In URSS e in tutti gli altri paesi del “socialismo reale”, in realtà non c’era un modo di produzione diverso dal capitalismo. La proprietà privata era formalmente assente, ma di fatto i lavoratori non avevano alcuna voce in capitolo rispetto alla gestione dei mezzi di produzione, di distribuzione, e dell’intera società. D’altro lato, l’elite burocratica svolgeva il ruolo di una vera e propria borghesia di stato, controllando la produzione e vivendo parassitariamente, tra lussi e privilegi, sullo sfruttamento del proletariato. Il comunismo prevede invece che la produzione non sia organizzata per il profitto di una esigua minoranza, ma per il soddisfacimento dei bisogni di tutta l’umanità. La società comunista è una libera associazione di produttori che godono dei frutti del loro lavoro e li ripartiscono anche a chi per vari motivi - bambini, anziani, invalidi - non può partecipare alla produzione della ricchezza comune: da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni.
La rivoluzione proletaria russa, primo e unico episodio in cui il proletariato ha conquistato il potere, pur creando tutte le condizioni politiche alla costruzione della società socialista non ha avuto la possibilità di trascrescere sul più elevato piano delle realizzazioni economiche e sociali, perché penalizzata dalla sua arretratezza economica e dell’isolamento da altre esperienze rivoluzionarie nell’area del capitalismo avanzato. Ma le conquiste dell’Ottobre bolscevico sino a quel punto ottenute rappresentavano solo le condizioni necessarie per il successivo sviluppo socialista e per nulla sufficienti. La socializzazione non è soltanto esproprio; è proprietà collettiva, quindi non proprietà, il che significa semplicemente gestire comunitariamente i beni e le risorse, senza che nessuno individualmente - e nemmeno lo stato - possa rivendicarne il possesso. Perché la potenzialità delle premesse potesse svolgersi in attualità occorreva che la rivoluzione internazionale giungesse in aiuto della “povera” ed arretrata Russia, altrimenti addio socialismo, ma addio anche a tutte quelle premesse così faticosamente raggiunte col primo episodio rivoluzionario vittorioso.
Solo il falso storico stalinista della possibilità del socialismo in un solo paese, corredato dalla eliminazione fisica della vecchia guardia bolscevica, come di qualsiasi forma di opposizione internazionalista, poteva stravolgere la precarietà di una delicatissima fase di attesa e di rinculo programmatico, in decollo trionfalistico verso la edificazione socialista. La mistificazione fu tanto più subdola e nefasta quanto maggiori erano le masse proletarie internazionali che, sull’onda emotiva del ricordo rivoluzionario dell’ottobre bolscevico, erano facile preda del mito Russia. Lo stalinismo, non solo non diede vita a nessuna realizzazione socialista, ma fu la tragica, vessatoria e poliziesca forma che assunse la controrivoluzione in Russia.