Qualche considerazione sul 25 aprile

Il 25 aprile è vicino. Ogni sincero democratico, compresi molti compagni (a livello ideale), tra due settimane staccherà dal muro il tricolore e lo porterà in piazza al posto di quella bandiera rossa che ormai siamo rimasti in pochi a sventolare e farà le sue celebrazioni, anche quest'anno senza farsi quelle due o tre domande che invece si dovrebbe fare.

Il fascismo fu sconfitto, almeno militarmente. I fascisti, tutt'altro che estinti come i dinosauri, di lì a poco avrebbero rifondato sotto il nome di MSI il "disciolto partito fascista" alla faccia della XII disposizione transitoria di quella buffonata di costituzione che, a chiacchiere, glielo vietava: quando si dice la contraddizione (o ipocrisia) tra la legislazione democratica e gli interessi della classe dominante, a cui il fascismo può sempre fare comodo. La Wehrmacht e le SS rispedite oltre le Alpi per fare posto agli americani. La democrazia accolta trionfalmente, con l'arrivo delle truppe del generale Clark che portavano tavolette di cioccolata ai bambini. Le cose sembravano tornare alla "normalità". Dopo un anno, il 2 giugno 1946, i padroni avrebbero tirato fuori dal guardaroba il vestito nuovo della Repubblica borghese, la nuova forma istituzionale che avrebbe assunto lo Stato a difesa dei loro interessi. La camicia nera sarebbe finita tra i vestiti vecchi, quelli che non metti più perché ti vanno troppo larghi o troppo stretti.

Quale vento di cambiamento e di speranze...

Ma sì, certo, i progetti di socialismo e di rivoluzione per il momento erano riposti nel cassetto. Amara constatazione. Però, dai, finalmente si respirava aria nuova. E allora ben venga anche consegnare i fucili e gli Sten ai (ancora per qualche mese Regi) carabinieri, al Cln o agli Alleati che però, buoni buoni zitti zitti, d'accordo con i partigiani anticomunisti di lì a poco avrebbero pensato a oliare i loro, con in testa un nome che evocava le legioni di Cesare: Gladio.

Di lì a poco gli sconfitti, temporaneamente sbattuti fuori dalla porta della scena politica, sarebbero rientrati dalla finestra dopo essere stati amnistiati dal "Migliore" Togliatti, e avrebbero occupato tanti posti chiave nelle Questure e nella pubblica amministrazione.

Passato quasi un altro anno dal referendum che sanciva il trionfo della Repubblica, ci sarebbe stata la prima strage di stato dell'era democratica, Portella della Ginestra. D'altra parte questi contadini/braccianti, specie se soggettivamente animati dall'ideale comunista, non si devono allargare troppo e finire col pretendere “diritti”.

Da allora si sono succeduti decenni di stragi, trame occulte, massoneria, tentativi di colpo di stato, trattative di quest'ultimo con la mafia (tra chi sta dalla stessa parte antiproletaria ci si può sempre intendere...). Piazza Fontana, Brescia, Italicus, Ustica, Bologna. Il golpe Borghese. Fino agli anni '90 in cui, dopo il crollo del sistema sovietico a capitalismo di stato, la paura di quello che si pensava essere il comunismo non aveva più senso e con essa nemmeno la classe politica che ne aveva fatto un cavallo di battaglia per quasi mezzo secolo. La necessità della borghesia di cambiare timonieri prese il nome di Tangentopoli, allo scopo di spazzare via i suoi vecchi arnesi, di cui molti in realtà cambiarono casacca e si riciclarono, per mezzo dei processi di Di Pietro. Poi ci furono Capaci e via D'amelio, perché Cosa Nostra, in cerca di nuovi interlocutori politici, aveva lanciato la sua sfida a uno Stato alla cui leadership stava tramontando la stella democristiana, e con cui la mafia avrebbe fatto la pace solo con la "discesa in campo" berlusconiana di un paio di anni dopo. Detto in altri termini, si trattava di trovare nuovi equilibri tra borghesia legale ed extra-legale, per così dire, dopo gli sconquassi internazionali e nazionali.

Tutti esempi utili a sottolineare quanto la liberazione del 25 aprile del 1945 sia stata una farsa colossale e amarissima. Da stato vassallo del Terzo Reich, l'Italia è passata a stato vassallo di Nato e Stati Uniti: quindi anche in una prospettiva (sempre anticomunista) di sovranità nazionale, il 25 aprile non ha fatto altro che spostare la sudditanza tricolore da un imperialismo all'altro. Il fascismo è sopravvissuto inevitabilmente, perché finché non si arriverà alla resa dei conti con suo papà Capitalismo, il “monellaccio” dispettoso e feroce, sarà sempre in agguato pronto a fare lo sgambetto. E gli episodi a supporto non mancano, oltre alle stragi degli “anni di piombo”. Uno su tutti, relativamente recente: Genova, 2001. Carlo Giuliani riverso sull'asfalto coperto di sangue. I ragazzi massacrati alla Diaz e torturati a Bolzaneto. Cos'era quello se non fascismo, anche se a praticarlo era la celere di una repubblica democratica?

Il regime democratico, meno fascista del regime fascista solo a un primo sguardo, non era nemmeno lontanamente nei sogni e nelle aspirazioni di molti partigiani col fazzoletto rosso. Al di là del tradimento dei loro capi, che si chiamassero Togliatti, Secchia o Pajetta. Molti di quelli che impugnarono le armi sognavano, purtroppo prendendo l'abbaglio di scambiarla per l'URSS staliniana, una società nuova, più umana, più giusta, senza padroni e senza frontiere. Sognavano quel comunismo che ad est era lontano dall'essersi realizzato, trasformato invece nel suo opposto, mentre Stalin aveva deciso con gli altri predoni a Jalta che l'Italia doveva diventare membro del blocco atlantico. Venduti pure da Baffone alle democrazie occidentali (comunque, capitalismo di qua come "di lá", con pettinature diverse) , si sono dovuti accontentare di "questo": sono morti INVANO. Sono stati traditi dai loro stessi capi, per un piatto di minestra. Quelli come noi internazionalisti, che oltre a combattere il fascismo scioperando con gli operai nelle fabbriche torinesi e non solo mettevano in guardia partigiani e operai stessi dicendo loro: "Non vi fidate della borghesia nemmeno se si mette il vestito nuovo", morivano sotto il piombo stalinista.

Se proprio volete vivere il 25 aprile almeno nel ricordo, tenetele presenti queste cose.

Non c'è stata nessuna liberazione. Ce l'hanno venduta così. La vera liberazione è nelle mani di tutti gli sfruttati del mondo, non solo italiani, e non esiste antifascismo se questo non si lega a un progetto di vero cambiamento sociale. CHE ESCLUDE I PADRONI DALLA GUIDA DELLA SOCIETÀ E METTE TEMPORANEAMENTE AL LORO POSTO I LAVORATORI. Nella prospettiva di un futuro in cui, potendo parlare serenamente di uguaglianza sociale, si possa fare a meno della necessità della dittatura proletaria. Che però in un primo momento dovrà essere INFLESSIBILE.

Finché vivremo in un mondo capitalista, il fascismo sarà sempre una carta in più da giocare per i padroni. Contro di noi.

IB
Mercoledì, April 19, 2023