Dietro Porto Allegre e la Tobin tax

Le possibilità per la creazione di un nuovo mondo - secondo gli slogan lanciati dai più recenti aspiranti ad un posto attorno ai tavoli delle concertazioni politiche con le istituzioni democratiche - passerebbero tutte attraverso una ennesima rigenerazione morale delle strategie economico-finanziarie che dominano l'attuale società. Per tutto il ceto politico-intellettuale che si contende la direzione del movimento no-global, infatti, i misfatti che imperversano sul pianeta sono imputabili innanzitutto alla ingordigia di una finanza capitalistica e di un mercato liberalizzato che dominano e soffocano non solo gli abitanti di Stati e continenti ma addirittura la stessa produzione industriale. Anch'essa capitalistica, è pur vero, ma secondo questi signori sopportabile se liberata dalla pressione dei vincoli imposti dal capitale finanziario.

Questo - tradotto in soldoni - è il canovaccio dello spettacolo che ci viene offerto nelle variegate kermesse ufficiali del movimento, ed il massimo prodotto del pensiero guida dei riformatori globali. Sempre più vicini, ormai sottobraccio, a quei rappresentanti della sinistra borghese di stampo socialdemocratico che sono nati strizzando l'occhio al capitale sano e produttivo e facendo il broncio a quello parassitario, e che ritornano sotto mentite spoglie (ma poi neanche troppo) a vaneggiare attorno a mitiche gestioni popolari del capitalismo, amministrazioni razionali per il bene della società civile, sviluppi compatibili, eccetera. Il capitalismo dal volto umano, insomma, che guarda benevolo alle esigenze del pubblico, soddisfacendo gli interessi del privato; rispettoso dei meccanismi democratico-consultivi, debitamente addomesticati; sensibile alla proclamazione di principi e di diritti umani, regolarmente calpestati, ed altre oppiacee costruzioni ideologiche, tipo il bonum commune che nella società borghese dovrebbe animare la politica e l'attività economica. Il mercato - si dice - va indirizzato, e la ricchezza va distribuita meglio. E "poiché il mercato esige uno scambio (se non si offre qualcosa non è possibile ricevere nulla), quando una parte dei cittadini non è in grado di inserirsi proficuamente nel suo flusso, nel suo ciclo di sviluppo, ecco l'intervento del volontariato. Persone, cioè, che hanno sviluppato caratteristiche comuni a ciascuno di noi". Parola di A. Fazio, Governatore della Banca d'Italia. Una citazione degna della recente Giornata nazionale della Finanza etica, presentata come "l'altro modo per inserirsi nella economia e nella finanza"...

In questa sottomissione sostanziale al sistema e alle sue istituzioni, di cui non si mettono assolutamente in discussione le fondamenta ma anzi si tende a valorizzarle, rigenerandole attraverso una auspicata collaborazione formale tra le parti sociali più responsabili, in tutto questo anche fra i più ingenui e generosi si fa strada il dubbio che tanto i contenuti quanto la struttura organizzativa del movimento siano nelle mani della sinistra capitalista e di quanti aspirano a far parte del suo ceto politico.

La più evidente ambiguità propositiva, fra quelle diffuse dalle teste pensanti del movimento, è la rivendicazione di una tassa sui movimenti finanziari speculativi. Compendia lo spirito di una contestazione conformistica che - per ammissione di alcune delle sue più "prestigiose" figure - si lancia alla esplorazione (termine caro alla stirpe dei riformisti di fine secolo) di "una possibile altra faccia dei soldi, un altro volto del guadagno, un interesse eticamente corretto, un valore giusto del denaro, un'equa concessione del microcredito", ecc. Interventi e pratiche che vanno gestite con efficienza e professionalità, nel rispetto delle giuste esigenze dell'economia capitalistica, e per la cui organizzazione già si affolla un personale in cerca di visibilità, incarichi e potere.

Il fantasmino della Tobin tax (inventata da ATTAC - Azione per un Tobin tax di aiuto ai cittadini) si aggira dalla fine degli anni Settanta su proposta dell'economista americano Tobin. Obiettivo: ridurre la speculazione monetaria per aumentare le risorse da destinare agli investimenti in attività produttive. Ridurre, nota bene, ma non eliminare quelle transazioni finanziarie, quei flussi speculativi che rientrano pur sempre nella logica strutturale del sistema e senza i quali si concretizzerebbe un ben altro spettro, quello del crollo generale di questo storico modo di produzione e distribuzione, che tutti si affannano a scongiurare.

È evidente che un risultato positivo della Tobin tax, in termini di raccolta di denaro, presuppone un capitalismo in ottima salute, dove operazioni finanziarie e speculazioni varie si sviluppino al meglio e dove i rapporti di produzione si rinsaldino sotto l'ombrello di una finanza etica. Tutto si lega quindi, e paradossalmente, ai successi del capitalismo globale e delle sue operazioni finanziarie, poiché una riduzione delle speculazioni ridurrebbe contemporaneamente le risorse provenienti dall'ipotesi della Tobin tax. Ammessa e non concessa l'introduzione di quest'ultima, chi gestirebbe la sua applicazione, raccolta, destinazione e successivo impiego? Gli Stati, i governi, il Fmi?

Nel dialogo istituzionale con le organizzazioni non governative - auspicato da destra e da sinistra - la candidatura ufficiale è quella del FMI e dell'AIDA (agenzia della Banca mondiale), la quale, dopo un recente compromesso al G7 di Ottawa, già concederà "doni" ai Paesi che hanno un reddito pro capite inferiore a un dollaro al giorno. Gli altri restano in lista di attesa. Inutile aggiungere che di queste provocazioni idealistiche, culminanti in una raccolta di firme sui moduli di richiesta della Tobin tax, il capitalismo non ha di che preoccuparsi.

L'importante è - per tutti questi antagonisti istituzionali o aspiranti tali - non parlare di autonomia di classe, di antagonismo diretto contro il capitale e la classe che detiene il potere; non richiamare alla ripresa della lotta di classe, unitaria e generalizzata a livello internazionale, da parte del proletariato ovunque sfruttato e oppresso; non organizzare e guidare questa lotta fuori e contro governi, partiti e sindacati al servizio del capitale e dei suoi interessi nazionali e globali. Questo spiega ancora una volta, rendendola decisiva ai fini della obiettiva conservazione degli attuali rapporti di produzione, l'opera di circoscrizione politica e di neutralizzazione anche materiale - se sarà per lor signori necessario - di ogni "idea" o manifestazione di ribellismo all'ordine costituito e di lotta realmente anticapitalista; di critica e di rottura contro ogni ripiegamento conservatore. Istanze pur sempre presenti, anche se ancora solo istintivamente, in qualche settore del movimento, verso il quale vanno tutte le nostre attenzioni.

CD

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.