Considerazioni e prospettive della lotta proletaria in America Latina

Nessuna analisi che si riferisca alla regione in questione può eludere il fatto che con le lotte ininterrotte degli ultimi cinque anni si sono registrate nelle società profonde fratture sociali e politiche con le quali, nel prossimo futuro, dovrà fare i conti qualunque progetto politico. Non è difficile prevedere nel futuro immediato l'accentuazione dei conflitti interni e di classe in tutta l'America Latina, dato che la ripresa capitalistica - e i suoi concomitanti tentativi di ristrutturazione produttiva e sociale - implicherà un aumento dello sfruttamento e dell'oppressione fino al parossismo, determinando così violente reazioni di difesa, con il corrispondente incremento delle organizzazioni di difesa e delle loro possibilità di azione. Dopo un lungo periodo in cui le oligarchie e le dittature hanno garantito la stabilità dello status-quo sociale e politico del subcontinente, queste circostanze hanno aperto una fase di equilibrio instabile per quanto concerne lo sviluppo socio-politico del continente, la cui evoluzione si caratterizza per la bancarotta generalizzata dei regimi e dei partiti tradizionali e per la ricerca delle forme politiche più funzionali dalle vertiginose ed esplosive dinamiche socioeconomiche risultanti dalla mondializzazione e dalla debacle capitalista. Oggi è messo in discussione anche il relativo successo degli ultimi regimi terroristi latino-americani (la tirannia di Fujimori in Perù o il regime attuale di Uribe Vélez in Colombia). Sembrerebbe che essi corrispondano ai momenti più disperati del dominio borghese e che urtino sempre contro l'incapacità di conservare la stabilità politica per molto tempo. Di conseguenza, come abbiamo già constatato in un'altra analisi della situazione, "i fattori di crisi si sono accumulati a poco a poco e le forze democratico-borghesi che perseguono una ridistribuzione del potere si sono rafforzate gradualmente come alternativa politica".

Nonostante l'immensa sfida posta dalla crescita dell'opposizione sociale, le urgenze della borghesia le impediranno di invertire le sue politiche più distruttive. Il FMI impone un programma di aggiustamento strutturale, sociale ed economico, che promette di essere più devastante per la classe lavoratrice della regione di quello adottato nella seconda metà degli anni '90. È molto probabile che nemmeno la sinistra del capitale riesca a pacificare le masse e che, di conseguenza, alla borghesia risulti sempre più difficile sostenere la sua posizione. L'irrobustimento delle forze sociali e le strette finanziarie delle borghesie della regione provocheranno rotture politiche più traumatiche. La formazione di potenti movimenti indipendenti di masse disperate in Argentina, Brasile, Bolivia ed Ecuador, l'emergenza di un blocco di sinistre governative di stampo populista e nazional-capitalista in Brasile, Ecuador e Venezuela, insieme alla pressione dell'imperialismo yankee per una maggiore integrazione nella sua sfera economica e i tentativi di rilancio capitalista in tutto il subcontinente, contribuiranno a radicalizzare le posizioni e ad approfondire il fossato che le separa.

È doveroso, pertanto, identificare, nonostante le molte analogie che possiamo incontrare con altri casi storici, le caratteristiche della dinamica del conflitto sociale e politico nella regione. Gli aspetti della situazione si definiscono tanto per la natura nazional-capitalista della maggioranza delle direzioni e delle organizzazioni che confluiscono nel movimento popolare, quanto per l'inasprimento della crisi del capitalismo internazionale. È importante valutare, dunque, l'effetto prodotto dalle posizioni in lotta sugli equilibri di classe e le sue ripercussioni sopra le forze economico-sociali articolate agli interessi dell'imperialismo nella zona. A questo proposito, dobbiamo sottolineare il carattere ambiguo dell'opposizione riformista latino-americana. Da un lato, l'ala sinistra della Socialdemocrazia e del populismo impersona ambizioni nazionaliste o tendenze stataliste represse dall'imperialismo - e, limitatamente a questo senso, l'appoggio che ricevono da alcuni settori di massa rappresenta un principio di rottura con lo status-quo nell'area - e, dall'altro, contiene forme di mobilitazione e di democrazia "popolare" di tipo radicale piccolo borghese molto simili al giacobinismo rivoluzionario, che contribuiscono ad approfondire la bancarotta dei regimi oligarchici tradizionali sui quali fino ad oggi si è fondato lo status-quo.

