Altri centri imperialistici in costruzione

L’ultimo recente vertice dei Brics sarebbe da considerare come “un nuovo punto di partenza” per la costituzione di un blocco “formale” anti-imperialismo USA, anche in previsione della probabile adesione dei primi nove produttori di idrocarburi del mondo. Se poi aderissero anche Venezuela, Algeria e Kazakistan, si toccherebbe il 90% del gas e petrolio commercializzati nel mondo intero.

Già oggi i BRICS controllano il 39% delle esportazioni globali di petrolio e circa il 47,6 della produzione planetaria di oro nero.

Allettanti sono pure le notevoli risorse di oro, platino, tantalio, rame, niobio, sempre ammettendo la proclamata validità (formale, si intende) del principio sventolato da ogni centro imperialistico che si rispetti: la non ingerenza negli altrui affari interni...

Con la possibilità di infiltrarsi in una posizione privilegiata nel vivo di tali affari, si guarda a quel 25% del Pil globale che oggi sarebbe vantato dai governi aderenti al BRICS, con la previsione di poter arrivare, dopo l’arrivo di altri membri, al 36%. Se guardiamo però al Pil pro capite, c’è da rabbrividire!

Arabia Saudita, Argentina, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Etiopia e, Iran faranno parte del “club” BRICS dal gennaio 2024, un risultato ottenuto con trattative che “non sono state semplici” (ha ammesso lo stesso Putin): evidentemente vi sono posizioni molto diverse dietro le quali i singoli governi cercano di nascondere, con una serie di compromessi, i loro contrastanti interessi. Vedi per esempio le poco pacifiche relazioni tra Cina e India nel settore energetico.

Accantonato per il momento il progetto di una nuova valuta, le attenzioni sono rivolte alle “giocate strategiche” sui tavoli di Johannesburg: comprenderebbero la Via del Mare Artico, il Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC), i Corridoi Est-Ovest della BRI [nuova via della seta], il Golfo Persico, il Mar Rosso e il Canale di Suez. La Russia, oltre ai suoi confini in Europa, si interessa ad alcuni paesi dell’Africa occidentale mentre per la Cina è chiaro il disegno di un suo ruolo principale nel Sud del mondo (Africa compresa) mentre l’India guarderebbe più a Nord, pur non trascurando interessamenti anch’essa al Sud.

In ballo, dunque, vi è poi il controllo di una serie di percorsi strategici, alcuni importanti per i traffici mondiali di petrolio, il tutto edulcorato con ipocrite prospettive di un “benessere generale del pianeta” dove invece si accumulano le cause di un approfondirsi della crisi del sistema capitalistico dominante. Ed è nel contesto di un nascente “blocco alternativo”, che la Cina verrebbe considerata la nuova potenza di riferimento; ma il blocco comprende tre anime onnipresenti e, dopo la Cina, ecco Russia e India, tutte fra di loro con rapporti che di amichevole lasciamo molto a desiderare. Indubbia sarà la egemonia geopolitica di Pechino, grazie al suo maggior sfoggio di potenza economico-finanziaria, mascherata al momento dietro una serie di progetti economici apparentemente di comune interesse. L’organo del partito comunista cinese (The Global Times) scrive che si tratterebbe del “tentativo del Sud del Mondo di rafforzare la propria autonomia strategica (…) senza che gli vengano dettate modalità per gestire i propri affari sovrani”. Si tratterebbe soltanto di “plasmare un ordine mondiale multipolare con un dialogo equo e sperando di ottenere fondi dalla Nuova Banca di Sviluppo e rafforzare gli scambi economici e la cooperazione con i paesi membri”.

Momentaneo sarebbe per ora l’utilizzo delle valute nazionali nel commercio tra gli Stati: ancora da stabilire la direzione della nuova banca dei BRICS, la New Development Bank (fondata nel 2014) con funzioni finanziarie da definirsi, sempre in attesa di una nuova valuta comune. Ma qui, lo ripetiamo, una intesa comune è lontana mentre secondo l’FMI oggi circa il 60% delle riserve mondiali valutarie sono sempre in dollari, col biglietto verde che prevale in maggioranza su tutte le compravendite. Le transazioni bilaterali in renminbi sono in aumento, ma la supremazia del dollaro resta molto forte.

Ed ecco un’altra drammatica realtà nella quale sta per esplodere la bomba di una entità demografica gigantesca che – di questo non si parla - sta rischiando di sconvolgere e certamente non di migliorare gli attuali precari assetti economici, rendendoli intollerabili anche se etichettati quali tendenzialmente prossimi a modelli di un “socialismo del XXI° secolo”. Tutti comunque soggiogati al valore di scambio fattosi anch’esso… socialista e quindi imponendo il rispetto di tutti i rapporti sociali, economici e finanziari che sono propri del capitalismo. Attenzione, però: non sarà certo lo sviluppo di piattaforme alternative di pagamento o una crescita del ruolo della Banca dello Sviluppo, stretta in mano a Pechino, che potrà affrontare la tragedia imminente del crollo addirittura di una sicurezza alimentare che, proprio all’interno di molti di quei paesi, si annuncia tragica assieme al peggioramento delle pur minime condizioni di una umana sopravvivenza..

Qualsiasi Ordine Nuovo Internazionale, fondato su sogni multilateralistici e su difese del Diritto Internazionale arbitrato dall’ONU non potrà mai risolvere una governance globale, travolta dai conflitti che già gravano su orizzonti sempre più scuri. La “proposta del dialogo come metodo di soluzione delle controversie internazionali”, così come “il rafforzamento degli accordi di non proliferazione per le armi di distruzione di massa” sono – al pari degli “sviluppi armonici con il commercio in parità di condizioni e quali motore di un nuovo modello di economia globale”- niente altro che un penoso tentativo di mistificazione di quella che è la drammatica realtà di un capitalismo per tutti in fase imperialistica. Fase che col proclamato “rispetto delle sovranità nazionali e della non ingerenza negli affari interni e nel modello politico e sociale che persegue” (cioè modo e rapporti di produzione capitalistici!) ci dà una ben diversa idea sul significato di “cooperazione e sicurezza reciproca”…

Quanto a Russia e Cina, che in un tale contesto si pongono con una “funzione di traino”, il loro sostegno politico, economico e finanziario ha un ben definito interesse. E’ su questi rapporti da costruire in una miscela di “geometrie variabili” che si farebbe avanzare il “Socialismo del terzo millennio”, ricco quindi di “consonanze strategiche, profili identitari e procedure condivise nel rifiuto di un sistema unipolare e nella ricerca di uno multipolare”. Rispettando tutto ciò che si meriterebbe il capitale in fase imperialista, sì, ma multipolarista e sostenitore di rapporti… commerciali di fratellanza nel comune interesse di ciascuno dei mercanti che offre la propria merce al prezzo più conveniente…

Insomma, passi pure – dice Pechino - l’essere capitalisti, persino il desiderio di partecipare al banchetto imperialista, ma senza l’arroganza e la presunzione che Washington mette in mostra negando al renminbi cinese di ambire al ruolo di valuta di riferimento, quanto meno in quell’area del Pacifico sulla quale la Cina intenderebbe aver la piena egemonia politica, commerciale e militare.

Questi diritti, nella logica capitalistica e quindi imperialistica di una grande potenza, vanno rispettati, ci mancherebbe!

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Domenica, September 10, 2023