Diritto di sciopero: chiagni e fotti

Il super ministro dei trasporti, lui sì, il vero re, oh pardon, Imperatore, il Capo dei capi, l'Immenso Salvini Matteo; l'uomo che arriva dai profondi abissi marini è nemico giurato del capitano Nemo, capo di una ONG che veleggia sul Meditarraneo, e, anziché cazzeggiare al Papeete beach si è messo in testa di salvare degli africani, che, a loro volta, cazzeggiano nel Mediterraneo in gite premio. Il leghista, il “vero” Capitano, che, stufo di stare 20.000 leghe sotto i mari, è venuto a galla col suo Nautilus mettendosi a capo delle leghe, della lega per la precisione, con il dichiarato intento di sistemare le italiche tribù.

Adesso, per esempio, essendo il minestrello dei trasporti, gioca coi suoi trenini, anche se i migranti che solcano il suo Mediterraneum o come direbbe lui, “mare meum”; sono sempre nei suoi sogni, anche se gli tolgono il sonno. Ma non il buon umore, perché se ne crepano a decine non è che la decenza, per finta almeno, gli impedisce di festeggiare il suo compleanno a colpi di karaoke e di postare il tutto coi cadaveri ancora caldi.

Ma ritorniamo ai trasporti e al suo divertimento preferito: la precettazione. Appena sente qualcuno che vuol bloccare i suoi trenini, i suoi bus ecc. si incazza come una bestia, la sua tracotanza non ha pari. È già intervenuto due volte. La prima dimezzando lo sciopero dei treni del 13 luglio di 24 ore; la seconda a settembre, dimezzando anche in questo caso, lo sciopero del trasporto pubblico locale del 29 settembre.

Ma bisogna dire che il cazzaro verde, e con ciò lo cancelliamo dai nostri radar, non ha certo l'esclusiva della precettazione, è già successo in passato anche con ministri, diciamo così, meno “ostili” ai lavoratori. Ed inoltre ha anche gioco facile perché la possibilità di precettare non è una sua invenzione, ma gliela hanno servita su un piatto che più che d'argento era d'oro, sindacati e sinistrume in genere. Erano gli anni di sindacalisti del calibro di B. Trentin, F. Marini e G. Benvenuto, con dietro ancora la pesante ombra di Lama, Carniti e del PCI, seppure avesse già intrapreso la strada verso il suo “cambiamento” (?) di nome (PDS). Sindacalisti patrioti (tanto quanto, ma forse di più, dell'accozzaglia governativa odierna), e ultra (ma ultrà è meglio), responsabili. Come è facile constatare: “nulla di nuovo sotto il sole”. Cambiano uomini, nomi, organizzazioni, passano gli anni ma come diceva Tomasi di Lampedusa: “Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente”. Anche se qualcosa è cambiato, in peggio. L'importante è che non vengano messi in discussione gli interessi della borghesia.

La legge che imponeva (e impone) tutta una serie di paletti per tarpare le ali alle lotte dei lavoratori, come se già non le avessero tarpate a sufficienza, è la n.146 del 12 giugno 1990, modificata e innovata -va da sé in peggio- dalla L.n.83 del 11 aprile 2000. Sono passati più di 33 anni da allora e ogni volta che qualche ministro precetta, tutti i sindacalisti scoppiano a chiagnere: “diritto di sciopero è a rischio?” (Cgil); “giorno nero del diritto di sciopero” (Usb) che, per inciso, anch'essa piange contro il provvedimento che lede il “diritto costituzionale”.(ved. Volantino del 28/09/2023 sul loro sito); attacco al diritto di sciopero, ergo attacco alla Costituzione. Sempre il solito Moloch assetato di vite umane, ma soprattutto di soldi, ovvero di profitti. E andiamolo a vedere il famigerato art. 40 della costituzione, il padre, la madre, il fratello e la sorella del sacrosanto diritto di sciopero: “Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.” Tutto questo manicomio per una riga che non dice da nessuna parte che ognuno (ovvio che per ognuno intendiamo la classe sfruttata) può fare sciopero come cavolo vuole per difendere i propri interessi. Dice che il diritto di sciopero “si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano”. Appunto, quelle che permettono di precettare. Leggi che non è che sono piovute dal nulla, o che una mattina di un freddo inverno Mosè, scendendo dal Monte Sinai (o Monte Bianco o Rosa, fate voi, per noi italici), le ha portate ai ferrovieri, “pullmisti” ecc. e gli ha detto qua ci sono le leggi (comandamenti) che limitano il diritto di sciopero.

