Capitalismo "ecologico"
Salve a tutti, mi presento brevemente prima di passare all'argomento.
Ho 49 anni, in gioventù ho militato in un gruppo m-l, poi dopo il riflusso degli anni '80 ho fondato il Partito Comunista Personale.
Lo so che è una contraddizione in termini, eppure è così, mi ritengo comunista ma non voglio fare parte di un partito.
Ultimamente ho condotto una personalissima inchiesta sulle lampade a basso consumo, quelle "ecologiche" se così si può dire.
Sono giunto a conclusioni che sorprenderanno molti, una di queste è:
non è vero che l'uso di queste lampade riduce l'emissione di CO2, ma riescono solo a fare risparmiare acqua, questo almeno in Italia ma non solo, inoltre c'è il problema del mercurio da smaltire.
Le prime due parti della mia inchiesta, per vie traverse, sono riuscito a farle arrivare a Milena Gabanelli, la conduttrice di Report su Rai3.
Non credo che farà mai una trasmissione di Report su questo argomento, però ha pubblicato un breve articolo su Io Donna, l'inserto del Corriere della sera, in cui prende per buone tutte le mie conclusioni.
L'articolo della Gabanelli e le tre parti dell'inchiesta finora pubblicate sono raggiungibili all'url:
Durante questa inchiesta ho cominciato a prendere in considerazione l'ipotesi di un capitalismo "ecologico" dominante sul capitalismo tradizionale potesse essere per la borghesia, o meglio per una parte di essa, una via d'uscita da questa crisi.
Poi qualche giorno fa, ho trovato un'articolo di Jeremy Rifkin dal titolo L'ecologia ci salverà, pubblicato sull'espresso il 27 novembre 2008.
L'intero articolo si può leggere all'indirizzo:
Molto interessante la conclusione che riporto per esteso:
Il passaggio alle infrastrutture indispensabili per la terza rivoluzione industriale richiederà un ingente sforzo e finanziamenti pubblici e privati. Dovremo trasformare completamente l'industria automobilistica, dotandola di nuove apparecchiature, riconfigurare le reti elettriche, convertire milioni di edifici commerciali e residenziali in autentici impianti energetici. La sola creazione di una nuova infrastruttura comporterà l'investimento di centinaia di miliardi di dollari. C'è chi sostiene che non possiamo permettercelo: in tal caso, però, gli scettici dovrebbero spiegarci come si prefiggono di riportare in crescita un'economia globale oberata dai debiti, che oltretutto dipende in tutto e per tutto da un regime energetico che sta per collassare.
Cerchiamo di essere chiari: i trilioni di dollari con i quali ci si ripromette di riportare in vita l'economia globale non sono niente più che un semplice 'espediente di sopravvivenza'. Se invece intendiamo dare nuova vita all'economia globale, risolvendo al contempo la triplice minaccia costituita dalla crisi finanziaria globale, dalla crisi energetica globale e dalla crisi del cambiamento del clima globale ciò che dobbiamo fare è creare le premesse per una nuova era energetica e un nuovo modello industriale.
Le infrastrutture necessarie alla terza rivoluzione industriale creeranno milioni di posti di lavoro 'verdi', daranno vita a una nuova rivoluzione tecnologica, aumenteranno considerevolmente la produttività, introdurranno nuovi 'modelli di business open source' e creeranno molteplici opportunità economiche nuove.
Se i governi non interverranno immediatamente e con determinazione per far procedere celermente la realizzazione di una nuova infrastruttura per una terza rivoluzione industriale, l'esborso di fondi pubblici per sostenere un'infrastruttura economica vecchia e un modello industriale obsoleto decurterà ancor più le risorse finanziarie rimaste, lasciandoci privi delle riserve necessarie a effettuare i cambiamenti fondamentali.
27 novembre 2008
Contro quale tipo di capitalismo dovremo lottare?
