Le ragioni capitalistiche dell'Euro

Ancora una volta le determinazioni economiche spingono le "volontà" dei politici e dei banchieri

Il capitale, industriale e finanziario, reclama la massima libertà di movimento. Ricerca e stabilisce le modalità necessarie per aumentare il plusvalore, ottenuto sfruttando la forza lavoro nei processi produttivi, e per dirottarlo in buona parte verso la remunerazione parassitaria del capitale monetario. Impone a tutti le condizioni per realizzare i suoi procedimenti di apparente autovalorizzazione. Cerca di eliminare le barriere fisiche, tecniche e fiscali che ostacolano i capitali nazionali entro le aree continentali.

Il settore finanziario negli ultimi decenni registra il maggior movimento: crescono i valori delle transazioni in titoli obbligazionali e azionari, e le contrattazioni in strumenti derivati finanziari (futures, swaps, opzioni). La natura speculativa di questa circolazione è più che evidente, specialmente da quando gli spostamenti di capitali finanziari non sono più vincolati alla espansione della produzione di merci, in costante crisi.

Il mercato finanziario creato con l'introduzione della moneta unica europea, è di dimensioni gigantesche. Anche se limitato a 11 Paesi (esclusi Gran Bretagna, Svezia, Danimarca e Grecia) il valore in obbligazioni, azioni e titoli bancari è quasi alla pari con quello del mercato Usa. Costituendo un proprio grande centro di potere finanziario, l'euro si contrappone al dollaro, tentando di incrementare a proprio favore la rendita finanziaria e le attività parassitarie predominanti nella attuale fase capitalistica. Una fase caratterizzata dalla difficile crescita del plusvalore ottenuto nei processi produttivi, se non attraverso un massiccio attacco alle condizioni di vita del proletariato. L'offensiva borghese, indebolendo il potere d'acquisto delle masse proletarie, finisce però con ostacolare l'indispensabile "sviluppo" produttivo.

Il quadro macroeconomico della Europa Unita si disegna attorno a una prima ipotesi di stabilità (crescita industriale e occupazionale, benessere del cittadino-consumatore, ecc.) conseguibile con un radicale risanamento delle pubbliche finanze di ciascun Stato. L'integrazione in un unico mercato di capitali, merci e forza-lavoro, è quindi indispensabile per una economia dalle dimensioni continentali. Occorre una forte centralizzazione, eliminando distorsioni nazionalistiche e autonomie statali, uniformando interventi fiscali e legislativi. Con ciò lo Stato non scompare affatto, bensì - come dicono anche gli "esperti" borghesi - "riappare sotto la veste di nuove istituzioni", e di organismi sovranazionali.

La Banca centrale dovrebbe guidare la politica monetaria, garantire la stabilità dei prezzi, fronteggiare il pericolo di movimenti speculativi (già in corso) sulla nuova valuta. Questo in teoria; in pratica (vedi le "insofferenze" di Germania e Francia) le Banche nazionali non rinunceranno facilmente ai loro poteri e privilegi.

La seconda ipotesi, con la strutturazione di una moneta unica, è quella di stimolare maggiormente l'attività finanziaria creditizia: eliminazione dei rischi dei cambi, parificazione delle differenze fra crediti e investimenti nei vari Paesi, generale diffusione della forma azionaria del capitale industriale, riduzione dei disavanzi statali e dei salari "sociali" (previdenza, sanità, assistenza). Tutte misure rivolte non solo ad aumentare le spinte verso investimenti in titoli, azioni, obbligazioni private e fondi di raccolta capitali (pensioni e assicurazioni), ma a contrastare la caduta tendenziale del saggio medio di profitto.

Ma la desiderata ripresa espansiva del ciclo di accumulazione del capitale si riduce non in un incremento della produzione di merci (o meglio, di quei beni di consumo di cui centinaia di milioni di esseri umani hanno urgente bisogno), bensì e solo in quella di valori fittizi: produzione di denaro per mezzo di denaro, cioè la follia totale del capitale.

La forma speculativa di capitale produttore di interesse è la conseguenza della sovraccumulazione di capitale industriale, che è la forma fondamentale del modo di produzione capitalistico. Si è accumulato più capitale di quello che può essere investito, con profitto, nella produzione, dando così sviluppo e forza al capitale monetario. Questa forma di capitale, e il suo incremento come rendita finanziaria, si basa sulla appropriazione di quote crescenti di plusvalore, rastrellate in ogni parte del mondo, sulle spalle del proletariato. La concorrenza internazionale si inferocisce, alimentando quelle tensioni intercontinentali, cioè inter-imperialistiche, che sono destinate ad esplodere violentemente nel disperato tentativo di difendere o strappare quante più fette possibili di mercato globale.

Viste le cause, gli effetti non tarderanno a verificarsi.

dc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.