Il trotskismo dopo Trotsky

La crisi dell’analisi trotskista fino al 1989

A partire dalla fine degli anni sessanta, la fase del boom del capitalismo successivo al massacro della seconda guerra mondiale cominciò a lasciare il passo alla crisi di accumulazione che ancora oggi continua ad affliggere l’economia mondiale.

Da allora, forze dell’internazionalismo marxista coerente si sono rianimate e rafforzate, cercando di sostenere e difendere il programma della rivoluzione proletaria e riportarlo nel corpo della classe operaia.

In opposizione a questo processo, varie forze di sinistra sono proliferate in diverse parti del mondo. Ognuna di esse ha agito da blocco sulla strada verso una coerente prassi rivoluzionaria. Ognuna ha sostenuto la borghesia rafforzando l’ala sinistra del capitalismo e lasciando, in quegli strati di proletariato da loro attratti in cerca di chiarezza rivoluzionaria, ulteriore confusione e disillusione.

In modo particolare dopo il collasso dell’URSS, certe correnti di sinistra - specialmente quelle derivanti dall’ambiente accademico occidentale le cui carriere pseudo-marxiste si erano pure frantumate - hanno esplicitamente abbandonato il programma marxista. Esse si uniscono ora al generale coro borghese di denuncia delle lotte operaie del passato (particolarmente l’ondata rivoluzionaria attorno alla fine della Prima Guerra Mondiale) e dichiarano che il proletariato non è più la forza del cambiamento sociale e del futuro progresso umano.

Ad aumentare ulteriormente la confusione per gli aspiranti rivoluzionari, si sono sviluppate e diffuse tendenze che negano il ruolo centrale della classe operaia nel processo rivoluzionario, ma che si richiamano all’eredità del marxismo e pretendono anche di essere gli eredi delle forze che diedero vita all’Internazionale Comunista del 1919. Una di queste tendenze era il maoismo. Ma il maoismo non aveva niente a che fare né con il marxismo né con la classe operaia. La fazione di Mao portò al potere il PCC dopo i massacri dei lavoratori di Shangai e Canton nel 1926-27. Mao basò il PCC sul “blocco di quattro classi” e la sua ascesa in Cina nell’ottobre del 1949 non fu una rivoluzione proletaria. Quello che Mao fece fu copiare i brutali aspetti di pianificazione del capitalismo di stato stalinista e istituire un regime arbitrario che sfociò nel massacro di milioni di persone (ci furono oltre 30 milioni di morti solamente nel “Grande Balzo in Avanti” del 1958).

Dai tardi anni sessanta in avanti, il maoismo pretese di essere una corrente marxista e si aprì diversi spazi nell’ambiente della piccola borghesia studentesca nelle metropoli. Sia qui che nella periferia capitalista, i maoisti incoraggiarono i loro seguaci ad agire come sostenitori della classe dirigente cinese mentre lottava per inserire il proprio paese nell’ordine imperialista. In Asia, Africa e Sud America i loro militanti si unirono alle fazioni armate a sostegno delle lotte di liberazione nazionale e/o dei democratici di sinistra signori della guerra, mentre le fazioni della borghesia lottavano per dividersi la torta capitalista. Fortunatamente le giravolte dei governanti cinesi hanno dimostrato che loro e i loro seguaci erano diventati sempre meno credibili nei loro sforzi di presentare le proprie posizioni politiche come prodotto dell’analisi marxista.

Il trotskismo, avendo sperimentato una rinascita durante i sommovimenti ideologici all’inizio degli anni sessanta, ha dimostrato di essere un fenomeno più robusto. Diversamente dai maoisti, i trotskisti erano senza il loro “proprio” potere statale a cui riferirsi, da giustificare e offrire come modello. Questo ha legittimato i trotskisti dell’ultima ora ad adottare posizioni camaleontiche adattandosi a questa o a quella fazione borghese o tendenza ideologica. Questa sezione fornirà alcuni esempi di tale comportamento.

La volontà dei trotskisti di assimilare elementi delle posizioni politiche di altre tendenze in modo da formare un eclettico e caleidoscopico programma non è casuale. La prima parte di questo opuscolo aiuta a scoprire le radici di queste impostazioni politiche e rivelare quelle che non sono deviazioni dalla norma rivoluzionaria, ma bensì uno sviluppo coerente della teoria e della pratica codificate nel programma trotskista del 1938. Quel programma a sua volta rifletteva un metodo che fallì nel riconoscere le implicazioni di un epoca nella quale il capitalismo aveva esaurito ogni carattere progressivo e nella quale il compito dei rivoluzionari non era quello di legarsi alle fazioni “progressiste” della classe avversaria (democratiche, anti-fasciste o quelle che sostengono il capitale statale contro quello privato), ma sviluppare un programma in opposizione senza remore a tutti questi elementi.