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Te la dico in breve, noi
Te la dico in breve, noi dobbiamo lottare CONTRO IL CAPITALISMO IN TUTTE LE SUE FORME, perchè è proprio il rapporto (capitalistico anche per definizione) che il capitalismo fa intercorrere tra capitale e forza lavoro, a rendere possibile oltre ai profitti dei capitalisti, le modalità di sfruttamento del proletariato di oggi e di domani, l'unica modalità alla quale il capitalismo internazionale non può rinunciare. Noi siamo contro questo rapporto di sfuttamento e ogni nostra analisi parte da una prerogativa fondamentale, cioè l'ANTICAPITALISMO.
Non sono stato chiaro
Non sono stato chiaro
Dalla risposta, o meglio dal suo tono, deduco che c'è stato un grosso problema di comunicazione...
Il problema è principalmente dovuto a un mio errore, ho scritto il post iniziale cercando essere il più sintetico possibile, evidentemente lo sono stato troppo, ed è quindi sembrato che le idee di Rifkin siano, in tutto o in parte, anche le mie.
Niente di più errato, al contrario ritengo che queste "idee" portino a un dominio di classe addirittura più efficente e pericoloso del "liberismo selvaggio"!
Ho dato per scontato e sottinteso che, chiunque scriva in questo forum non possa essere altro che anticapitalista, magari esprimendo analisi politiche più o meno profonde e diverse, ma sempre e comunque all'interno di un contesto rivoluzionario e quindi obbligatoriamente anticapitalista, non pensavo proprio di essere frainteso.
Detto ciò, torniamo a noi.
Quali sono i pricipali motivi che mi portano a pensare che il "capitalismo ecologico" sia più pericoloso del vecchio?
Riesce ad abbacinare anche gli elementi più avanzati del proletariato proponendo l'inizio di una nuova era, un'era tecnologica dove lo sviluppo è in armonia con l'ambiente. Come si può non preferire al liberismo selvaggio un capitalismo "etico ed ecologico"?
Il fatto che si sia pensato, anche dopo la premessa iniziale, che volessi propagandare le idee di Rifkin ne è una piccola ma significativa riprova, significa che il Rifkin-pensiero ha oggettivamente un considerevole fascino e chiunque ne può essere vittima.
Per portare a compimento un simile progetto di portata planetaria è indispensabile una prolungata azione di concerto dei paesi industrializzati, in ognuno di questi paesi sarà quindi necessario un governo forte, stabile, e in linea con il progetto, ovvero un regime eco-fascista, magari non necessariamente a partito unico, sicuramente a pensiero unico del tipo:
In qualche modo, la mia inchiesta sulle lampade a basso consumo, e sulla messa al bando delle lampade ad incandescenza, può rappresentare un paradigma, svela in quale modo, con quali tecniche e con quali menzogne, diventi possibile fare passare un prodotto assolutamente antiecologico sotto tutti i punti di vista, come oggetto simbolo di campagne per salvare il pianeta.
Cambia una lampadina e cambi il mondo è lo slogan di Greenpeace...
Scusa DR non volevo sembrare
Scusa DR non volevo sembrare inopportuno, andavo solo un pò di fretta...
Purtroppo hai gonfiato un pò troppo il contenuto del commento =)
Penso che quello che volevi dire è che -con quella che Rifkin definisce la terza rivoluzione industriale "ecologica", quella che potrebbe essere il futuro inizio di un nuovo ciclo di accumulazione capitalistico-(*) il dominio di una parte della borghesia, cioè quella più resistente, si rafforzerebbe a tal punto da portarci a una dittatura "Eco"capitalista dove ti impongono, tra l'altro con un discreto consenso sociale, una fittizia coscienza ecologica che in verità nasconde i profitti del padronato che indiscriminatamente continua a distruggere il pianeta.
Per quel che riguarda la preferibilità dell' ecoprofit al profit, se il grado di sfruttamento avanza di questo passo per il proletariato sarà come scegliere tra sifilide e aids...
(*)potrebbe perchè è possibile che la borghesia riesca a fare profitti talmente grandi da uscire dalla crisi ed allontanare la fine del ciclo di accumulazione, oppure, ma sempre un'ipotesi valida, che con una guerra distruggano il vecchio capitale, dandone alla vita uno nuovo. Un pò in bilico tra guerra e pace borghese, che nella prima ammazza il proletariato e nella seconda lo sfrutta, questa crisi ce ne farà passare delle belle.
