Uno contro 27 - Il processo Calabresi è un episodio della guerra interna alla borghesia

Nel 1986 la "emergenza terrorismo" era finita, le forze extraparlamentari sessantottine o si erano sciolte o si erano... parlamentarizzate e molti loro capi, abbandonato il giovanile radicalismo - che peraltro aveva illuso strati non indifferenti di vero proletariato - si erano perfettamente integrati fra i padroni e i loro faccendieri politici. Lo stesso Sofri - lasciati a se stessi i proletari che in Lotta continua avevano sperato di vedere presto realizzato il riscatto degli oppressi - faceva il consigliori della coppia allora alla ribalta di Craxi e Martelli.

Ciononostante è allora che scatta l'accusa verso Sofri, Bompressi e Pietrostefani e inizia il calvario dei tre, fra carcerazioni e processi, fino a quest'ultima (in ordine di tempo) sentenza di colpevolezza.

Due gli elementi determinanti evidenti e un altro evocato dallo stesso Sofri,e ancora molto misterioso.

I due fattori determinanti il processo sono il "pentito" Marino e i Carabinieri, che le stesse carte processuali indicano come istruttori del teste e promotori del processo.

L'elemento misterioso è il PCI (o suoi dirigenti di punta).

Sull'attendibilità di Marino, quantunque l'ultima sentenza la confermi, sono ovunque nutriti dubbi che è eufemismo definire enormi. Ma resta il fatto che 22 anni di galera vengono comminati a tre poveracci sulla base della deposizione di un "pentito" nello stesso intorno di tempo in cui 27 pentiti di mafia che in coro accusano Andreotti vengono dichiarati di fatto inattendibili.

È evidente anche all'uomo della strada, se solo fa il raffronto, che qualcosa non va, ovvero che c'è sotto qualcosa. Sofri potrà continuare la sua lotta, nella convinzione che la Giustizia (con la G maiuscola, per carità) prima o poi trionfa e che ad essa ci si debba affidare con democratica fiducia, ma i due pesi e le due misure riflettono certamente qualcosa che va oltre l'eventuale differenza di sensibilità fra giudici, o corti giudiziarie.

La vicenda di Sofri e compagni è partita, col "pentimento" certamente in modo poco chiaro. E già chiarire la genesi è cosa che evidentemente la magistratura non si è sentita in condizioni di fare. Bisognava allora dar credito al pentimento tardivo di Marino e ignorare i famosi 15 giorni di buio fra l'andata di Marino dai Carabinieri e la sua riapparizione dal magistrato. E siamo a un primo elemento di scontro o confronto fra poteri.

Poi c'è la questione del pentitismo. Che su questa lo scontro sia violento, e in tutte le sfere dei poteri democratici, è ancora cosa risaputa.

Una parte dichiara inattendibili i 27 pentiti di mafia, molti dei quali "di rispetto", e chiede la revisione della legge sui pentiti? L'altra parte condanna a 22 anni sulla base delle dichiarazioni di un pentito solo, dichiarando anzi inattendibili quanti lo smentiscono.

E così che Sofri, Bompressi e Pietrostefani si sono ritrovati maciullati in uno scontro certamente più grande di loro.

L'indignazione è spontanea, ma di dovere è la denuncia. Sofri, fedele forse a una consegna politica che si è data scrivendo anche sulle pagine del berlusconiamo Panorama, vaneggia sulla giustizia per evitare, anzi per contrastare proprio la denuncia: che lo stato è borghese, difende la borghesia e ne riflette gli scontri interni.

m.l.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.