La riforma della scuola oggi

Un altro tassello della guerra permanente del capitale contro il proletariato - Tratto dall'opuscolo "Scuola e politica rivoluzionaria" in corso di stampa

La nuova riforma della scuola sta per abbattersi sul sistema scolastico, anzi, nella più classica tradizione della borghesia italiana, un po’ alla volta, tra leggi e leggine ha già cominciato a trasformare in profondità questa istituzione. La sostanziale continuità espressa dai governi che si sono succeduti in questi ultimi anni (dai governi "tecnici" a quelli di centro-destra e centro-sinistra) in merito a questa questione è il segno evidente della necessità della borghesia italiana di mutare radicalmente l’assetto scolastico per renderlo ancor più e meglio sottomesso alle dirette esigenze dell’impresa e, più in generale, del capitale, da quasi trent’anni attanagliato da una crisi strutturale che ha progressivamente eroso ogni spazio di riformismo e, contemporaneamente, attaccato in profondità le condizioni di vita e di lavoro della classe operaia e di tutto il lavoro salariato-dipendente. La precarietà crescente, la manchesterizzazione della classe operaia e, in genere, del proletariato ossia la regressione dilagante a forme di sfruttamento e di strapotere padronale tipiche del capitalismo ottocentesco, lo smantellamento del cosiddetto stato sociale, consistente nella rapina del salario differito (pensioni, sanità, scuola, ecc.) hanno lo scopo di non disperdere nemmeno una briciola del plusvalore estorto alla classe operaia per cercare di rianimare saggi del profitto sempre più anemici e alimentare un capitale parassitario (cioè finanziario-speculativo) che, proprio a causa del saggio di profitto declinante, ha assunto dimensioni mostruose. L’intensificazione spietata dello sfruttamento, assieme alla guerra imperialista, sono le classiche vie d’uscita dalla crisi intraprese dal capitalismo se manca una reazione adeguata o, peggio, una reazione qualsiasi, del proletariato in quanto classe - e, purtroppo, è questa la situazione che, finora, stiamo vivendo.

È un movimento che ha dimensioni mondiali, il cui effetto - uno dei principali, almeno - è quello di avvicinare ossia di abbassare, tendenzialmente, le condizioni di lavoro del salariato "occidentale" a quelle dell’operaio russo o cinese, in una devastante concorrenza al ribasso.

Anche la scuola è pienamente investita da questa logica che travolge e frantuma le frontiere nazionali. La sua diretta sottomissione alle necessità del capitale di cui si parlava sopra interessa tanto i paesi della periferia capitalistica (altrimenti detti in via di sviluppo) quanto quelli della metropoli:

Le riforme [in Viet Nam, n.d.r.] hanno deliberatamente e consapevolmente distrutto il sistema scolastico, comprimendone fortemente il bilancio, riducendo lo stipendio degli insegnanti e 'commercializzando’ l’istruzione secondaria superiore e professionale [...] Si sta trasformando l’istruzione in merce. Nel gergo ufficiale delle agenzie ONU ciò richiede: ‘... che i fruitori dei servizi scolastici paghino somme più alte, incoraggiando le istituzioni ad autofinanziarsi, e utilizzando incentivi per privatizzare l’istruzione e la formazione’. (1)

A ciò fa eco il Libro bianco su Istruzione e formazione o Rapporto Delors , del 1995, in cui si dettano e si compendiano le linee guida della politica scolastica della borghesia europea.

Il riavvicinamento fra scuola e impresa è dunque una priorità che deve coinvolgere pienamente le parti sociali. Questa priorità presuppone tre condizioni:
La prima condizione è l’apertura dell’istruzione al mondo del lavoro. Senza limitare le finalità dell’istruzione verso l’occupazione, la scuola deve tener conto di elementi quali la comprensione del mondo del lavoro, la conoscenza delle imprese e la percezione dei cambiamenti che influenzano le attività di produzione.
La seconda condizione è il coinvolgimento dell’impresa nello sforzo formativo non soltanto dei suoi dipendenti ma anche dei giovani e degli adulti [...].
La terza condizione, che integra le altre due condizioni, è lo sviluppo della cooperazione tra istituti d’istruzione e imprese.
Il rafforzamento dei legami tra istruzione e imprese richiede in primo luogo lo sviluppo dell’apprendistato che è un metodo per la formazione adatto a tutti i livelli di qualificazione e non soltanto a quelli più bassi. (2)

