Proletario (Giacomo, 2000)

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Sono un proletario, ho solo la prole
e in più questo mio figlio crescerà male
in mezzo alle menzogne, alle belle parole
di chi lo comanda, di chi lo sa usare

Forse con me c’è soltanto il sole
l’unico che mi vuole davvero bene
in questo mondo selvaggio e feroce
dove conta il mio applauso, e l'oppresso che tace

Abito lontano dalla zona centrale
di una città che servo mi vuole
dove ogni giorno subisco la costrizione
di dover lavorare sotto altre persone

Gli occhi della gente che mi vive accanto
sono bassi e indifferente è il loro sguardo stanco
qui soli si nasce, si vive e si muore
e con la sbornia e la tv smaltisci il dolore

Da casa mia si vede l’autostrada
ti porta via, sembra una grigia spada
puoi fuggire da questo buio ora
puoi anche morire, allora meglio ancora

Ma io non ci sto, no, non voglio morire
anzi, voglio vivere e anche vivere bene
allora non spaventarti se ti prendo la mano
e ti invito a guardare molto più lontano
non fermarmi se sto per andare
ad accendere un fuoco per poterlo lanciare
contro queste mura di cemento e ghiaccio
a viver come un servo non ce la faccio più
e non lo permetto più

Sono un proletario, ho solo la prole
ma questo mio figlio crescerà bene
perché gli insegnerò che bisogna lottare
per un’idea che non può tramontare
perché gli insegnerò che bisogna lottare
per un’idea che non può tramontare mai