La centrale confusione del trotskismo

Il nucleo marcio al centro del trotskismo è il rifiuto da parte di quella tendenza, o famiglia di tendenze, di adottare una rigorosa analisi del fallimento dell’ondata rivoluzionaria successiva alla fine della Prima Guerra Mondiale e il suo conseguente impatto sull’isolato potere sovietico in Russia. Aggrappandosi alla loro erronea analisi dell’Unione Sovietica che la classificava come società avente fondamenta economiche non capitaliste, i trotskisti (1) spinsero i loro seguaci ad appoggiare gli stati stalinisti contro gli altri loro rivali imperialisti.

Lottando nell’affrontare la realtà della trasformazione reazionaria della società russa degli anni venti, i comunisti russi in opposizione alla ufficiale macchina partito/stato tentarono di trovare analogie con gli anni seguenti alla rivoluzione francese del 1789. Nel febbraio del 1935 Trotsky scrisse a proposito di questa discussione:

Non sarebbe un facile compito oggi stabilire chi ricorse per primo all’analogia storica del Termidoro. In ogni caso, le posizioni su questa questione nel 1926 erano pressapoco le seguenti: il gruppo del “Centralismo Democratico” (2) (V.M. Smirnov, Sapronov e gli altri che furono condannati a morte o all’esilio da Stalin) dichiarava: “il Termidoro è un fatto compiuto!”. Gli aderenti alla piattaforma dell’Opposizione di Sinistra, i bolscevichi-leninisti (cioè i trotskisti) negavano categoricamente questa affermazione. (3)

Non accettando le analogie termidoriane, questa citazione dimostra molto chiaramente che gli oppositori russi esterni al gruppo di Trotsky avevano una idea dell’estensione della reazione più immediata e più chiara che non Trotsky e i suoi seguaci. Nello stesso articolo Trotsky tardivamente arriva alla stessa conclusione:

"Il Termidoro della Grande Rivoluzione Russa non è un dato recente ma molto lontano nel passato, i termidoriani possono celebrare pressapoco il decimo anniversario della loro vittoria." (4)

Comunque, piuttosto che impiegare gli anni successivi per precisare e sviluppare la posizione di Sapronov, Trotsky devia dalle essenziali e basilari concezioni marxiste. Per lui, la Russia rimaneva uno stato operaio e i controrivoluzionari stalinisti erano i suoi difensori.

"L’attuale regime politico in URSS è il regime del bonapartismo sovietico (o antisovietico) ... nelle sue fondamenta sociali e nelle sue tendenze economiche, l’URSS rimane ancora uno stato operaio." (5)

Trotsky continuò a sviluppare la stessa analisi in dimensioni maggiori ne La Rivoluzione Tradita, pubblicato nel 1936.

A partire dalla morte di Trotsky la strana confusione secondo la quale l’economia nazionalizzata russa era in qualche modo una conquista per la classe operaia, si è sviluppata in una assurdità metodologica ancora maggiore. Durante l’espansione economica del dopoguerra, con l’adozione di estese misure a capitalismo statale in tutto il mondo, i trotskisti arrivarono a identificare qualcuno o tutti gli interventi, le proprietà, l'assistenzialismo e altri servizi dello stato come progressivi (se non esplicitamente “socialisti”!).

Dal collasso dell’Unione Sovietica, l'infausto culmine dell’analisi e dei travisamenti trotskisti si è tragicamente, ma appropriatamente, rivelato in tutte le sue implicazioni controrivoluzionarie in Russia. I vari gruppi, compreso il Comitato Internazionale della Quarta Internazionale, guidato dal Socialist Equality Party (SEP) di David North negli USA, l’inglese SWP e il Comitato per un Internazionale del Lavoratori capeggiato dal British Socialist Party (la tendenza ex-Militant) erano in lotta per moltiplicare le proprie organizzazioni in Russia. In una serie di conferenze i trotskisti, compresi i seguaci della trotskista non ortodossa Critique di Hillen Tickin, stesero piattaforme per ogni tipo di sostenitori di una soluzione statale, a partire dai socialdemocratici fino ai precedenti leader del partito di Ziuganov. Tutti avevano in comune coi trotskisti l'incapacità di comprendere la natura reazionaria di ogni forma di “socialismo statale” nell’epoca imperialista.

