Written by Jock Dominie. £12, 276pp.
The Russian Revolution remains a landmark event in history. For the bourgeois historians, the October Revolution is thought to be a tragedy that set back the achievements of the “democratic” February Revolution, and allowed the Bolsheviks to wreak havoc on their citizens and the world. For the Stalinists, the events of 1917 paved the way for the birth of the USSR, which they point to as a prototypical example of “socialism in one country”. In reality, the February and October Revolutions were both part of the same proletarian revolution.
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Bene. Mi prendo un pochino di
Bene. Mi prendo un pochino di tempo per studiare le "tesi del 1997" prima d'intervenire. Si potrebbe partire da quelle per avviare una discussione, che dev'essere necessariamente al centro del dibattito tra comunisti perchè è uno dei problemi fondamentali in un'epoca (l'oggi) dominata dall'oggettivo tracollo della resistenza materiale - oltre che teorica - del fronte proletario. Si ripropone - oserei dire ostinatamente - la parola d'ordine leniniana del "che fare" (nello specifico: che fare - da comunisti - di fronte ad organizzazioni che catalizzano ancora le lotte operaie per incanalarle, però, consapevolmente entro i limiti della legalità - intesa come compatibilità col sistema - borghese). Scartato l'entrismo "cretino" praticato da sedicenti compagni (riproposizione grottesca dell'entrismo picista), in quanto tattica che può funzionare entro limiti ristrettissimi e necessariamente per un breve periodo transitorio (periodo pre-rivoluzionario in cui un compatto partito comunista riesce a egemonizzare il fronte dei lavoratori per raccogliere attorno al programma di classe elementi non-proletari ormai disillusi dal sistema di dominio capitalistico), e in quanto tattica a doppio-taglio perchè - qualora le condizioni per la rivoluzione non dovessero maturare - il partito dovrebbe subito svincolarsi da pericolose alleanze che potrebbero venire additate come collusorie; rimane solo il vero nodo classista della direzione coscientemente comunista di spinte spontanee "solamente" e genericamente di cambiamento. Ciò non ha minimamente a che vedere con fumose strategie di spostamenti d'asse di organizzazioni - anche formalmente - in combutta con l'apparato repressivo borghese. Come domanda introduttiva potrei porre questa per concludere: la direzione di un movimento operaio mosso - per ora - da istanze genericamente antagoniste (passatemi questa brutta parola) richiede meccanismi interni (perciò esterni al partito) di direzione delle lotte sul modello di un coordinamento dei consigli? Penso proprio di sì. E' perciò corretto rifiutare tout court l'aggregazione operaia attorno a rivendicazioni prettamente economiche (e su queste nel prossimo intervento vorrei tornare nello specifico) in grado - nella loro chiarezza - di cementare la coscienza di classe? Rifiutare la logica sindacale (posizione corretta) è - o deve essere - rifiutare la lotta economica come terreno di coltura per nuovi "quadri" (anche sulle caratteristiche di questi quadri vorrei tornare prossimamente, così come sulla struttura organizzativa nella lotta in fabbrica) operai?
Saluti leninisti
Avviare la discussione a
Avviare la discussione a partire dalle tesi del 1997 è senz'altro la cosa più appropriata.
Aggiungo brevemente che non solo non rifiutiamo la lotta economica, ma la riteniamo assolutamente necessaria per i lavoratori - noi lavoratori - sia per la difesa delle nostre condizioni materiali di vita, che come passaggio obbligato per potersi riconoscere come una sola classe, sfruttata e rivoluzionaria. Un lavoratore comunista non cessa d'essere proletario e sfruttato, quindi è fuori questione il rifiuto dalle lotte economiche - sarebbe una aberrazione...
Noi partecipiamo agli scioperi (sia quando indetti dai sindacati confederali, che da quelli "di base" - entrambi colpevoli di indirizzare le lotte su obiettivi parziali e fuorvianti, e per di più dividere il potenziale della classe in più rivoli indicendo scioperi in date separate per meri interessi di "parrocchia") e quando riusciamo li stimoliamo, facendo saltare in questi casi tutta la architettura di controllo di sindacati e sindacatini - sia pur solo per qualche frangente.
Naturalmente, il compito dei comunisti implica di non snobbare il piano economico, senza tuttavia esaurirsi in esso. I comunisti devono tendere invece continuamente a superarlo, per mettere in discussione i fondamenti stessi del capitalismo.
Permettetemi di segnalare un altro articolo, dal titolo eloquente: "È finito il sindacato, ma non la lotta economica" ibrp.org
Cosa ne pensate dei sindacati CNT
Cosa ne pensate dei sindacati CNT
Cosa pensate dei sindacati a forte matrice popolare tipo la Cnt spagnola?
Ciao Aldous, cosa intendi per
Ciao Aldous, cosa intendi per "forte matrice popolare"? Ti riferisci alla sua composizione sociale o alle sue posizioni?
Alla composizione sociale
Alla composizione sociale
Idem
Sono due parametri molto
Sono due parametri molto diversi. Esempio: la CGIL ha senz'altro una vastissima base proletaria, ma le posizioni che esprime non sono mai DI CLASSE, cioè non difendono mai gli interessi della classe nel suo complesso contro i continui (e crescenti) attacchi del padronato.
La CNT spagnola, di matrice anarchica, è stato senz'altro un sindacato molto combattivo e con un largo seguito fra i proletari, soprattutto nella prima metà del secolo scorso. Oggi non saprei.
Una critica forte che noi avanziamo nei confronti della CNT è la sua partecipazione al governo borghese anti-franchista durante la Guerra di Spagna ('36-'38) abbandonando il terreno della lotta di classe e alleandosi con gli stalinisti. Ne pagarono le conseguenze in prima persona, visto che poi gli stalinisti scatenarono la repressione contro di loro e contro tutti gli avversari politici (in primis, anarchici e POUM).
In proposito, ti consiglio il film "Terra e libertà" di Ken Loach.
Grazie per il consiglio !
Grazie per il consiglio !