a quelli di cui il pianeta avrebbe avuto bisogno e, comunque, è stato sottoscritto da un numero di stati che copre solamente il 29% delle emissioni inquinanti.

Alcune conclusioni:

  1. Fintanto che l’obiettivo della produzione rimane il profitto le preoccupazioni verdi serviranno ad alimentare nuovi segmenti di mercato piuttosto che a risolvere le contraddizioni che le hanno generate.
  2. Allo stato attuale, vivere in maniera eco-sostenibile significa adottare uno standard di vita più costoso, è quindi soltanto un palliativo utile a lavare le coscienza borghesi - favorendo il loro benessere - mentre i proletari sono condannati dai loro livelli di reddito a non potere accedere a tali standard.
  3. Le potenze in crescita come la Cina (dove la vendita di automobili ha visto tra il 2000 ed il 2006 un +333%) e l’India ed i paesi poveri non hanno interesse ad adottare forme di eco-sviluppo, per loro troppo costose. Non è un caso che paesi come il Ciad, la Nigeria, l’Angola sono classificati al contempo con i più bassi indici di sviluppo umano e di sostenibilità ambientale. L’eco-sviluppo è praticabile solo nel ricco occidente i cui governi si possono permettere di sovvenzionare tali settori. Ne risulta che lo sviluppo non ecologico delle potenze emergenti e dei paesi della periferia (oltre che della maggior parte dell’economia anche in occidente) inficia i timidi risultati ambientali dell’eco-business fino a qui registrati.
  4. Fino a che si produrrà per il profitto e fino a che le fonti energetiche saranno merci dalle quali trarre il più alto guadagno realizzabile, non sarà possibilie risolvere il problema ambientale. La sua origine non è nelle scelte dei governanti o delle imprese ma nelle contraddizioni che sono alla base dell’attuale formazione socio economica.
  5. Come scrivevamo su Prometeo 15 del 1998...

L’ecobusiness ha senso come tale proprio perché presuppone un mercato in crescita: si forniscono tanti più mezzi e servizi quanto più cresce l’inquinamento stesso. Ma un mercato del disinquinamento del pianeta non è ammissibile neppure sul piano teorico più spinto, perché una volta raggiunto l’obiettivo del disinquinamento stesso, verrebbe meno il mercato.

È per questi motivi che la battaglia - drammaticamente attuale - per lo sviluppo sostenibile ha senso solo se inserita nel quadro della lotta - altrettanto attuale - al capitalismo ed alle sue contraddizioni.

Lotus

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.