La legge sulla forte limitazione del diritto di sciopero ha le stimmate non dell'arco istituzionale ma del cerchio (360°) istituzionale; all'interno del quale c'erano tutti, ma proprio tutti. Quelli che non c'erano e che si proclamano estranei, ovvero i sindacati di base, avrebbero voluto esserci, coinvolti come sono, fino alle midolla nella contrattazione (mercificazione) della vendita non del lavoro (categoria non riconducibile ai rapporti di produzione capitalistici), ma della forza lavoro, in quanto solo essa è l'unica che produce pluslavoro/plusvalore e quindi profitto. Più avanti chiariremo meglio il ruolo dei sindacati di base, niente affatto differente, nella sostanza, da quello dei sindacati maggiori.

Nel fare un po' di storia, prendiamo tra la “triplice” sindacale la Cgil in quanto considerato quello più a “sinistra”, si fa per dire ovviamente. Ebbene in un resoconto della sua storia riguardante il periodo che va dal 1986 al 1991, sotto il nome di “autoriforma”, in conclusione dice: «L’approvazione, nel giugno 1990, della legge n. 146 che disciplinava il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e la firma dell’accordo interconfederale per l’istituzione di organismi unitari di rappresentanza nei luoghi di lavoro (marzo 1991) furono tra gli _esempi più significativi della nuova convergenza programmatica tra i sindacati confederali».(1)_

Come si può ben vedere, chi oggi fa finta di piangere, in realtà nei suoi documenti, per gli addetti ai lavori, riteneva e ritiene l'approvazione per l'azzoppamento degli scioperi “tra gli esempi più significativi” nel cammino delle organizzazioni sindacali. Per queste ogni passo che limita e convoglia la lotta dei proletari (P.s. 1), nell'ambito del sacro rispetto delle istituzioni borghesi è un passo avanti verso la sua irreggimentazione, soprattutto nei momenti di crisi economica più acuta del capitale.

Va inoltre segnalato come anche i ccnl delle varie categorie contengano, sulla scia delle leggi sul diritto di sciopero, e anche come conseguenze del T.U. Del 10 gennaio 2014, ostacoli di ogni genere prima di poter indire gli scioperi.

Apriamo solo una breve parentesi per rimarcare lo scivolamento sempre più in basso della Cgil. Per dimostrare il suo attaccamento alle sacre istituzioni borghesi, ha invitato all'ultimo congresso, uno dei più acerrimi nemici della classe operaia: la puffetta vampiresca. I più radicali si sono fatti sentire intonando, per farla tremare, l'”inno della rivoluzione”: Bella ciao! La canzone patriottarda per eccellenza. La più antiproletaria. L'unico “bel fiore”, l'unica morte “per la libertà”...borghese cantavano. Noi alle libertà borghesi opponiamo la dittatura del proletariato; al fiore, il comunismo.

Senza entrare nei tecnicismi delle leggi suddette se non per l'essenziale ovvero: «il preavviso - non deve essere inferiore a dieci giorni -...inoltre bisogna comunicare_... per iscritto_ la durata, delle modalità di attuazione e delle motivazioni dell’astensione collettiva.». Ma aspetto fondamentale è che questo preavviso deve essere preceduto da una procedura di conciliazione e del cosiddetto “raffreddamento” che può durare anche 90 giorni! Inoltre, ci sono diversi periodi dell'anno in cui non si può scioperare: tutto agosto, tutte le vacanze di natale e il periodo di Pasqua. Questo per non danneggiare, diciamo così, “l'utenza”. I sindacati, però, nella loro immensa responsabilità fanno molto meglio, perché ancor prima dell'espletamento delle procedure avvisano tre mesi in anticipo. Ma questo non basta al “superfancazzista”di ministro, tant'è che ha precettato addirittura due volte nell'arco di tre mesi, suscitando con ciò l'ira funesta del pelide Landini e delle organizzazioni sindacali. “Una scelta inutile e sbagliata che vuole rimettere in discussione il diritto allo sciopero e contro la quale abbiamo già presentato ricorso. Una scelta grave” (2). Questa dichiarazione del combattivo guerriero Landini/Achille, è del 13 luglio 2023; la risposta del Tar (Tribunale amministrativo) del Lazio il 14 luglio, è stata la bocciatura del ricorso presentato dalla Cgil, contro la decisione del ministro.