A quelle conferenze gli oratori omisero sistematicamente il contributo dato dalle opposizioni non trotskiste alla comprensione della degenerazione della Rivoluzione Russa e alla lotta contro di essa - e, nel caso di Tickin, hanno in gran parte diffamato gratuitamente Rosa Luxemburg. I peggiori aspetti del trotskismo sono così tornati sul suo terreno di origine a giocare un ruolo reazionario e confusionario.

Immutevole come un camaleonte, coerente come un caleidoscopio

Una delle caratteristiche della politica trotskista è la sua tendenza, aiutata dalle divisioni del movimento in numerose fazioni e tendenze, ad adattare le proprie politiche a differenti e svariati interessi e tendenze controrivoluzionarie.

Come si vedrà in seguito, il movimento trotskista perdette i suoi legami col movimento proletario rivoluzionario durante gli anni trenta. In seguito alla morte di Trotsky e alla scomparsa politica della sua Quarta Internazionale come forza coerente durante la Seconda Guerra Mondiale, la scena era pronta perché il trotskismo post-bellico impostasse uno schema di adozioni e adattamenti ai movimenti borghesi e simultaneamente generasse decine di tendenze, frazioni e organizzazioni rivali - alcune su base nazionale, altre che rivendicavano di essere ancora un’altra incarnazione della Quarta Internazionale.

Una breve panoramica come questo opuscolo non ha abbastanza spazio per descrivere in modo dettagliato e completo i movimenti borghesi ai quali i trotskisti si sono adattati. Qualche esempio servirà, in ogni modo, a illustrare la portata di questi sviluppi.

Nella seconda metà degli anni quaranta, mentre l’Unione Sovietica diventava il secondo pilastro della dominazione imperialistica mondiale, i trotskisti lottavano per assimilare questa realtà alla loro visione secondo la quale l’economia russa statalizzata rimaneva una “conquista per la classe operaia”. Verso la fine del decennio la maggioranza dei trotskisti aveva deciso che anche gli stati satellite nell’Europa dell’est e (successivamente) la Cina di Mao erano stati in cui l’economia nazionalizzata era progressiva e meritevole di sostegno. Questo implicava che parti significative del mondo avevano sperimentato la fine dei rapporti capitalistici di proprietà grazie all’assetto imperialista del dopoguerra e alla vittoria di Mao nella battaglia contro il KuoMinTang di Chang Kai-Shek.

La grossa deviazione dal marxismo espressa in questa confusione poneva le basi per decenni di richiami al sostegno del blocco di Mosca contro il blocco dominato dagli USA durante la guerra fredda. All’interno di questa linea si sviluppò un’altra tendenza quando i trotskisti offrirono il sostegno della loro propaganda alle forze staliniste che tatticamente esprimevano, di volta in volta indipendenza da Mosca. Il primo esempio si ebbe quando il movimento trotskista adottò Tito come un “trotskista inconscio” allorché guidò lo stato jugoslavo al di fuori dal diretto controllo economico, politico e militare di Mosca. Più tardi differenti fazioni dovevano ripetere una simile tragicomica confusione con altre direzioni nazionali staliniste come la cubana, la cinese e la vietnamita. (6)

Altre leadership furono, in misura maggiore o minore, similmente applaudite. Durante gli anni settanta e ottanta i trotskisti impressero a una varietà di governi il loro timbro di approvazione. Questi includevano il regime militare in Etiopia, i sandinisti in Nicaragua e il New Jewel Movement a Grenada. Il sostegno e il plauso per tali governi o opposizioni combaciava molto chiaramente con un’altra posizione trotskista antiproletaria, il sostegno alle lotte di liberazione nazionale.