Per quanto le diverse varianti della sinistra borghese della regione cerchino di crescere con l'establishement tradizionale, dobbiamo dare per certo che i gruppi capitalisti privati più legati al capitale finanziario e all'imperialismo attaccheranno in modo sempre più aggressivo qualunque sforzo volto a costituire regimi che, nella ricerca della riconciliazione sociale, della ripresa del mercato interno e della stabilità, concedano maggior peso economico allo stato e fomentino un più alto grado di "organizzazione popolare". Evidentemente, ciò equivarrebbe a frustrare quei processi d'integrazione nella misura in cui la loro realizzazione esige non una restrizione, ma un ampliamento della liberalizzazione. Già altre volte abbiamo mostrato che sebbene alle forze socialdemocratiche e populiste - tipo Chàvez in Venezuela, il subcomandante Marcos in Messico, il PT di Lula in Brasile, i diversi fronti democratici in Argentina ecc. e nonostante le loro differenze esteriori - spetti la missione storica di contenere la radicalizzazione delle masse in senso comunista per mantenerle nel quadro del capitalismo - bloccandole ideologicamente e organizzativamente al livello dell'imborghesimento relativo (1) - bisogna considerare anche gli altri aspetti del loro comportamento e soprattutto ciò che ha favorito la diffusione della loro gestione politica: il disturbo che suscita la loro linea d'azione nel contesto dell'egemonia regionale dell'imperialismo yankee.

Tutti i segnali presenti oggi - in particolare la situazione in Irak - indicano che l'interesse dell'imperialismo statunitense a preservare l'ordine nel suo "impero" è in aumento, il che spiega il primato che la sua politica estera dà alle soluzioni di forza nel suo "giardino di casa". Data la ricorrenza e l'acutezza delle reazioni di massa nei diversi paesi della regione, quest'ultima alternativa si manifesterà in modo sempre più nitido l'imperialismo tornerà in fretta alla repressione di qualunque tendenza statalista di fronte all'approssimarsi della prospettiva dell'ALCA. La sinistra - e l'imperialismo europeo - agisce in questo caso come un fattore di contrappeso che cerca rapporti più favorevoli all'America Latina nel processo di integrazione economica. Non bisogna mai dimenticare che tanto le sue possibilità di successo politico quanto il suo comportamento dipenderanno in gran parte dalle masse e dai loro movimenti. Se queste sono eccessivamente spronate dalle misure economiche della borghesia, l'alternativa di sinistra del capitale si rafforzerà: questo le permetterà di continuare ad avere un ruolo rilevante nel controllo delle reazioni delle masse, la cui forza continuerà ad essere deviata verso il progetto socialdemocratico di capitalismo statale e "sociale". È chiaro, come conferma l'emergente governo di Lula in Brasile, che procederà come fanno tutti gli apparati interclassisti del capitalismo: negozierà i termini del potere con i gruppi ora dominanti e integrerà sul piano di una nuova burocrazia i quadri e le organizzazioni del movimento di opposizione, ridefinendo il loro ruolo politico nel seno dell'amministrazione statale. Quest'ultimo è il compito centrale della gestione di sinistra della crisi ed è anche la funzione che definisce il suo posto nel quadro della perpetuazione del dominio capitalista.

Tuttavia, anche la carta riformista di sinistra della borghesia si espone a un rapido esaurimento davanti alla presumibile inazione e inefficacia a fronte del procedere della crisi e delle tendenze incontenibili dell'azione delle masse. In vista dei sintomi di affondamento dell'economia reale e della crescente riduzione della quota di profitto, la stessa possibilità di auto-riforma del sistema borghese si trova in forse. Il raggio d'azione delle opzioni e delle politiche riformiste si avvicina sempre di più allo zero. Ciò, a sua volta, rafforza i settori più legati all'imperialismo yankee che sembrano orientarsi per un rincrudimento dei metodi di governo dispotici e autoritari (detta tendenza si verifica con speciale accanimento in Colombia sotto l'amministrazione Uribe). Il marxismo insegna che, finché sussistono rapporti capitalistici, il processo di concentrazione e centralizzazione all'interno della crisi e l'intensificazione della rivalità interimperialista, essendo determinati dalle necessità del profitto e dell'accumulazione, possono solo aumentare le contraddizioni capitaliste. Quanto più si centralizza il controllo sopra l'economia e quanto più l'economia stessa è scossa da forti convulsioni - e questo è, appunto, ciò che sta succedendo oggi in America Latina con l'affluenza del mercato dei capitali e delle onde d'urto del capitale finanziario internazionale - tanto più deve intensificarsi lo sfruttamento e più grandi divengono i conflitti di classe. A questo punto diventano cospicue le contraddizioni implicite nello sviluppo borghese: mentre cade il saggio del profitto e si esaspera la concorrenza intercapitalista, il regime politico-sociale ha bisogno di una società più disciplinata e coordinata. Di conseguenza, si vede forzato a interferire con l'attività politica di quei gruppi e strati sociali che basano la loro azione sulle capacità di gratificazione del capitalismo. Se il processo in corso esclude completamente la possibilità di creare una burocrazia "operaia" o un nuovo settore piccolo-borghese al servizio della borghesia monopolista - la quale ripartisce, in condizioni normali, i suoi benefici e amministra insieme con essa il sistema capitalista - il regime borghese non avrà altra alternativa che ricorrere al terrorismo di stato e alla più draconiana disciplina sociale per mantenere le masse impoverite dentro il recinto del capitale.