Ciò che sta avvenendo oggi nel mondo della scuola è dunque perfettamente conseguente col quadro finora tracciato e non a caso nella cosiddetta riforma scolastica sono direttamente coinvolti, oltre al Ministero della Pubblica Istruzione, altre articolazioni dello stato e della società (borghese), dal Ministero del Lavoro alle associazioni padronali fino, e non potevano mancare, ai sindacati "maggiormente rappresentativi". L’attenzione particolare che la borghesia rivolge al settore dell’istruzione-formazione è testimoniata dal fatto che in tutti i più importanti (e devastanti) interventi legislativi di questi ultimi anni riguardanti il rapporto capitale-lavoro (dal Patto per il lavoro del settembre ’96, alla importantissima Legge Treu 196/’97 sull’occupazione giovanile, fino al Patto Sociale per lo Sviluppo e l’Occupazione del dicembre ’98) appositi capitoli sono dedicati alla ridefinizione profonda dell’istruzione pubblica... e privata. In tal senso, la legge sulla Autonomia scolastica, che andrà pienamente in vigore nell’anno scolastico 2000-2001, è un salto di qualità nella politica scolastica della borghesia italiana, che soddisfa pienamente le aspettative del padronato, tanto da essere definita:

la riforma delle riforme, da anni richiesta con forza dalla Confindustria. (3)

Con essa si dà il via alla aziendalizzazione della scuola, una scuola proiettata all’esterno, verso le esigenze di sviluppo del "territorio" ossia, detto in altri termini, del capitale e in primo luogo di quello locale. Ogni singolo istituto - diretto da un preside i cui poteri vengono accresciuti e dilatati - avendo personalità giuridica propria, potrà comprare, vendere, stabilire accordi di collaborazione con enti e aziende private e pubbliche, organizzare corsi particolari a seconda di quanto richiede il famoso "territorio", per es., come accade già ora, per sgravare le aziende dei costi fissi derivanti da investimenti in immobili e macchinari, concedendo aule e laboratori per lo svolgimento di corsi di riqualificazione del personale aziendale. Se ancora la legge sull’Autonomia non prevede...

nuovi organi di governo (con maggioranza di stake-holders della comunità esterna) distinti da quelli consultivi di partecipazione per supportare i progetti di istituto e monitorare i progressi che il capo di istituto e gli insegnanti realizzano rispetto agli standard nazionali... (4)

è certo però che la direzione è quella e, in ogni caso, presidi e Consigli di Istituto non possono né potranno ignorare le leggi del mercato... scolastico, scontentando reali o potenziali finanziatori privati (gli sponsor). Un timido e squallido assaggio di un futuro totalmente mercificato è in corso da qualche anno a questa parte con la meschina concorrenza che si scatena tra insegnanti di istituti diversi per accaparrarsi il maggior numero possibile di clienti-studenti sul mercato delle iscrizioni. Ma il mercato oggi vuol dire flessibilità, cioè disponibilità assoluta della forza-lavoro a soddisfare le esigenze di valorizzazione del capitale, e il riordino dei cicli scolastici, complemento fondamentale dell’Autonomia, svolge questa importante funzione. Infatti, nel triennio conclusivo è prevista la possibilità di istituire corsi specifici, di durata variabile, oltre a quelli obbligatori stabiliti dal ministero, variando contemporaneamente le modalità di impiego degli insegnanti; inoltre, l’opportunità di volgere l’insegnamento per moduli, al posto delle classi, farà saltare l’attuale organizzazione dell’ "orario" e dunque dell’organico, con un più che prevedibile risparmio, a favore dell’amministrazione, a cominciare dai posti di lavoro. La precarizzazione del personale, che in questi anni ha compiuto notevoli passi avanti, verrà rinforzata dalla facoltà, concessa al preside, di assumere (e licenziare) direttamente personale docente - non necessariamente facente parte del mondo della scuola, i cosiddetti esperti - istituendo un gran numero di contratti a tempo determinato (come con gli attuali supplenti) o di collaborazione esterna. Va da sé che le materie non obbligatorie o i moduli, tendenzialmente saranno coperti da personale precario, indebolendo ulteriormente una categoria tradizionalmente debole e divisa.