I trotskisti trassero ispirazione dalla debolezza delle posizioni adottate tra il 1920 e il 1922 dall’Internazionale Comunista quando l’ondata rivoluzionaria rifluiva. Parallelamente al loro generale approccio basato sui fronti uniti, essi offrirono il proprio sostegno agli stati capitalisti oppressi contro i loro (ugualmente capitalisti) oppressori. Questa pratica fu consacrata dai trotskisti durante gli anni trenta, quando sostennero l’Abissinia/Etiopia contro l’Italia e la Cina contro il Giappone. Trotsky e i suoi seguaci fallirono, e continuano a fallire, nel riconoscere la natura fondamentale della fase imperialista - le borghesie nazionali, o aspiranti nazionali, possono sopravvivere solo come parte della rete dell’imperialismo mondiale da cui sono interamente dipendenti. Questo fallimento li ha portati ad agire come sostenitori di fazioni dei movimenti di liberazione nazionale e figure simboliche antiproletarie, a partire dal FLN algerino fino al pan-africanismo del Nkrumah, il movimento a guida borghese Fretilin in lotta per uno stato indipendente di Timor Est e, ovviamente, le forze che ora sono al governo in tutti i maggiori stati dell'Africa meridionale.

Più vicino a casa nostra, le diverse fazioni trotskiste offrono, di solito indirettamente, appoggio all’Ira e ad altri elementi nazionalisti irlandesi.

Avendo identificato il sostegno trotskista ai movimenti di liberazione nazionale come una caratteristica che li separa dal campo rivoluzionario, è facile vedere come il loro sostegno e coinvolgimento in altri movimenti democratici segni un ulteriore punto di separazione. Nella loro infinita ricerca di una via “di transizione” nel solco della vita politica borghese, i trotskisti si uniformavano a ogni accattivante tendenza riformista che alla borghesia progressista capitava di esprimere.

Questo è più evidente in due esempi riguardanti la periferia del capitalismo. Nel 1951 in Bolivia il POR (Partito Operaio Rivoluzionario guidato da Guillermo Lora e facente parte del Segretariato Internazionale Pablista) trasse sostegno dal neoeletto (e spalleggiato dagli USA) governo del Movimento di Resistenza Nazionale di Paz Estenssoro. Per il governo USA il programma riformista del MNR era l’unica via per “prevenire l’ascesa del comunismo e il caos”. Il POR era un partito di massa ma, essendo degenerato allo stesso modo di altre organizzazioni trotskiste, poteva solo plaudire al programma nazionalista borghese del MNR di nazionalizzazione delle miniere di stagno e divisione delle terre. Esso rivendicò anche cose così radicali come posti ministeriali per i leader corrotti delle confederazioni sindacali. Nel 1954 questa traiettoria fu completa quando la maggioranza del POR entrò a far parte del MNR. Così i trotskisti abbandonarono ogni pretesa di avere un programma di classe indipendente e prepararono la strada al golpe militare del 1964. Se questa fu una “crisi della dirigenza” sindacale, allora i trotskisti ne furono parte.

Similmente negli anni cinquanta e sessanta, il LSSP dello Sri Lanka rese concrete ed evidenti le sue credenziali socialdemocratiche attraverso l’elettoralismo e le aspirazioni sindacali. Dopo il fronte con gli stalinisti e altre correnti politiche, nel 1963, entrò infine nel governo Bandaranaike nel 1964. Il risultato fu ancora quello di persuadere i lavoratori che il sistema democratico aveva ancora qualcosa da offrir loro, o poteva essere riformato per migliorare le loro condizioni di vita. Non fece niente per fornire una base di analisi dei rapporti capitalistici che perpetuavano la loro miseria, e tanto meno per spingerli ad organizzarsi indipendentemente contro lo stato.

Con la loro rinascita, particolarmente in Nord America e in Europa, alla fine degli anni sessanta, i trotskisti assorbirono molte posizioni politiche proprie dei vari movimenti di “liberazione” - che si contrapponevano tutti al progetto marxista. Primi tra questi ci sono il femminismo e la “liberazione nera”/antirazzismo.

Il desiderio trotskista di ingraziarsi simili tendenze ha portato a un flusso di alleanze confuse e posizioni eterogenee. Particolarmente nel loro amato “Labour Movement” (in primis il Labour Party e le Trade Unions - entrambe agenti della conservazione nell’attuale periodo) i trotskisti divengono sostenitori di una politica radicale di “eguali opportunità”, spesso centrata attorno ad “azioni positive” o “discriminazioni positive”. Con i loro alleati di sinistra del Labour Movement i trotskisti tengono fermamente la lotta per l’uguaglianza all’interno del quadro riformista. Ugualmente, quando sono costretti a riconoscere l’indiscutibile legame tra capitalismo e sciovinismo/discriminazione, la loro pratica è imperniata su rivendicazioni riformiste volte a dimostrare che la “liberazione” può essere conseguita per mezzo della sinistra del capitale. Molti di quelli che vogliono distruggere l’oppressione finiscono intrappolati dai trotskisti in strutture istituzionali e politiche che sono parte essenziale della società capitalistica, che è la fonte reale di tale oppressione.