Tuttavia, di fronte all'indebolimento di tutto l'apparato istituzionale, una delle maggiori sfide del sistema borghese latino-americano consiste nello sviluppare nuovi meccanismi per cooptare e istituzionalizzare ampiamente i movimenti di resistenza e opposizione sociale. Sebbene il vecchio sindacalismo corporativo e il suo apparato di lavoratori-funzionari dello stato siano divenuti ormai anacronistici in una società aperta al mercato internazionale e sottomessa alle forti pressioni competitive degli stati, le società e i mercati finanziari, l'acutizzazione dei conflitti imperialisti e di classe che accompagnano il processo di mondializzazione e centralizzazione del capitale mantengono in vigore la necessità di dispositivi di contenimento sociale. Si presenta una situazione, certamente, paradossale: mentre da un lato si riducono le prestazioni e i benefici che il regime può offrire in cambio di eventuali servizi al dominio - il che comporta la diminuzione del margine di manovra riformista --, il capitale, nella misura in cui si deteriorano le condizioni di governabilità, dall'altro ha più urgenza che mai di tali meccanismi. A giudicare dal comportamento delle masse durante gli ultimi avvenimenti in Sudamerica, si conferma in modo inequivocabile una tendenza allo scavalcamento delle istanze nelle quali le masse hanno compiuto il loro apprendistato politico e hanno formato la loro coscienza (le camicie di forza sindacali e gli altri organismi para-aziendali e para-statali) e la loro sostituzione con organismi veramente autonomi, capaci di agire in sintonia con mete e prospettive di classe, come infatti sta avvenendo col movimento piquetero in Argentina.

Questa è la ragione di essere delle diverse socialdemocrazie e tale è la ragione per cui, nonostante le loro monumentali bancarotte politiche subite in Cile, Nicaragua, El Salvador..., continuano ad esistere. A causa della disintegrazione dei vecchi sistemi clientelari e dopo due decenni abbondanti di neoliberismo, i partiti storici borghesi oggi mancano di meccanismi d'attrazione e integrazione sociale che offrano un'ampia base di massa ai loro progetti. Senza mezzi per edificare strutture democratiche interclassiste, i partiti tradizionali - e questo vale per tutta l'America Latina - sono diventati apparati rachitici che hanno bisogno di essere ricostruiti o rimpiazzati. Con l'unica eccezione della socialdemocrazia e del populismo (di sinistra e di destra) non esistono oggi in America Latina organizzazioni o forze politiche in grado di captare e integrare masse nell'ambito istituzionale. E che ne abbia o meno coscienza di questa funzione, la borghesia necessita ancora della socialdemocrazia e del populismo. Dunque, allora, bisogna rilevare la lucidità con cui alcuni rappresentanti di queste due correnti sfruttano - in Cile, in Brasile, in Venezuela, in Colombia ecc. - i vuoti lasciati dai sorpassati partiti oligarchici e i vantaggi offerti da questa circostanza: manipolano i contrasti e le tensioni sociali a favore della neutralizzazione tanto di ciò che resta dei vecchi partiti politici, quanto degli interessi suscettibili di diventare conflittuali con la direzione dei nuovi regimi che pretendono edificare.

Allora, la crisi della borghesia ha implicato anche la crisi ideologica del proletariato. Infatti, la possibilità che per il capitale siano praticabili le diverse uscite o soluzioni dipende dal proletariato. I limiti e le debolezze del movimento proletario nell'America Latina risiedono nella direzione del movimento, nella natura piccolo-borghese dei suoi programmi, delle sue bandiere, delle forze politiche che ne hanno la guida. Queste questioni sono state messe in rilievo dallo sfasamento enorme tra la decisione e l'ampiezza della lotta proletaria in Argentina e l'incomprensione quasi assoluta del contenuto sociale e storico del movimento: la soluzione rivoluzionaria della crisi, fondata sull'autonomia del proletariato e sull'organizzazione della propria dittatura, oggi è al di fuori della scena sociale e politica del continente. Quanto durerà questo sfasamento e come sarà superato? È difficile rispondere a questa domanda e, anche quando avrà una risposta, non c'è nessuna garanzia che i proletari la facciano propria, soprattutto in un'epoca in cui non è rimasto quasi nulla della loro memoria storica. L'unica cosa chiara, per ora, sono le conseguenze nefaste di questa situazione finché dura.

K 1) In che cosa consiste questo imborghesimento? Lo abbiamo già detto in altro luogo, ma non guasta ripeterlo: a) dipendenza del movimento dalla occasione immediata; b) frammentazione per categorie, mestieri, paesi, ecc.; c) separazione del movimento economico da quello politico; d) orientamento del movimento verso singoli settori dello stato e della società, non verso la loro totalità

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.