Ma l’immissione di esperti" esterni è solo uno dei canali attraverso i quali il "territorio", cioè il privato, farà irruzione nella scuola. Il Sistema di Istruzione Integrato, delineato dal Patto sociale e sistematizzato dal Master Plan, presentato dal governo e dalle famigerate "parti sociali" (associazioni padronali e sindacati) il 21-07-’99, punta al superamento delle barriere "concettuali" tra istruzione propriamente detta e formazione professionale per...

suscitare nei giovani una maggiore capacità di adattamento ai mutamenti tecnologici [e sviluppare] una forza lavoro qualificata e adattabile. (5)

Tradotto in parole povere, preparare una forza-lavoro rassegnata e sottomessa agli schizofrenici andamenti del mercato - squassato, occorre ricordarlo, dalla crisi strutturale - alla flessibilità e alla straripante precarizzazione: in breve, allo sfruttamento senza freni. Intensificare l’uso degli stages (6) ed...

estendere i tirocini formativi in tutti i percorsi di istruzione e formazione, come strumento indispensabile di raccordo tra formazione e lavoro, secondo le modalità stabilite dall’articolo 18 della legge 196/97 e relativo decreto attuativo (progetti formativi concordati tra strutture formative e aziende, tutoraggio, coinvolgimento di istituzioni e parti sociali)... (7)

sono solo alcuni degli interventi previsti per avvicinare la scuola al mondo del lavoro. L’altro, importantissimo, è l’elevazione dell’obbligo scolastico e/o formativo (attenzione!) a 18 anni. Infatti, poiché sarebbe impossibile dare effettivamente a tutti la possibilità di studiare fino alla maggiore età per i costi che questo comporterebbe (edifici, personale, attrezzature, senza parlare dei ragazzi che non possono frequentare le superiori per motivi economici e/o "culturali") - nonostante che oggi il tasso di iscrizione alle superiori sia molto elevato, meno quello dei diplomati - e proprio in una fase storica che, come si è detto, va in tutt’altra direzione, le "parti sociali" hanno escogitato il classico uovo di Colombo, ampliando il concetto di obbligo scolastico facendolo diventare "obbligo di frequenza ad attività formative fino a 18 anni". Quindi,

tale obbligo può essere assolto in modo integrato: - nell’ambito del sistema di istruzione scolastico; - nell’ambito del sistema di formazione regionale, all’interno di strutture accreditate ai sensi dell’articolo 17 della legge 19/97; - nell’ambito dei processi di apprendistato, come disciplinato dall’articolo 16 della legge 196/97. (8)

Ciò vuol dire che i giovani fino a 18 anni invece di essere assunti come operai comuni o comunque con una qualifica superiore (almeno in linea teorica, perché ormai avviene sempre più raramente) d’ora in poi verranno obbligatoriamente impiegati con la qualifica di apprendisti, con tutti i numerosi vantaggi salariali e normativi che questo comporta per il padrone, tra cui la totale copertura statale delle spese per le 120 ore di formazione professionale cui l’apprendista è obbligato sottostare. Enti locali e statali, enti privati religiosi o laici, enti e istituzioni gestiti (e cogestiti) da padroni e sindacati, enti creati per l’occasione in cui confluiscono tutte queste opzioni, già da tempo hanno affilato gli artigli sia per banchettare col denaro pubblico proveniente dalla fiscalità generale (ossia, sostanzialmente, dal lavoro dipendente, l’unico che non può evadere le tasse) con cui in forme dirette o indirette verranno finanziati, sia per preparare forza-lavoro flessibile e precaria, convincendola che piegare la testa davanti a...

quei processi di mobilità professionale (ed eventualmente territoriale) che sono e saranno sempre più frequenti... (9)

sia l’unica via per l’autoaffermazione personale e la promozione sociale.