Per diversi trotskisti queste buffonate “antirazziste” sono legate a posizioni di antifascismo frontista, (7) sulle cui implicazioni torneremo tra breve. Ora, vale la pena soffermarsi brevemente sulle due aree del Labour Movement nelle quali il trotskismo rimane intrappolato e a sua volta intrappola quelli che vi si imbattono. Queste sono l’ala sinistra dei sindacati insieme al Labour Party - o la sua più recente mediocre imitazione.

Per la grande maggioranza dei trotskisti i sindacati, a tutti i livelli, rimangono un area chiave dove inviare i propri quadri e contatti. Partendo da una incapacità e da una scarsa volontà di riconoscere il ruolo dei sindacati nella fase imperialista, i trotskisti cercano di raggiungere posizioni di potere fino ad includere le dirigenze nazionali. (8) In ogni caso i trotskisti servono ad illudere l'area nella quale esercitano la loro influenza, che i sindacati possano ancora diventare strumenti utili alla classe operaia per la propria difesa, piuttosto che gli strumenti di controllo dello stato e del capitale nei posti di lavoro e suoi diretti agenti, quali in realtà sono.

I trotskisti hanno anche costantemente compiuto grandi sforzi per avvalorare le credenziali e spalleggiare gli altri loro amici riformisti di sinistra che cercavano posizioni di comando nei sindacati. Tali attività, presentate come l’apice dell’intervento politico - che servirono tutte a mantenere la presa dei sindacati - compresero l’incoraggiamento alla “blue union” degli scaricatori attraverso la (allora) Socialist Labour League durante gli anni sessanta e la costituzione del Rank and File Mobilitising Committee (IS/SWP - anni settanta) e il Broad Left Organising Committee (anni ottanta - Militant). Mentre i sindacati continuano a dividere la classe operaia, i trotskisti continuano ad agire come loro ala sinistra.

A fianco dei sindacati l’altro pilastro gemello del Labour Movement trotskista (in Gran Bretagna) è stato tradizionalmente il Labour Party. Le origini politiche dell’orientamento verso i partiti tipici della Seconda Internazionale verrà mostrato più avanti nel commento sull’allontanamento di Trotsky dalla politica rivoluzionaria durante gli anni trenta.

In Gran Bretagna la grande maggioranza dei trotskisti fu membra del Labour Party dai tardi anni quaranta fino alla radicalizzazione attorno al 1958. Questa strategia di “entrismo”, particolarmente nell’area giovanile del Labour Party, permise alla Socialist Labour League di Gerry Healey di prendere il controllo dei Labour Party Young Socialist nei primi anni sessanta. L’area “Militant” di Ted Grant, rifiutando di lasciare le proprie tane nel Labour Party durante la radicalizzazione del 1968-1974, ripeté la prodezza durante gli anni settanta e i primi anni ottanta. Questa persistenza pagò anche quando la loro base di Liverpool, con radici riconducibili agli anni trenta, riuscì a dirigere politicamente il consiglio comunale tra il 1983 e il 1987.

Dalla metà degli anni settanta fino ai tardi ottanta diversi trotskisti riscoprirono l’entrismo e tornarono a operare tra, e spesso come, la sinistra laburista. Le principali eccezioni a questa regola furono gli International Socialists di Tony Cliff che si rifondarono come Socialist Workers Party (SWP) e il WRP di Gerry Healey, fino alla sua esplosione in numerosi frammenti che divennero microfoni di Gheddafy e simultaneamente sponsor di un giornale, il Labour Herald, che offrì una piattaforma a personaggi della sinistra laburista quali Ken Livingstone. Bisogna sottolineare che laddove le frazioni si separavano organizzativamente dal Labour Party non ci fu, in generale, nessun riassestamento politico. Sia il SWP che il WRP in quel periodo continuarono a dare l'indicazione di voto per i laburisti durante le elezioni politiche - a parte le molto rare eccezioni in cui essi sostenevano candidati propri, ottenendo un impatto ed un numero di voti trascurabili.