Allora mi spiego meglio
Allora mi spiego meglio
Rifkin ha partecipato nel settembre di quest'anno alla "summer school", ovvero la scuola di partito del PD.
Ergo se il Rifkin-pensiero non è la linea del del PD poco ci manca.
Veltroni: "Serve rivoluzione verde"
"Avviare una rivoluzione verde per uscire dalla crisi con una lotta sistematica ai mutamenti climatici. Rottamazione del petrolio e investimenti sulle fonti rinnovabili: questa è la strada da seguire" continua Veltroni. (dal resoconto dell'ultima riunione di direzione del PD)
Il PD per il momento è all'opposizione, negli USA però, mister Obama, (cultore di Rifkin) prenderà presto il posto di Bush, trascinando con ogni probabilità anche altri paesi industrializzati nella cosidetta "Rivoluzione Verde (vomito)".
Quello che mi preoccupa non è tanto lo scarsissimo numero di comunisti e anticapitalisti etc, ma l'impreparazione pressochè totale sui temi in questione, preparazione che reputo indispensabile per cercare di contrastare nel modo più efficace possibile il "nuovo" capitalismo vestito di verde.
In subordine: se anche avessimo fatto la rivoluzione proletaria mondiale proprio ieri, come ci comporteremo, d'ora in poi di fronte all'oggettivo disastro ecologico?
Dato per scontato che si produrrà per l'uso e non per il profitto, con quali modalità tecniche e con quale "filosofia" produrremo i beni necessari a soddisfare i bisogni della società?
La domanda con cui chiudevo il primo post avrebbe dovuto essere: Come dobbiamo attrezzarci per lottare efficacemente contro questo tipo di capitalismo?
Obama is coming
Obama is coming
Lo stato dell'economia richiede un'azione, forte e rapida, e noi agiremo - non solo per creare nuovi posti di lavoro, ma per gettare le nuova fondamenta della crescita.
Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano i nostri commerci e ci legano gli uni agli altri. Restituiremo alla scienza il suo giusto posto e maneggeremo le meraviglie della tecnologia in modo da risollevare la qualità dell'assistenza sanitaria e abbassarne i costi.
Imbriglieremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche.
Dal discorso inaugurale...
Direi che ci siamo, sono convinto che alle dichiarazioni seguiranno i fatti...
Ritorno sull’argomento, ormai
Ritorno sull'argomento, ormai è una monomania...
Nei giorni 8, 9, 10 giugno si è svolta ad Essen una conferenza sui cambiamenti climatici intitolata: Climate changes cultural changes.
Riguardo al pericolo che ventilavo, cioè la necessità di governi autoritari per affrontare le "grandi scelte necessarie", dalla conferenza di Essen arrivano conferme.
Riporto uno stralcio della relazione:
La democrazia, i cambiamenti climatici e governance globale
Multilateralismo debole: I governi che devono rendere conto ad un pubblico democratico spesso cercano di evitare decisioni multilaterali vincolanti se queste rischiano di indebolire il loro rapporto con l'elettorato. C'è però una importante eccezione a questo gioco; accade quanto un governo democratico forte può controllare il gioco multilaterale.
Dunque l'argomentazione possibile è che le democrazie sono incapaci di formulare strategie per superare azioni collettive globali e rischi globali seri, data la loro tendenza a focalizzarsi su periodi brevi, su temi immediati che concernano il loro elettorato e sulla preoccupazione dei politici e del loro essere rieletti.
Dunque, l'implicazione è che non siano in grado di raggiungere la sfida posta dal cambio climatico e di conseguenza un approccio più autoritario è necessario.
Traduzione estratta da:
c’ è una parte di vero, nel
c' è una parte di vero, nel senso chei governi nazionali tendono a fare l' interessi locali contro quelli generali,ovviamente la risposta giusta è l' internazionalismo non l' autoritarismo