Abbiamo visto che il sindacato è un attore fondamentale nel processo di modificazione della scuola, ma tutto ciò rimanda semplicemente al ruolo più generale, che la sua natura gli conferisce, di gestore-controllore della forza-lavoro per conto del capitale. Da molto tempo pienamente integrato nei meccanismi della società e dello stato borghesi, i sindacati sono stati e sono fondamentali nel far passare i peggiori attacchi padronali (nel nostro caso, l’amministrazione scolastica) contro tutti i lavoratori. Da anni, non c’è contratto che non abbia significato un sensibile peggioramento per docenti e non docenti: aumenti salariali ridicoli, decisamente al di sotto del buffonesco indice di inflazione programmata, con una conseguente marcata perdita del potere d’acquisto; taglio di migliaia e migliaia di posti di lavoro - ben oltre i centomila - che va di pari passo all’aumento degli straordinari, con tanti saluti alla cosiddetta qualità del servizio, come, con ripugnante ipocrisia, viene definito il lavoro nella scuola da dirigenti e sindacalisti. Per non parlare, poi, della fascistizzazione aperta della gestione del personale con il divieto, in pratica, di scioperare, se non per quegli scioperi burla che danneggiano esclusivamente chi vi partecipa: che senso ha scioperare quando la scadenza di lotta deve essere preannunciata quindici giorni prima, quando non può essere attuata durante scrutini ed esami ossia negli unici momenti in cui potrebbe incidere veramente, quando lo sciopero non può essere a tempo indeterminato e per più di 12 giornate all’anno (8 per materne ed elementari)? È un’ulteriore conferma della nostra tesi secondo la quale la vera lotta di classe per rinascere deve prima di tutto spezzare le catene del sindacato sbarazzarsi di questo organismo che, in quanto strumento di contrattazione della merce forza-lavoro dentro il sistema capitalistico, ne ha logicamente seguito l’evoluzione lungo questo secolo, divenendo parte integrante dell’apparato di dominio e di controllo della borghesia. E a proposito di sindacalismo, apriamo una parentesi ricordando che nemmeno il cosiddetto sindacalismo antagonista, espressione politica dei rottami del fu extraparlamentarismo di matrice sessantottina, è in grado di offrire validi sbocchi alle lotte del lavoro dipendente Essi si sono appropriati degli involucri delle strutture organizzative nate in maniera spontanea dalle lotte del personale scolastico alla fine degli anni ’80, dando vita al cosiddetto sindacalismo di base. A parte la sigla, i Cobas - essendosi trasformati in un sindacato, per quanto in formato ridotto e che per di più si pretende "antagonista" - non hanno niente a che vedere con le lotte d’origine, in quanto si pongono su di un terreno strettamente contrattualistico, quando non apertamente collaborazionistico, accettando da una parte le pesanti limitazioni alla lotta di classe imposte dalla legalità borghese e dall’altra spargendo a piene mani illusioni di stampo nettamente demagogico sulla possibilità di conquistare notevoli miglioramenti salariali e normativi del tutto irraggiungibili con una normale prassi sindacale in un’epoca, qual è quella odierna, di profonda crisi capitalista. In breve, i vari Cobas, CUB ecc., rappresentano la nuova socialdemocrazia radical-riformista ossia l’estremo argine sinistro della controrivoluzione borghese - qualora si risvegliasse la lotta di classe di parte proletaria - la cui nefasta influenza sugli elementi più disponibili al conflitto di classe è da contrastare accanitamente. (10)