Dai tardi anni ottanta i trotskisti hanno trovato sempre più difficile prosperare nella sinistra del Labour Party. Questo è dovuto sia al crescente controllo burocratico da parte di una macchina di partito solidamente nelle mani dell’ala destra laburista che al crescente rifiuto della dirigenza di rispettare il tradizionale principio laburista dell’intervento statale. Il risultato è stato un crescente numero di organizzazioni trotskiste all’esterno del Labour Party, un numero elevato di spaccature e riallineamenti, (9) e crescenti apparizioni di candidati trotskisti schierati su posizioni riformiste di sinistra, particolarmente nelle elezioni del 1999. (10)

Forse il più nauseante esempio dell’attuale riallineamento ebbe luogo nel 1999 quando il SWP (il più grande gruppo trotskista in Gran Bretagna) si alleò in una società di mutua ammirazione con lo stalinista Communist Party of Britain (CPB, editore del Morning Star) e un insieme di brandelli di militanti della sinistra laburista come Tony Benn e Alice Mahon per costruire uno schieramento filoserbo che bloccasse ogni opposizione internazionalista alla guerra che era in corso nei Balcani.

D’altra parte, c’erano molti trotskisti intenti a mostrare ai loro seguaci che, in guerra, possono fare qualsiasi scelta essi vogliano - purché in accordo con una fazione borghese. Gruppi come il Workers Power, la Alliance for Workers Liberty (AWL) e il Socialist Party sostennero tutti il Kosovan Liberation Army (KLA) e il preteso stato/protettorato kosovaro. Essi preferiscono le macchinazioni dei nazionalisti kosovari filotedeschi o filoamericani ai nazionalisti serbi spalleggiati dalla Russia cari al SWP.

La questione dello sviluppo verso una Terza Guerra Mondiale e il ruolo dei trotskisti è un’opportunità per commentare non solo la loro metodologia generale (scegliere una fazione borghese, ignorare l’internazionalismo), ma anche per tornare sul loro ossessivo antifascismo.

Per gli internazionalisti, il fascismo è un prodotto dell’imperialismo. È parte del prezzo che il proletariato ha pagato come risultato della profonda crisi successiva alla sconfitta delle lotte rivoluzionarie. In nessun modo, comunque, noi crediamo che la democrazia borghese del XX secolo (la forma preferita di dominio imperialista negli stati metropolitani) sia un atomo meno che una formazione imperialista. La soluzione storica sia al fascismo sia alla forma democratica dell’imperialismo è la rivoluzione proletaria. Non così per i trotskisti!

Più e più volte i trotskisti sottolineeranno il ruolo di insignificanti organizzazioni fasciste - ignorando, per esempio, il fatto che molti neri sono morti o hanno subito ingiustizie per mano dello stato democratico britannico. I trotskisti, insieme ai loro alleati stalinisti e agli altri “sinistri” hanno combattuto a lungo e duramente per mantenere l’antifascismo come significativo elemento nel loro armamentario confusionario.

L’antifascismo non è semplicemente una tra le tante altre confusioni borghesi prevalenti nella classe operaia. Esso fu il più forte strumento ideologico usato per arruolare la classe operaia nella Seconda Guerra Imperialista. Avendo preparato il terreno durante la guerra civile spagnola, i trotskisti e gli stalinisti prepararono sistematicamente i loro seguaci a combattere a fianco delle potenze democratiche contro l’Asse guidato dalla Germania. Le dirigenze ufficiali dei partiti comunisti dovevano ricomporsi dallo sbandamento da quella linea, durante il patto Hitler-Stalin dell’agosto 1939 - maggio 1941, con il loro assoluto sostegno all’alleanza imperialista anglo-russo-americana durante la “Grande Guerra Patriottica” di Stalin.

L’antifascismo rimane una significativa arma nell’arsenale ideologico borghese. La “lotta contro un dittatore” fu usata per creare sostegno alle guerre contro l’Iraq. Le invettive verbali di Clinton e Blair contro il governo serbo di Milosevic hanno molte caratteristiche della terminologia dell’antifascismo democratico dell’imperialismo. Abbiamo già mostrato come i trotskisti dei giorni nostri decidono di sostenere l’una o l’altra fazione borghese, anche in tempo di guerra. Il loro ricorso all’antifascismo dà ai loro fratellastri maggiori borghesi ancora più opportunità di gettare i lavoratori verso il macello imperialista.

