La ripetizione del ballottaggio in Ucraina: ha vinto Yuschenko ma è tutto come prima

La ripetizione del ballottaggio alle presidenziali ucraine ha sancito la vittoria di Yuschenko con il 52,03% contro il 44,16% del suo avversario Yanukovich. Una prima disamina del voto riflette ancor meglio e di più quella spaccatura di cui si è già avuto modo di argomentare. Nelle regioni del centro-ovest il candidato filo-occidentale ha ottenuto percentuali di oltre il 90% ed in quelle russofone del sud-est Yanukovich si è visto gratificare con le stesse percentuali. Quale significato dare quindi a questo voto che, giova ribadirlo, è andato a due personaggi provenienti dallo stesso milieu: Yuschenko già direttore della Banca nazionale e poi primo ministro dal 1993 al 2001 e Yanukovich capo del governo dal 2002 al 2004. Rappresentanti entrambi di un regime che aveva fatto della corruzione e dell'impoverimento del paese il proprio tratto distintivo. Entrambi figliocci del despota Kuchma, tutti e due saldamente alleati alle elites dei nuovi ricchi e della criminalità organizzata. Gli ucraini hanno quindi votato nella speranza, o forse è meglio definirla illusione visto che se ne parlerà non prima del 2010, di poter entrare nella UE e accedere pertanto alle relative sovvenzioni, come avvenuto per la vicina Polonia, penalizzando con questo l'opzione che privilegiava invece il patto collaborativo con la Russia, la Bielorussia e il Kazakhstan. Il voto, come prevedibile, non è stato scevro da ingerenze o da taluni patrocini esterni vuoi della Russia, vuoi della UE e degli USA. Basti pensare che i clan della regione russofona di Donetsk hanno organizzato treni fantasma che hanno portato a votare milioni di falsi elettori. D'altro canto, come riferisce il Los Angeles Times, gli USA negli ultimi due anni hanno speso 58 milioni di dollari in programmi per l'istruzione e per "promuovere la democrazia" nell'ex repubblica sovietica. Ma ben altri sono i nodi della questione che non il disinteressato appoggio a due insignificanti scalzacani. La normale dialettica elettorale pur con le sue accese contrapposizioni ha ben poco da spartire con ben più probanti questioni di ridefinizione geo-politica, tutt'al più ne può costituire una facciata di comodo. Zbignew Brzezinski con molta chiarezza ha dichiarato che senza l'Ucraina la Russia non può essere un impero e quindi il disegno strategico di Putin, di ricomporre la Grande Russia, è destinato ad andare in frantumi. Lo stesso Putin, d'altronde, non può lasciar passare l'apertura di un fronte a soli 600 km da Mosca e non è di certo immemore che dopo il 1989 la Russia ha perso territori per cinque milioni di km quadrati e quasi cento milioni di abitanti. La scelta filo-occidentale di Kiev priverebbe inoltre la Russia della sua posizione dominante sul mar Nero dove Odessa, Mariupol e Ilicevsk costituiscono tradizionali sbocchi portuali per gli scambi con il Mediterraneo e con altre realtà. Buon per ultimo: nella baia di Sebastopoli si trovano le basi migliori della flotta russa. Ma può questa scelta filo-occidentale portare effettivamente l'Ucraina più a ovest? Su quali presupposti concreti si reggono queste pulsioni autonomistiche? C'è un detto ucraino che recita: "la politica si fa a Kiev e i soldi si fanno a Donetsk", volendo intendere con questo ciò che Yanukovich con linguaggio, certamente piccato ma anche evocativo, ha prospettato a Yuschenko: "Lei sar presidente soltanto della Ucraina occidentale" il che, tradotto in termini pratici, sta a significare che l'Ucraina del sud-est, russofona, molto più ricca, più industrializzata potrebbe anche, tramite referendum, optare per l'autonomia. L'Ucraina, nel suo complesso, possiede un'economia con consistenti tassi di sviluppo che tuttavia si caratterizza eccessivamente per le sue aree di specializzazione: ad un centro-ovest in cui dominano agricoltura, industria leggera, piccole e medie imprese, terziario si contrappone un sud-est con un rilevante settore minerario, industrie metallurgica, meccanica (in primis bellica e aerospaziale), e lavorazione del greggio e suoi derivati, provenienti però dalla Russia e controllati dai grandi gruppi petroliferi russi, Lukoil in testa. Si trova ad essere attraversata in lungo e in largo dal petrolio e gas russi di cui ha fruito, a costi irrisori, per lungo tempo. Ne è derivata una dipendenza energetica, con relativo cospicuo indebitamento, nei confronti del potente vicino a cui non possono ovviare né gli USA, perché troppo lontani, né l'Europa in quanto anch'essa rifornita dalla Russia. È vero che una forte crescita abbia interessato alcuni settori produttivi ad alto valore aggiunto come quello degli armamenti e quello aerospaziale ma tutto ciòè avvenuto grazie ad una rinnovata partnership con Mosca, ad un'alta complementarietà, commistione di questi settori strategici in ambedue i paesi, operante sulla base di quella che una volta veniva definita divisione sovieto-socialista" del lavoro. È sì una economia in fase espansiva con un export consistente, in special modo verso la Cina, l'India e la Russia, ma è anche un'economia asimmetrica e fortemente dipendente dal proprio vicino del quale, nei fatti, non può fare a meno. Risiede proprio in tutto ciò il motivo per cui, paradossalmente, Yuschenko, quantunque uscito vincitore dal ballottaggio del 26 dicembre, si è apprestato a rilasciare dichiarazioni che hanno il solo intento di renderlo accettabile a Mosca. Si impegna quindi a ritirare dall'Iraq il contingente ucraino e si attiene fedelmente all'accordo quadripartito di cooperazione economica con la Russia, la Bielorussia ed il Kazakhstan. Ma la frattura è ormai nei fatti e l'Ucraina russofona ripone in lui nessuna fiducia ritenendolo un lacchè americano non molto dissimile dal Saakashvili georgiano. Sui possibili scenari futuri gravano incognite terribilmente pericolose: se l'Ucraina è stata utilizzata come tassello di una manovra destabilizzante che ha come obiettivo la Russia, allora ci si può aspettare di tutto: spaccatura del paese sul modello ex-jugoslavo e finanche la soluzione militare con relativo conflitto armato. Gli interessi in gioco sono rilevanti e la estrema decisione, anzi la ferocia, con cui si perseguono politiche in funzione esclusivamente del proprio interesse contingente (sia la Russia, la UE, gli Usa poco importa) dimostrano chiaramente quali orizzonti di abbrutimento e di barbarie l'umanità intera abbia davanti.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.