Riprendendo il discorso là dove l’avevamo lasciato, sottolineiamo che l’ultimo contratto del settore scuola segna un altro passo in avanti nei meccanismi di controllo e frantumazione della categoria docente con la costituzione delle figure degli insegnanti dei "tre e sei milioni". Con l’abbaglio di una falsa professionalità, facendo leva sui settori più vicini socialmente al proletariato e dunque più ricattabili dei docenti, queste nuove figure ideologiche coopereranno con la presidenza per attuare concretamente l'Autonomia ossia raccordare la scuola-azienda con il famigerato territorio, che significa, ricordiamolo, preparazione della futura forza-lavoro precaria e flessibile per il capitale, a cominciare da quello locale. Per agevolare tutto questo, nella scuola-impresa è stata introdotta una neolingua "pedagogico-didattica" che scimmiotta il linguaggio mercantile con debiti, crediti, offerte formative, ed è comparso il concetto di produttività i cui termini non sono ancora ben chiari nei loro aspetti didattici (se mai gli ideologi della borghesia, privi di senso del ridicolo, riusciranno a definirli) ma di un chiarore accecante per altri: più orario, meno salario, lavorare in meno e sempre peggio, con meno certezze del posto di lavoro, in un clima di miserabile concorrenza tra insegnanti dello stesso istituto e tra più istituti., frenando ulteriormente le già debolissime capacità e volontà di lotta del personale scolastico.

E come in ogni azienda che si rispetti la produttività deve essere misurata e valutata, così il Patto sociale prevede la

definizione di un sistema nazionale di valutazione, autonomo e indipendente rispetto all’amministrazione [il Ministero P.I. - ndr]. (11)

Recependo le direttive del Rapporto della Confindustria sulla scuola, di cui il Patto Sociale è sostanzialmente una fotocopia:

Si propone un’Authority indipendente dal Ministero della Pubblica Istruzione per la valutazione della qualità del servizio scolastico [per] verificare l’efficacia e l’efficienza delle singole scuole, definendo standard nazionali per consentire confronti trasparenti sia tra singole scuole omologhe e ‘confrontabili’ [...] sia per le prestazioni di ogni scuola anno per anno [...] Sulla base delle rilevazioni delle Authority, le famiglie potranno scegliere le scuole dei propri figli [...] e il Ministero della Pubblica Istruzione dovrà fare proprio il principio della ‘zero tolerance’ per insegnanti e scuole che, con il loro operato, danneggiano gli studenti. (12)

Stia attento chi vuole lottare contro la borghesia e la sua scuola: in un futuro (?) molto prossimo sarà esposto al doppio attacco dei "governi" di istituto e di "esimi" colleghi timorosi di soccombere nella giungla spietata della concorrenza scolastica, se il proprio istituto si presenta sul mercato delle iscrizioni col marchio d’infamia dell’Authority.

In questo contesto, il finanziamento diretto alle scuole private, che si mette sotto i piedi la stessa costituzione borghese (ancora una volta è la stessa borghesia a violare per prima le proprie leggi se ciò le torna utile) è quindi solamente un tassello del più generale attacco al proletariato sotto forma di smantellamento del cosiddetto stato sociale. Infatti la scuola privata, specialmente quella materna ed elementare, gode da sempre di massicci "aiuti" finanziari statali, erogati per i canali più diversi, che vanno dal pagamento degli stipendi agli insegnanti di religione, pagati dallo stato ma scelti insidacabilmente dal vescovo, fino agli interventi per il sostegno allo studio varati dalle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, siano esse di destra o di "sinistra". Tale fenomeno, come rileva una fonte non sospetta, si è via via intensificato dato che:

in questi ultimi anni, centinaia di enti locali, anche per far fronte ad una diminuzione dei trasferimenti diretti di risorse da parte dello stato, hanno stipulato convenzioni di tutti i tipi con le scuole private [...] quando non si è arrivati a veri e propri trasferimenti diretti di risorse. (13)

Dunque, mentre in Italia - come in tutto il mondo, "globalizzato" dal capitale - la borghesia taglia le spese destinate all’istruzione pubblica (secondo fonti OCSE, in Italia del 25-30% rispetto al PIL tra il 1990-’95) anche attraverso l’eliminazione di interi istituti - riflettendo in ciò la naturale spinta del capitalismo alla concentrazione, chiamata nel settore scolastico accorpamento - con i risparmi così effettuati cerca di risollevare le scuole private dalla caduta reale del saggio medio... delle iscrizioni. Ironia a parte, è un dato di fatto che, prendendo come riferimento i primi anni ottanta, l’istruzione privata di ogni ordine e grado registri una forte emorragia di studenti, soprattutto nelle materne e nelle superiori.