Conclusione

Questo breve opuscolo si è occupato di Trotsky nel bel mezzo della controrivoluzione. Potrebbe sembrare ingeneroso non soffermarsi sulla sua attività del 1905 come secondo presidente del Soviet di San Pietroburgo. Potrebbe anche sembrare che lo abbiamo liquidato in fretta senza citare a lungo le sue opere come 1905, Storia della rivoluzione russa o Bilanci e prospettive. Possiamo anche averlo ritenuto più lungimirante di Lenin sul corso del futuro della rivoluzione russa, durante gli anni immediatamente precedenti al primo conflitto mondiale. Ma questo non era il nostro obiettivo: stiamo cercando di analizzare l’ultima ondata rivoluzionaria al fine di chiarire quali sono i nostri compiti per il futuro. La sostanza dell’eredità di Trotsky è nella rivoluzione russa del 1917, e non è un caso che uno dei suoi maggiori successi come rivoluzionario fu nei panni di commissario del popolo alla guerra. La sua durezza fu un fattore importante per la creazione dell’Armata Rossa, ma questa forza fu anche una debolezza. Come disse un suo contemporaneo: “Trotsky fu un uomo di stato, non di partito”; questo è un commento efficace e sottolinea che Trotsky, dopo il 1918, fu meno interessato alla questione dell’emancipazione della classe operaia e più coinvolto alla creazione di un potere statale. È per questo che patrocinò la “militarizzazione del lavoro” nel 1920. Lenin, nello stesso Testamento in cui chiedeva la rimozione di Stalin, criticò anche Trotsky per...

una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi.

Così, non fu affatto una sorpresa che, quando il partito diventò stato, Trotsky riservò le sue capacità critiche ad una lotta interna che fu sia confusa che inconsistente: ridusse la lotta ad uno scontro interno alla direzione [del partito N.d.T.], cosa che confuse e disorientò allo stesso tempo i giovani lavoratori che erano stati educati nella lotta per creare la giovane repubblica dei soviet. Nell’analisi conclusiva, Trotsky stesso fu l’architetto del Trotskismo. Se fosse sopravvissuto alla guerra imperialistica del 1939-45, avrebbe potuto evitare di appoggiare gli “stati operai degenerati”, avrebbe anche potuto ricredersi sulla natura di classe dell’Unione Sovietica. La storia, però, non si fa con ciò che sarebbe potuto accadere, ma con ciò che è effettivamente accaduto. Trotsky lasciò un metodo che creò un movimento controrivoluzionario, non è per caso che egli rifiutò di unirsi con qualsiasi altra opposizione sia in Russia che nell’Internazionale. Radek, un trotskista di punta, si lamentava nel 1928 perché molti giovani operai non riuscivano a capire per quali motivi Trotsky non si fosse unito ai Centralisti Democratici (una organizzazione russa comunista orientata a sinistra da V. Smirnov e T. Sapronov) per formare un nuovo partito comunista. (11) I leader trotskisti liquidarono i Centralisti Democratici come “estremisti, settari ed avventuristi”. Allo stesso modo, Trotsky rifiutò di legarsi ad altre opposizioni, per esempio con i nostri precursori politici della Frazione di Sinistra del Partito Comunista d’Italia, ma anche con altre politicamente più vicine a lui come la KPO (Partito Comunista d’Opposizione) e la SAP (Partito Socialista Operaio) in Germania.

Perché? Perché Trotsky era ossessionato da ciò che lui pensava “essere a contatto delle masse”, e quando le masse furono sconfitte e finirono sotto il controllo della controrivoluzione, nella versione stalinista in Russia o in quella socialdemocratica nel resto d’Europa, egli preferì mantenere i rapporti con la controrivoluzione: di qui la sua “svolta francese” nel 1934 quando spronò i suoi seguaci a tornare nella socialdemocrazia. Che abbia praticato l’entrismo, o meno, ogni corrente trotskista è stata infettata, da allora, dalla stessa impostazione metodologica. Ricongiungendosi alla socialdemocrazia, questi signori hanno dato il loro contributo per seppellire la bandiera del programma comunista. È compito della attuale generazione di rivoluzionari dispiegare la bandiera dell’emancipazione del proletariato in modo che il secolo che viene mantenga la promessa mancata di uguaglianza e libertà offerta dalla Rivoluzione d’Ottobre.