Trasformare la lotta di classe, anche in un affare sistematico di ricorso alla magistratura, come se essa fosse un organo indipendente rispetto allo Stato della dittatura capitalista, è operazione di ulteriore ammorbamento della classe degli sfruttati nei meccanismi del sistema. Questo è l'approdo del lungo percorso dei sindacati, essi stessi organi tutelari di garanzia degli interessi del potere dello Stato borghese, non essendo neanche più in grado di svolgere lo sporco mestiere di vendita “accettabile” della forza lavoro. A questa logica non sfuggono neanche i cosiddetti sindacati alternativi o di base che dir si voglia, essendo anche loro invischiati nella stessa logica di “mercato”, con la presunzione di vendere meglio il “prodotto”.

Anche essi non disdegnano di chiagnere. Non perdono occasione infatti per denunciare «le norme sulla rappresentanza (dagli accordi di luglio 1993 al famigerato Protocollo del 10 gennaio 2014) tese a garantire il monopolio a Cgil-Cisl-Uil e ad escludere ovunque il sindacalismo combattivo dai tavoli di trattativa». (3) Elemosinano la loro partecipazione al banchetto delle spoglie dei proletari. Qualcuno potrebbe obiettare su una interpretazione troppo forzata? «Nel mentre Cgil-Cisl-Uil non muovono un dito neanche per ottenere _un adeguamento minimo delle retribuzioni tabellari, al sindacalismo classista e combattivo (a cui è quasi sempre_ preclusa “a prescindere” la partecipazione alla contrattazione nazionale) per strappare _concreti_ aumenti salariali non resta che affidarsi alla contrattazione di secondo livello».(Ibid.) Concreti aumenti che ovviamente, neanche a dirlo, vengono sempre ottenuti: “Nei luoghi di lavoro e nelle categorie in cui si esprime una più alta conflittualità operaia, essa consente un aumento anche significativo dei livelli salariali rispetto al CCNL” (Ibid.) Bravi! Dal che si deduce che essendoci in Fiat, come nella stragrande maggioranza delle fabbriche metalmeccaniche, e non solo, una bassa conflittualità e da lungo tempo, i salari sono più bassi rispetto al ccnl? Questo è falso. Generalmente le retribuzioni sono superiori al ccnl, in virtù della contrattazione aziendale; in caso contrario la situazione della classe operaia da grave diventerebbe drammatica; che è la situazione nella quale si trovano milioni di disoccupati, semi occupati, ecc. Ma nonostante questo il ruolo della triplice non muta. Tra l'altro gli ultimi dati Istat certificano che a seguito dell'inflazione galoppante del 2022 altre 357 mila persone sono precipitate nella povertà assoluta, andando a far compagnia agli oltre 5,6 milioni di poveri certificati nel 2022.

Ma anche il ruolo dei sindacalismo di base, torniamo a ripetere, viaggia, nella sostanza, sugli stessi binari. La contrattazione sindacale, se le parole hanno un senso, detta senza infingimenti è “operazione di compravendita”, di una “merce” diversa da tutte le altre: la forza-lavoro. Esaltare pertanto con enfasi risultati sul piano salariale, pur importanti, senza mai porre in essere i rapporti tra borghesia e proletariato, significa muoversi all'interno dei meccanismi economici capitalistici: «... la classe operaia, indipendentemente dalla servitù generale legata al sistema del lavoro salariato, non deve esagerare a se stessa il risultato finale di questa lotta quotidiana. Non deve dimenticare che essa lotta contro gli effetti, ma non contro _le cause di questi effetti; che essa può soltanto frenare il movimento discendente, ma non mutarne la direzione_ che essa applica soltanto dei palliativi, ma non cura la malattia [...] Invece della parola d'ordine conservatrice "un equo salario per un'equa giornata di lavoro", _gli operai devono scrivere sulla loro bandiera il motto rivoluzionario: "soppressione del sistema del lavoro salariato”.»_. (K.Marx, Salario, prezzo e profitto).