Ma c’è un altro aspetto da prendere in considerazione ossia il fatto che le scuole private nel sistema di istruzione integrato - anche grazie ai finanziamenti statali sotto forma di sostegno agli studenti bisognosi varati dal governo D’Alema - saranno più attrezzate per sostenere la concorrenza con le scuole pubbliche, accentuando in quest’ultime la tendenza a "importare" metodi di gestione del personale fino a qualche tempo fa tipiche dell’istruzione privata. Non è un caso che il progetto di riforma della gestione degli asili comunali di Reggio Emilia (gli asili più belli del mondo...) ricalcasse pari pari le proposte di riforma scolastica della Confindustria: dalla presenza di un consiglio di amministrazione cui spetta ogni decisione sugli aspetti economici della gestione (rette, orari di lavoro, stipendio del direttore, ecc.) fino alla estrema varietà di tipologie contrattuali per il personale, ma in prevalenza precarie e flessibili (tempo determinato, distacchi da altri enti, convenzioni con esterni, obiettori, ecc.).

Così come l’operaio cinese (o statunitense...) mostra all’operaio europeo quale sarà - se non lo è già - il suo destino, allo stesso modo, l’insegnante brutalmente sfruttato e angariato della scuola privata indica al suo collega statale la linea tendenziale di sviluppo della scuola chiamata pubblica.

Celso Beltrami

(1) M. Chossudovsky, La globalizzazione della povertà, Torino, Ed. Gruppo Abele, 1998, pag. 191.

(2) Cit. in C. Volpi, Istruzione e/o formazione: il futuro della scuola, Nuova Paideia, n.5, settembre-ottobre 1998, pagg. 25-26.

(3) A. Oliva (responsabile della Commissione scuola della Confindustria), Verso la scuola del 2000, ITER, n.3, settembre-ottobre 1998, pag. 26.

(4) Ibidem.

(5) L. Pavan-Woolfe, Formazione e occupazione in Europa, ITER, cit., pag. 23.

(6) Per "stage" si intende quel periodo di quaranta giorni che lo studente trascorre nell’azienda per "conoscere" da vicino il famigerato mondo del lavoro. Oggi, quella degli stages è una realtà diversificata, perché se è vero che in certi casi lo studente si può trovare semplicemente parcheggiato in un ufficio pubblico, è altrettanto vero che in moltissimi altri casi lo stage è nient’altro che super sfruttamento riconosciuto e benedetto dalle istituzioni, visto che i ragazzi fanno un lavoro vero pagati, se vengono pagati, con ottocento mila lire circa.

(7) Patto Sociale per lo Sviluppo e l’Occupazione, Le politiche per lo sviluppo e l’occupazione, art. 23. Il Sole 24 Ore - Documenti, 23-12-1998. Le sottolineature sono nostre, ndr.

(8) Patto Sociale..., allegato 3, Gli interventi nel campo del sistema integrato di istruzione, formazione e ricerca, art. 1.

(9) Patto Sociale, Le politiche..., art. 18.

(10) VI Congresso del Partito comunista internazionalista, Tesi sul sindacato, Prometeo, V^ serie, n. 13, 1997; Il sindacato nel terzo ciclo di accumulazione del capitale, Ed. Prometeo, 1986. Per quanto riguarda i sindacatini "autorganizzati" vedi il nostro opuscolo Intervista sui Cobas, gennaio 1988 e C’erano una volta i Cobas - Bollettino a cura di chi vorrebbe che i Cobas fossero ancora quelli di una volta, maggio 1988.

(11) Patto Sociale, allegato 3, art. 2.

(12) A Oliva, cit., pag. 28.

(13) E Panini (segretario generale della CGIL-Scuola) Le nostre priorità, le nostre coerenze, Valore Scuola, nn. 71-72, maggio 1998, pag. 3.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.