(1) Alcuni elementi hanno ripreso l’analisi trotskista delle formazioni staliniste. Di queste, due delle principali tendenze hanno le loro origini nella crisi del movimento trotskista degli anni quaranta. La prima si raggruppò attorno a Max Shatchman, un trotskista americano il cui Partito dei Lavoratori si staccò dal trotskismo ufficiale nel 1940 e definì l’Unione Sovietica come un’espressione del “collettivismo burocratico”. [Commenti sui “mormoni Shatchmaniani” si possono trovare su Internationalist Communist 17]. Affrontarono la diffusione dello stalinismo alla fine della seconda guerra mondiale altre posizioni sviluppate a partire da quelle di Shatchman: C. L. R. James, che più tardi si spostò su posizioni che lui stesso definì “umanismo marxista” pubblicò il suo opuscolo su La invadente società socialista e il trotskista britannico Tony Cliff pubblicò poco tempo dopo Russia - un’analisi marxista. Cliff, non intendendo essere marchiato come un seguace di Shatchman, adottò l’etichetta di “capitalismo di stato”, senza per questo abbandonare alcuna delle caratteristiche del metodo trotskista; ed i suoi seguaci, ora il Partito Socialista Operaio (SWP) in Gran Bretagna, continuarono ad esigere la proprietà statale in opposizione al capitale privato e continuarono a dipingere il “movimento laburista” (partito laburista, sindacati, ecc.) come una forza progressiva. Naturalmente, questi aderiscono inoltre ad altre confusioni ed adattamenti trotskisti alle teorie di liberazione nazionale ed altre tendenze borghesi. Il gruppo “Lutte Ouvriere” mantiene delle posizioni politiche simili a quelle dello SWP ma con un forte elemento di attività elettorale indipendente (diversamente dal tradizionale sostegno dello SWP per il British Labour Party). Aggiungono un altro elemento al caledoscopio di confusione combinando l’ortodossa etichetta trotskista di “stato operaio degenerato” per l’Unione Sovietica con la versione di “capitalismo di stato” di Cliff per il resto del blocco russo nell’Europa dell’est prima del 1989.

(2) Un gruppo di comunisti di sinistra non trotskisti.

(3) Writings of Leon Trotsky (1937-38), (1970), Pathfinder Press, pagina 107.

(4) Op. cit. pagina 182.

(5) Op. cit. pagina 182.

(6) I seguaci del RSL di Ted Grant, in seguito la tendenza “Militant” tentò di raggiungere nuove vette di idiozia teorica quando scoprirono negli anni sessanta e settanta che stati come la Siria e la Birmania erano “stati operai deformati” per via della percentuale di economia nazionale che era stata nazionalizzata.

(7) L’esempio più ovvio di ciò in Gran Bretagna è l’Anti-Nazi League ispirata dal SWP, che è riapparsa per mettere in risalto le gioie del capitalismo democratico in diverse occasioni durante gli ultimi vent’anni.

(8) Per esempio, vedi l’edizione del 30 aprile 1999 del Socialist in cui i buoni amici del Comitato Esecutivo Nazionale dei sindacati NUT e UNISON mandano i loro saluti del primo maggio.

(9) Probabilmente la trasformazione più drammatica di tutte è stata fatta dal movimento dell’ex “Militant” che abbandonò il suo guru di vecchia data, Ted Grant, e trasformò sé stesso nel “Socialist Party” - abbandonando il Partito Laburista, ma sostenendo i sui stessi candidati e cercando alleanze con altri gruppi “radicali”.

(10) Il candidato di “Scottish Socialist” Tommy Sheridan, conquistò il dubbio primato di essere l’unico trotskista nell’ultima istituzione dello stato borghese in Gran Bretagna, il parlamento scozzese.

(11) Vedi “L’opposizione comunista di sinistra in URSS alla fine degli anni venti” di A. V. Gusev (Otechestvennaia Istoriia, gennaio/febbraio 1996).

Trotsky, trotskismo, trotskisti

Il presente opuscolo è la traduzione dell'omonimo lavoro dei compagni inglesi della Communist Workers Organisation. Può essere considerato il completamento di un precedente lavoro della Cwo degli anni 1970 ora completamente esaurito e lo sviluppo di alcune linee di analisi contenute nell'articolo Kronstadt 1921 di Prometeo IV Serie n. 5 (settembre 1981).

Le posizioni qui espresse rappresentano il patrimonio comune del Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario in tema di rapporto con il movimento trotskista, sia per quanto riguarda il metodo di analisi sia le linee generali di giudizio della stessa Urss. È questa la ragione per la quale il documento è tradotto e pubblicato in più lingue.