Il can can, sul diritto di sciopero, non fa che riproporre e confermare che il sindacato, dal primo all'ultimo, «...mentre vede gran parte delle sue funzioni tradizionali interamente assorbite dal capitale stesso, è anche sollecitato a costituirsi come momento di garanzia e di stabilità del sistema capitalistico in aggiunta o in sostituzione degli altri strumenti di repressione politica ed ideologica propri della borghesia.» (4).

Dividere la classe operaia in mille rivoli e in compartimenti stagni, significa indebolirla “a prescindere”. Ma significa la stessa cosa anche proclamare scioperi con largo anticipo, come hanno fatto SiCobas e sindacati di base (vedasi volantino Sicobas -sito in fondo pa.- del 27/06/2023 per lo sciopero del 20/10/2023!), Far scioperare i ferrovieri, trasporti pubblici in genere, contro gli attacchi del governo, contro l'inflazione, per il recupero del potere d'acquisto raso al suolo, in momenti diversi con le altre categorie e settori, come se i ferrovieri mangiassero binari e i metalmeccanici bulloni, e così via, significa riconoscere gli interessi borghesi e la loro organizzazione economico/sociale. Le esigenze di “riproduzione” della forza-lavoro sono identiche per tutto il proletariato in una società i cui rapporti di produzione sono basati sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.

Esiste un solo modo per disfarsi di questo buio mantello che tutto opprime, ed è la rivoluzione comunista. La “palestra rivoluzionaria” della lotta economica è tale solo se la classe si dota degli strumenti organizzativi, Gruppi territoriali, di quartiere, di fabbrica, che nel seno della stessa, non perdono occasione per indicare sempre l'obiettivo dell'abbattimento violento dello Stato capitalista, in stretto legame simbiotico col partito della rivoluzione proletaria.

(1)- cgil.it

(2)- cgil.it

(3)- sicobas.org

(4)- Il sindacato nel terzo ciclo di accumulazione del capitale (Partito C.Int.)

leftcom.org

P.s. (1) (Proletari o prolet? come nella neolingua di Orwell? Sarebbe interessante modificare la conclusione -e non solo- del “Manifesto” di Marx ed Engels in: “prolet di tutti i paesi unitevi!”; ma se il Ministero della Verità ha così deciso...ebbene, ad esso Ministero, lasciamo pure Orwell, noi più modestamente continuiamo nel solco del marxismo).

P.s. (2) In riferimento al volantino di cui alla nota (3), segnaliamo le conclusioni sulla guerra, per quanto riguarda la lunga lista della spesa della vispa Teresa, abbiamo già detto a sufficienza: «La battaglia sul salario non può viaggiare su binari separati rispetto alla necessità sempre più stringente di costruire un grande movimento contro la guerra, che _non si faccia irretire né da tentazioni campiste_ né, tantomeno, da ambiguità nella denuncia del _carattere guerrafondaio del governo Meloni e dell’intero schieramento occidentale Usa-Ue-Nato.»_ Fantastico! il movimento non deve farsi “irretire da tentazioni campiste” (ovvero?); ma deve denunciare senza “ambiguità...il carattere guerrafondaio del governo Meloni e dell'intero schieramento occidentale Usa-Ue-Nato”. Quindi tutto il secondo schieramento va citato con nome e cognome per non essere ambigui; e l'altro schieramento diventa “tentazioni campiste”, per essere ambigui. Un po' di onestà non guasterebbe: diciamolo che in fondo l'”altra squadra” vi sta più simpatica e che quindi siete caduti proprio là dove “non” (?) volevate cadere. O sì?

Venerdì, October 27, 2023